martedì 16 febbraio 2010

Al Qaeda e le prossime elezioni politiche in Iraq

Le imminenti elezioni politiche in Iraq avrebbero potuto rappresentare l’inizio di una vera stabilizzazione di tutto il Centro Asia ma le premesse affievoliscono per vari motivi questo ottimistico auspicio. La nuova legge elettorale ricalca le tradizioni centro asiatiche ed a somiglianza di quanto avvenuto in Afghanistan propone una situazione tuttaltro che favorevole per il consolidamento di una pace duratura e l’inizio di uno sviluppo reale del Paese. Molti anche i nodi cruciali in sospeso; primo fra tutti la soluzione politica di Kirku, città in area petrolifera contesa fra arabi curdi e turcomanni. Il suo controllo assicurerebbe ai possibili gestori sostanziali ricadute economiche, importanza strategica in tutto il Paese e nell’intera area del Centro Asia. L’attuale esecutivo in Iraq è debole, non riesce a controllare come dovuto la continua crescita di movimenti insurrezionali di origine confessionale che è in atto da tempo e deve fare riferimento a una Costituzione che, seppure concordata appena nel 2005, ancora divide la classe politica. Le nuove elezioni politiche di marzo non si presentano, dunque, sotto migliori auspici e le tensioni interne sicuramente sono destinate a coinvolgere soprattutto i pro-sunniti, gruppi laici guidati dall’ex premier Allawi. Qualcosa oggettivamente sta già avvenendo, come gli attentati del 16 gennaio che hanno provocato 37 morti e quelli successivi del 25 gennaio rivendicati da Al Qaeda, seguiti dalle bombe che hanno colpito Najaf il 17 gennaio. Il Governo ha risposto con l’arresto di 25 terroristi ed il sequestro di grosse quantità di esplosivi ma è poca cosa e l’esecutivo sicuramente non è riuscito a convincere gli iracheni sulla efficacia delle sue azioni. Per alcuni osservatori bene informati, dietro questa serie di attentati ci sarebbe la volontà di delegittimare il governo di al Maliki proprio in vista della prossima tornata elettorale di marzo e tra gli avversari politici spicca lo stesso ministro degli Interni Jawad al-Bulani, membro del National Iraqi Alliance. Fra gli “scontenti” ci sono anche il gruppo sciita di Moqtada al Sadr ed i gruppi tribali sunniti che risiedono nelle aree di Mossul, di Wassit e vicino a Baghdad, i quali non condividono assolutamente l’attuale politica. Alla tensione interna si aggiungono avvisaglie di contrasti con l’avversario di sempre, l’Iran, riaprendo vecchie dispute sul confine fra i due Paesi e le minacce di Al Qaeda, come riferito recentemente dal “Site” struttura statunitense che monitorizza i siti islamici. Una fonte riporta, infatti, che Abu Omar al-Baghdadi, leader dell’Organizzazione terroristica in Iraq, ha minacciato attraverso un comunicato audio di voler fermare con "ogni mezzo di natura militare" le elezioni politiche del 7 marzo prossimo. Una minaccia che Amatzia Baram, direttore del Centro Studi per l'Iraq dell'Università di Haifa, in Israele, legge positivamente affermando che dietro gli attentati di Baghdad c'e' sicuramente Al Qaeda ma che il punto cruciale da capire è chi stia aiutando l'organizzazione terroristica di Osama Bin Laden. A tale riguardo, la tesi sostenuta da più fonti di analisi accreditate è che dietro gli ultimi attentati ci sia lo zampino dell’Iran forse anche aiutato dalla Siria, a conferma dei molteplici e differenti interessi attuali per l’Iraq e l’Afghanistan. Un’egemonia, quella di Al Qaeda che però, oggi, è messa in difficoltà, forse per la prima volta, da una serie di azioni convergenti. L’offensiva di Helmand in Afghanistan, prima azione militare sistematica contro i Talebani vicini all’organizzazione terroristica. I terroristi presenti in Yemen, fino ad ora silenti ora alla ricerca di un ruolo ben configurato. Minacciano, infatti, insieme ai “fratelli somali”possibili azioni per il controllo del Golfo di Aden, quasi a volersi distinguere dalla “casa madre”, sconfessando anche gli sforzi dello stesso Governo yemenita che nonostante sia impegnato a gestire il conflitto confessionale fra sciiti Zaydi e Shafei sunniti tenta di dimostrare alla comunità internazionale di voler contrastare le cellule terroristiche presenti sul proprio territorio. Infine, la notizia che proprio oggi riferisce della cattura di Abdul Ghani Baradar a Karachi in Pakistan, a seguito di un’operazione congiunta Cia / ISI (intelligence pakistana). Un inaspettato cambiamento dell’approccio di Islamabad verso l’alleato americano ed il mondo occidentale in generale perché Abdul, figura di spicco dei Talebani e vero registra delle più importanti azioni militari di Al Qaeda, catturato una prima volta in Afghanistan, è stato a suo tempo rilasciato, sembra proprio per un interessamento dell’ISI pakistano. Una serie di avvenimenti che potrebbero indurre Al Qaeda stretta all’angolo ad attuare un “colpo di coda” rilevante proprio in occasione delle prossime elezioni irachene arrivando a rimettere in discussione la “exit strategy” americana dal Paese e facendo forse, anche, un favore a Teheran impegnata a soffocare i disordini interni e ad affermare la propria scelta nucleare.

16 febbraio 2009

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