martedì 4 maggio 2010

Il fallito attentato a New York

Il fallito attentato a New York è una nuova dimostrazione di come con pochi materiali, semplice tecnologia e praticamente assenza di esplosivo è possibile realizzare uno IED (Improvised Explosive Device) in grado di produrre danni importanti. In questa occasione è stato utilizzato un SUV Nissan Pathfinder abbandonato verso le 18.30 (ora locale, mezzanotte e mezza in Italia) all'angolo tra Broadway e la 45esima strada. All’interno del mezzo sono stati trovate tre bombole di gas propano, alcuni fuochi artificiali, due taniche con 20 litri di benzina, due orologi a batteria, fili elettrici e altri componenti utili per completare l’ordigno. Poteva essere aggiunta qualsiasi altra cosa, anche materiale chimico o scorie nucleari conferendo all’ordigno un’elevata valenza distruttiva. L'autobomba di Times Square richiama alla memoria tentativi simili in parte falliti o che anno ottenuto un modesto successo, come l’attentato alla metropolitana di Londra, quello a Milano ad una Caserma dell’Esercito e recentemente l’episodio del nigeriano che con l’esplosivo nascosto nelle mutande ha tentato di farsi saltare su un volo della Delta airline. Eventi in cui sono stati utilizzati IED che in comune avevano cariche esplosive artigianali che non hanno funzionato perfettamente perché attivate ed innescate in modo non adeguato. Il fumo che usciva dal SUV e che ha attirato l’attenzione di un venditore ambulante è paragonabile a quello che ha permesso di sventare l’attacco al volo per Detroit e conferma che anche a NY è mancato o ha funzionato male un appropriato sistema di attivazione che avrebbe consentito un sicuro funzionamento dello IED come avviene per quelli fatti esplodere sulle strade di Kabul e di Bagdad. Il Centro di sorveglianza dei siti islamisti (Site) ha immediatamente informato che i talebani pachistani (Tehrik-e-Taliban) hanno rivendicato il fallito attentato con un video diffuso su Internet, motivandolo come rappresaglia contro gli attacchi dei drone americani contro le Aree Tribali del Pakistan. Rivendicazione che è stata smentita subito dopo dal portavoce Azam Tariq che in un’intervista dell’agenzia tedesca DPA ha dichiarato di “non sapere nulla del video” confermando, però, l’autenticità di un secondo video in cui appare il leader talebano Hakimullah Mehsud dato per morto dagli USA dopo il raid aereo in Pakistan. Una serie di comunicati e smentite che confermano comunque una palese crescita dei gruppi talebani in Pakistan che, come esplicitamente dichiarato dal segretario di Stato americano, sono praticamente accettati dal governo pakistano che ha sostanzialmente abdicato agli estremisti, rivitalizzando il rischio di una nuova minaccia per la sicurezza globale ed in particolare per quella americana. Il presidente pakistano Zardari si sta sforzando di cercare di arginare l’avvicinamento dei Talebani ad Islamabad e di contenere l’avanzata delle bande che operano nelle Aree Tribali della frontiera nord - occidentale con l’Afghanistan sottoscrivendo accordi con i gruppi “moderati” che controllano la Valle dello Swat. Quanto è avvenuto a NY dimostra, invece, che il network di cellule dormienti di Al Qaeda è attivo e pronto ad agire con immediatezza anche con soluzioni artigianali spesso affrettate ma utili per riaccendere l’attenzione su una minaccia concreta che nonostante gli sforzi è ancora lontana da essere debellata. Qualcosa porta a pensare che si stia riproponendo una regia del passato che si pensava ormai annullata ed in cui giocavano un ruolo determinante componenti deviate dei servizi segreti pakistani (ISI). Non è improbabile, infatti, che il vecchio capo dell’ISI, il generale Mehmood vicinissimo ai Talebani e soprattutto ad Al Qaeda, destituito dopo l’11 settembre dall’ex presidente Parwez Musharraf, abbia riorganizzato i vecchi alleati di un tempo e le vecchie amicizie che avevano permesso la conquista di Kabul da parte degli studenti islamici. In Pakistan sembra essere in corso un’azione contro i talebani come dimostrerebbe la cattura del numero due dell’organizzazione, Abdul Baradar, ma quanto sta avvenendo porta a pensare che il tutto non sia avvenuto per sconfiggere i ribelli, piuttosto per far saltare la trattativa che lo stesso Baradar stava conducendo con il presidente afgano Karzai per arrivare ad una tregua e spaccare in due il movimento Talebano. Il fallito attentato a NY segue di poco, infatti, quello del 6 aprile al consolato americano di Peshawar e dimostra che i talebani pakistani sono organizzati ed in grado di colpire qualsiasi obbiettivo, scegliendo quelli che per simbologia hanno maggiore importanza mediatica. Lo stesso capo delle forze armate pakistane, Kayani, già direttore generale dell’Intelligence pakistana, teme il possibile riemergere della vecchia nomenclatura dell’ISI ed ha proposto una nuova epurazione della struttura avviando una trattativa diretta con Barack Obama iniziata già a fine marzo, quando Kayani ha incontrato il Presidente USA a Washington ottenendo il pieno riconoscimento americano del ruolo determinante che il Pakistan dovrebbe avere nella regione asiatica con l’impegno di un’azione di mediazione USA nei confronti dell’India, in cambio di una seria collaborazione dell’ISI in Afghanistan. Il fallito attentato a New York potrebbe essere una risposta seppure improvvisata a queste trattative ed accompagna l’attacco riuscito ad aprile a Peshawar e forse anche quello a Lower Dir, uno dei 24 distretti della frontiera nord occidentale pakistana, dove sono morte quaranta persone ospiti della sede di un partito moderato pashtun.
4 maggio 2010

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