lunedì 15 febbraio 2010

La battaglia di Helmand in Afghanistan. Un segnale di cambiamento ?

E’ iniziata una delle più grandi offensive contro le roccaforti talebane in Afghanistan, la battaglia di Helmand. Sono coinvolte truppe della NATO affiancate da una consistente aliquota del nuovo esercito afgano da cui il nome dell’offensiva: “Insieme”. 15.000 uomini stanno attaccando da ormai quasi tre giorni la cittadina di Marjah nella provincia di Helmand, roccaforte dei Talebani vicini ad Al Qaida ed area, dove è fiorente la coltivazione del papavero da oppio. Qui negli ultimi tempi è stata prodotta più della metà delle 9000 tonnellate di papavero raccolte nel 2009 in tutto l’Afghanistan ed in questa zona, è vivo uno stretto legame fra Talebani e “la mafia della droga” come più volte dichiarato da Daoud Ahmadi, portavoce del governo afghano. Per i poveri contadini afgani e mezzadri che vivono ad Helmand, la coltivazione del papavero rappresenta una strategia di sopravvivenza poiché le culture sono altamente resistenti alla siccità ed ai parassiti e garantiscono una redditività che supera di almeno 10 volte qualsiasi altro tipo di produzione agricola. Abdul Ahad Masumi, un leader tribale di Helmand, ha più volte affermato che gli agricoltori coltivano il papavero per disperazione e perché "la comunità internazionale ha fatto poco per risolvere i problemi di questa collettività costretta a piantare papaveri per sopravvivere". Mohammad Daud, un ex governatore di Helmand a sua volta ha sempre lamentato la mancata azione contro la droga da parte del Governo centrale e della comunità internazionale con un conseguente ostacolo al progresso di tutti gli altri possibili settori produttivi, e non solo ad Helmand. Quella della coltivazione di oppiacei rappresenta, infatti, in tutto l’Afghanistan, una risorsa economica rilevante e prevalente come confermato anche dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNDOC) che riferisce: “La coltivazione dell'oppio in Afghanistan è quantificata in circa un miliardo di dollari l'anno di cui 100 milioni finiscono nelle tasche dei ribelli talebani". Una realtà preoccupante anche perchè negli ultimi anni la domanda mondiale media di oppiacei come l’eroina è stata di circa 4mila tonnellate e quindi esiste un surplus immagazzinato e protetto dalle organizzazioni criminali in attesa di poter essere in seguito rovesciato sui mercati occidentali abbassando i prezzi ed incrementando, conseguentemente, i consumi. Qualcosa di simile di quanto avvenuto immediatamente prima dell’11 settembre 2001 dopo che i Talebani avevano fatto distruggere tutte le coltivazioni di papavero da oppio. La Regione di Helmand, peraltro, è importante anche dal punto di vista strategico poiché confinante con le aree tribali del Pakistan, dove molto probabilmente potrebbero essere rifugiati e ben protetti i maggiori rappresentanti della nomenclatura talebana. Un Pakistan che pur essendo alleato degli Usa è riluttante a colpire pesantemente i Talebani considerati come una risorsa politica per contrastare le ingerenze indiane nel Kashmir e quindi ogni possibile influenza dell'India in Afghanistan. Il generale Nick Carter, Comandante delle forze Nato nel sud dell'Afghanistan, dopo il primo giorno di combattimenti ha dichiarato alla Bbc online “undici obiettivi sono già stati conquistati e l'attacco si sta rivelando di grande successo”. Una conclusione forse però affrettata e che potrebbe essere poi smentita dai fatti. I Talebani, infatti, seppure in ripiegamento, applicano tecniche di guerriglia consolidate che vedono i combattenti ripiegare di fronte all’attacco per riorganizzarsi, immediatamente dopo, in nuclei di guerriglia pronti a colpire con azioni “a macchia di leopardo”, utilizzando principalmente IED (Improvised Explosive Device) e mine. Strumenti relativamente poco complicati che però hanno sempre dimostrato in Afghanistan un’elevata valenza sul terreno, come avvenne per il successo dei mujaheddin contro l’invasore sovietico. Moltissimi organi di stampa americani stanno quotidianamente informando in tal senso parlando di azioni di guerriglia attuate per rallentare ed ostacolare le Truppe della NATO obbligate a muoversi su un territorio morfologicamente difficile e disponendo di una rete di strette strade sterrate che collegano i vari villaggi e che portano al fondo valle verso l’omonimo fiume. In queste situazioni l’agguato terroristico è molto facile da realizzare e la minaccia è sentita dalle forze USA che, infatti, per la prima volta in teatro, stanno utilizzando i nuovi mezzi corazzati “Assault Breacher Vehicle (ABV) ”, veicoli protetti con tre uomini di equipaggio, dotati di un sistema anteriore di aratri e catene in grado di far esplodere le mine e di aprire varchi sicuri alle Truppe ed ai convogli militari. Un pericolo contingente confermato da uno dei portavoce dei Talebani, Yusuf Ahmadi, che, come riferito da una fonte Reuters, ha dichiarato che “gli insorti sono pronti a ricorrere ad attacchi a sorpresa utilizzando ordigni esplosivi predisposti”. Lo scontro, quindi, non è destinato ad esaurirsi nell’immediato ed ogni fretta dovrebbe essere abbandonata per garantire la sconfitta definitiva dei ribelli sul piano militare e soprattutto distruggendo tutte le piantagioni di papavero da oppio. L’Operazione “Insieme” per la prima volta dal gennaio del 2002 è sviluppata dopo aver avvertito la popolazione con congruo anticipo ed è condotta con un’azione sistematica per annullare il potenziale operativo dei Talebani e dei loro complici malavitosi. Al seguito delle Truppe, poi, un’organizzazione di esperti civili con il compito di fornire alla popolazione un tempestivo supporto per avviare un’immediata ripresa economica non rappresentata dalla produzione di droga e per confermare la volontà della comunità internazionale di voler mantenere finalmente le promesse fatte fino dai primi mesi del 2002 dal mondo occidentale e mai rispettate.

15 febbraio 2010



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