sabato 6 marzo 2010

AL Qaeda e le elezioni in Iraq

In Iraq è iniziata la seconda tornata elettorale del post Saddam. Ieri hanno votato le forze di Polizia e le Forze Armate, domani saranno aperte le urne ai cittadini. L’Iraq sta vivendo un momento cruciale della sua storia politica del post Saddam che potrebbe incidere anche sulle sorti dell’intera area dell’Asia centrale e sullo stesso futuro della rete globale di Al Qaeda. Il Paese, infatti, si sta avvicinando alle elezioni attraverso un sistema di “open list”, una novità assoluta in tutta l’area e che potrebbe rappresentare un vero e proprio modello in Afghanistan, in Iran e nello stesso Pakistan. La popolazione irachena ha già dimostrato la volontà di percorrere questa strada, quando a gennaio del 2009 ha partecipato alle elezioni provinciali dalle quali è emersa la volontà popolare di voler eliminare “politici ed amministratori impopolari” e di voler avviare a definitiva conclusione l’eterno scisma fra Erbil e Bagdad. Gli esiti dell’elezioni politiche di domani 7 marzo potrebbero, quindi, mettere in discussione le motivazioni politiche finora portate avanti dalla componente irachena di Al Qaeda, con una ricaduta negativa su tutta la struttura terroristica. Al Qaeda teme che ciò avvenga ed ha risposto immediatamente prima con attacchi terroristici poi con minacce palesi. Il recente triplice attacco kamikaze a Baluba, quello di oggi nella città santa di Najaf, avvenuti dopo la serie di atti terroristici del mese dello scorso gennaio. Fonti attendibili ipotizzano anche la minaccia di attentati terroristici realizzati da kamikaze di sesso femminile, un’eventualità seriamente considerata che ha spinto la polizia irachena ad arruolare ed addestrare 600 donne con il compito di perquisire tutte le elettrici che si recheranno alle urne nella provincia sunnita di al-Anbar (Adnkronos/Aki). Oggi anche una minaccia verbale rivolta alla popolazione che si accinge a votare. La Site, organizzazione indipendente USA che monitora i siti web degli integralisti islamici, riferisce, infatti, che la rete terroristica ha diffuso su Internet un messaggio con cui avverte che "lo Stato islamico iracheno dichiara il coprifuoco, per il giorno delle elezioni, di sei ore al mattino e di sei ore alla sera, in tutto l'Iraq e in particolare nelle zone sunnite". Il popolo è sollecitato a rispettare il 7 marzo questa disposizione, per non rischiare di “suscitare la rabbia di Allah e di esporsi alle armi dei mujaheddin”. Una minaccia che raramente è stata così puntuale fin dal 2004 quando è nata la cellula irachena di Al Qaeda caratterizzata da una struttura “multirazziale” più emancipata rispetto a quella afgana. Fondata dal giordano Abu Musab al-Zarqawi e da lui guidata fino alla morte avvenuta nel 2006, si è sempre manifestata con azioni spietate e non ha mai disatteso i suoi proclami. Attualmente, il gruppo jihadista, che fonti accreditate ci dicono guidato da Abu Hamza al-Muhajir, mantiene le sue caratteristiche fondanti ed ospita una consistente componente di militanti non iracheni, in particolare curdi islamici dell’organizzazione “Ansar al-Islam (Partigiani dell’Islam), mujaheddin afgani già professionisti del terrorismo con expertise maturata durante la resistenza all’invasione sovietica e stranieri di varia nazionalità fra cui appartenenti ad una piccola ma attivissima organizzazione islamista (al Salafiah Mujahidiah). La cellula irachena ha sempre dichiarato come obiettivo preminente la costituzione di un “puro Stato islamico”, l’espulsione degli USA dall’Iraq e la cancellazione dell’attuale governo iracheno in quanto ritenuto asservito agli americani. Al Qaeda, forse per la prima volta, sta evidenziando con i suoi avvertimenti mediatici una qualche preoccupazione per quelli che potrebbero essere i risultati elettorali se configurassero un nuovo modello di democrazia islamica. Una risposta che conferirebbe all’Iraq un ruolo essenziale in tutta l’area e che avrebbe un effetto trainante su tutte le forze che in Afghanistan e nello stesso Iran auspicano forme di governo laiche e democratiche. Una possibile prospettiva impone, però, che le elezioni si svolgano sotto un attento monitoraggio della comunità internazionale perché siano garantiti i risultati in modo inequivocabile e sia assicurato al prossimo governo iracheno di poter affrontare il futuro con un approccio trasparente, a differenza di quanto si è verificato in Afghanistan dopo i recenti controversi risultati elettorali. Un impegno che dovrebbe vedere come principali protagonisti l’Unione Europea e gli Stati Uniti in quanto le elezioni in Iraq non rappresentano un fatto locale ma potrebbero concorrere a destabilizzare una componente essenziale di AL Qaeda a totale vantaggio della sicurezza di questa importante e strategica area del Centro Asia e di tutto il mondo.
6 marzo 2010

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