lunedì 22 marzo 2010

Afghanistan. Gli USA non distruggono le culture di papavero da oppio



Il 19 marzo il Vice responsabile della rappresentanza russa presso le Nazioni Unite ha svolto una relazione al Consiglio di sicurezza dell’ONU sulle dimensioni della minaccia rappresentata dalla droga coltivata in Afghanistan e dei commerci illeciti che da qui raggiungono i mercati mondiali. Il diplomatico, ha sottolineato anche l’esigenza che il problema deve essere immediatamente affrontato sul posto, in quanto è accertato che i traffici illeciti rappresentano una risorsa economica per il terrorismo internazionale. La diplomazia russa dall’inizio dell’anno ripropone per la terza volta questo problema all’ONU, rimarcato anche dal rappresentante della Russia presso la NATO che ha auspicato il raggiungimento di una posizione comune in Afghanistan contro la produzione ed il traffico degli stupefacenti.Un’aspirazione che sembra, invece, essere disattesa, almeno in parte, dagli Stati Uniti che, come riportano alcune fonti di stampa afgane ed americane, stanno affrontando il problema con un approccio “inusuale”. Il Gen. Stanley McChrystal sembra, infatti, orientato a non distruggere le coltivazioni del papavero da oppio presenti nella provincia di Helmand dove il Contingente NATO sta consolidando i propri successi militari, in quanto ritiene che l'oppio rappresenta il principale sostentamento per il 60 al 70 per cento degli agricoltori in Marjah e distruggere i campi prima del raccolto comprometterebbe la già precaria economia locale. Una posizione condivisa dal Comandante Jeffrey Eggers che ha confermato di non voler "calpestare il sostentamento di chi sta cercando di conquistare” ed anche funzionari delle Nazioni Unite impegnate sul fronte della droga in Afghanistan, risulta che concordino con questa posizione pur non nascondendo una certa sorpresa per una decisione la cui origine è enigmatica. Una parte dei funzionari afgani dell’attuale Governo non approvano, invece, queste scelte e invocano la nuova Costituzione afgana che proibisce la coltivazione del papavero da oppio. Costoro vorrebbero distruggere le coltivazioni prima della raccolta per lanciare un segnale di inversione di tendenza e non alimentare ancora le entrate dei gruppi ribelli. Zulmai Afzali, portavoce del ministero afgano per la lotta contro la droga ha esplicitamente affermato che non ci può permettere che il mondo “veda le forze legalmente incaricate di conquistare Marjah stare accanto ai campi pieni di oppio destinato ad essere raccolto e trasformato in un veleno che uccide la gente di tutto il mondo". Una dichiarazione ufficiale di un rappresentante del Governo di Karzai che per la prima volta dal 2001 contesta una decisione americana inopinatamente permissiva nei confronti di coloro che garantiscono risorse ai Talebani con il traffico della droga e dei funzionari corrotti che hanno favorito il sorgere di feudi mafiosi in aree come Marjah. Amministratori che hanno sottaciuto il proliferare dei laboratori per la trasformazione del papavero da oppio in eroina ed il consolidamento di clan malavitosi che localmente gestiscono il commercio della droga attraverso il Pakistan a est, l'Iran ad ovest o gli Stati dell'ex Unione Sovietica, a nord. Un "matrimonio di convenienza" che ha trasformato l'Afghanistan in uno Stato di narcotraffico paragonabile alla Colombia, come recentemente affermato da Antonio Costa direttore esecutivo di UNODC (Ufficio dell’ONU contro le Droghe ed il Crimine). La scelta americana va, quindi, controcorrente e disattende le aspettative afgane ed internazionali che desideravano che la distruzione totale di tutte le coltivazioni di oppio avvenisse contemporaneamente al progredire dell’offensiva, seppure prevedendo un rimborso a favore dei contadini proprietari delle culture. Ma quello che può sembrare un enigma potrebbe invece essere una pragmatica decisione indotta dalle esigenze operative attuali e future. L’operazione Mushtarak (“insieme” in Dari e Pashto) in corso nella Provincia di Helmand, sarà seguita a breve dalla già programmata “Operazione Omaid” che avrà lo scopo di eliminare la presenza dei Talebani nel vecchio feudo del Mullah Omar, Kandahar la capitale spirituale degli Studenti Islamici che hanno governato l'Afghanistan dal 1996 fino alla loro caduta nel 2001. Una provincia difficile quella di Kandahar, in cui nel tempo sono state accertate varie forme di corruzione che hanno coinvolto anche persone vicine al Presidente Karzai, originario della Provincia. Fra tutti, Ahmed Wali Karzai fratellastro del presidente afgano, eletto nel consiglio provinciale di Kandahar, al quale gli analisti politici presenti nel paese attribuiscono un ruolo che si estende ben oltre a quello di anziano della tribù Popalzai e di capo del consiglio provinciale. Wali Karzai ha dimostrato nel tempo di essere in grado di gestire le controversie locali, di canalizzare gli aiuti umanitari e di influire sulla stessa giustizia. Esperti antinarcotici in Kabul ammettono che pur non avendo prove su possibili collegamenti del fratello del Presidente con i trafficanti di droga, sono a conoscenza che lui ed i suoi parenti sono potenzialmente in grado di influenzare le strutture istituzionali, come i vertici della polizia di Kandahar ed anche della provincia di Helmand, accusati di aver favorito il passaggio delle spedizioni di droga verso l’Iran ed il Pakistan, un commercio del valore di tre miliardi di dollari in un anno. Un personaggio poliedrico Wali Karzai che sembra avere anche contatti di “lavoro” con la CIA che con ogni probabilità si affida al network gestito sul territorio dal potente uomo politico per le attività di intelligence svolte nella provincia e non solo. Sicuramente anche McChrystal conosce il ruolo di Wali Karzai e le sue potenzialità, per cui avrebbe deciso di non correre il rischio di compromettere l’offensiva di Kandahar ed ha procrastinanto la distruzione delle coltivazioni di papavero da oppio pur correndo il pericolo che nel frattempo un fiume di droga seguiti ad inondare il mondo. L’enigma non è forse più tale, ma rimangono seri dubbi sulla condivisione e l’efficacia di queste scelte che sembrano scaturire dall’esigenza di non compromettere gli equilibri con una parte importante del Governo di Kabul.
22 marzo 2010

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