venerdì 8 gennaio 2010

IL Body Scanner

Il Body Scanner rappresenta l’unica soluzione affidabile per prevenire atti di terrorismo ?

E’ iniziata l’era della rincorsa fra i sistemi per individuare gli ordigni improvvisati (Improvised Explosive Device - IED) e quella del terrorista che acquisisce la sua inventiva per realizzare qualcosa in grado di non essere detettato. Un po’ come avvenne in campo militare in particolare negli anni settanta con la rincorsa fra lo spessore della corazzatura dei carri armati da combattimento e le armi contro carro.
Un’improvvisa accelerazione dopo un periodo di stasi durante il quale sembrava che il contrasto al terrorismo internazionale non fosse poi più imperativo. Una corsa che appena iniziata, sembra destinata a fermarsi immediatamente come se la soluzione fosse qualcosa di annunciato, il body scanner i cui progetti e prototipi giacevano impolverati in qualche magazzino di ditte specializzate nel settore. Gli eventi dimostrano che abbassare l’attenzione in materia di terrorismo è molto pericoloso, ma altrettanto pericoloso è prendere decisioni affrettate, peraltro indotte da un evento rilevante e sulla scia di una spinta emotiva dell’opinione pubblica e dichiarando la volontà di adottare provvedimenti che il terrorista conosce e che probabilmente è già pronto ad aggirare.
Una soluzione peraltro invasiva almeno in termini della possibile incidenza che può avere sulla privacy dell’individuo e sui possibili danni da radiazione elettromagnetica provocate da sistemi di questo tipo, tutti da verificare se è vero che anche l’uso protratto di un telefono cellulare può essere pericoloso. Sistemi che potrebbe anche indurre un effetto devastante sulla gestione delle stazioni aeroportuali e sul traffico aereo, peraltro con risultati modesti, tenendo conto che l’incognita di un possibile IED non è determinata principalmente dalla sola carica esplosiva, imponendo quindi di individuare con certezza la presenza di pentrite piuttosto che di esplosivo plastico, problema comunque risolvibile con l’utilizzo dei semplici “sniffatori elettronici”.
Troppo spesso, infatti, si dimentica che qualsiasi IED per essere tale e per ottenere lo scopo che qualsiasi attentato terroristico si prefigge, non deve essere necessariamente caratterizzato da un esplosivo. Il risultato può essere raggiunto, specie a bordo di un aereo, con l’utilizzazione di altro materiale che potrebbe passare inosservato anche al body scanner. Sostanze anche consentite come, ad esempio, acetone, medicinali, cosmetici di vario genere e quanto altro disponibile sul libero commercio, che opportunamente trattato una volta attivato con un appropriato innesco può provocare reazioni chimiche con effetti molto vicini a quelli degli esplosivi. Per non parlare poi di IED privi di esplosivo ma realizzati ricorrendo a sostanze altamente letali come inquinanti biologici, chimici o nucleari, le così dette “bombe sporche”.
Fondamentale, però, a prescindere da quali sostanze rappresentino la carica dello IED, è il sistema di attivazione, primo fra tutti l’innesco che deve provocare il funzionamento della carica, dispositivi non sempre semplici, generalmente asserviti a sorgenti di energia di una certa potenza. Detonatori in caso di cariche esplosive o di sostanze assimilabili ad esplosivi, sistemi di accensione pirici, chimici o sistemi elettromeccanici nel caso di altri tipi di IED. Dispositivi nella quasi totalità collegati a batterie facilmente trasportabili e quindi necessariamente inserite in circuiti elettronici in grado da potenziarne la carica elettrica generata. Apparecchiature occultabili fra i dispositivi elettronici che ormai caratterizzano il bagaglio di qualsiasi viaggiatore, ma pur sempre facilmente discriminabili utilizzando appropriate strumentazioni di ricerca elettronica spesso utilizzate anche per le bonifiche ambientali.
Limitarsi quindi ai soli body scanner almeno nella versione che sembra oggi disponibile, potrebbe non rappresentare la soluzione decisiva; anzi in particolari situazioni di sovraffollamento all’atto dei controlli i macchinari potrebbero avere effetti forviante per gli addetti ai controlli di sicurezza che si affidassero solo alla risposta di questi sistemi che, invece, dovrebbero aiutare per sostituirsi - a ragion veduta - a quella che un tempo era la perquisizione corporale in caso di sospetto conclamato. Peraltro sicuramente “l’intelligenza terroristica” in continua evoluzione di pari passo con la crescita tecnologica nello specifico settore delle contromisure si sta già esercitando per aggirarne l’efficacia.
Definire, quindi, “risolutore” questo a qualsiasi altro sistema utilizzato per affrontare la minaccia terroristica è azzardato, mentre invece è auspicabile che ci si orienti a progettare ed amministrare strutture di vigilanza integrate che consentano di gestire i controlli con criteri discriminanti, partendo da quello che chiameremo il riconoscimento individuale realizzato attraverso la gestione di una banca dati in cui siano depositate le impronte biologiche (ad esempio l’iride) di tutti coloro che posseggono un passaporto, di chi abbia subito una condanna per motivi riconducibili al terrorismo e di chi sia inscritto nelle black list dei servizi di informazione mondiali. Attraverso un setacciamento in successione solo poche unità dovrebbero essere, poi, oggetto di screening successivo attraverso body scanner od altri strumenti sofisticati.

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