martedì 25 maggio 2010

Trattative di pace per l’Afghanistan. Perché alle Maldive ?

Mohamed Zuhair portavoce del governo afgano ha comunicato che il 20 maggio sono ripresi i contatti fra esponenti del governo e rappresentanti dei Talebani per creare le premesse a futuri accordi di pace. Per la seconda volta dall’inizio dell’anno, le Maldive hanno ospitato un incontro al quale hanno partecipato 45 delegati fra rappresentanti istituzionali afgani e Talebani. La riunione del 20 maggio ha, anche, coinvolto per la prima volta alcuni membri di Hizb-i-Islami, ribelli attivi in quattro province dell’Afghanistan, fino ad oggi avversari dei Talebani e del Governo di Kabul, vicini all’intelligence (ISI) pakistana ed eredi della resistenza afgana degli anni ottanta. Una scelta quelle delle Maldive non suggerita dalle attrazioni naturali dell’arcipelago, sicuramente molto più appaganti del freddo di Kabul, ma da un’interpretazione dell’Islam condivisa dal governo locale, dai Talebani, dalle altre fazioni islamiste afgane e dallo stesso pasthun Karzai che palesemente sta dimostrando un’apertura politica nei confronti degli studenti islamici. Un segnale per chi in Occidente ancora crede che l’Afghanistan sia ormai diventato uno stato laico in cui il burqa, le divisioni tribali e le regole islamiche oltranziste sono un ricordo del passato. Una conferma che gli accordi di pace non potranno prescindere dalle posizioni degli studenti islamici e dai dogmi della tradizione islamica che, sicuramente, non saranno abbandonati dalla nascente “Repubblica Islamica dell’Afghanistan, ma rappresenteranno i punti cardini dell’organizzazione dello Stato, nell’assoluto rispetto della tradizione e cultura locale. Il governo delle Maldive sembra che non sia coinvolto nei colloqui di pace, anche se i governanti locali stanno dimostrando grande simpatia ed apertura per i rappresentanti dei Talebani pur precisando in comunicazioni ufficiali che “nessuno inscritto nella black list delle Nazioni Unite partecipa agli incontri”. L’arcipelago, infatti, è un paese islamico a maggioranza sunnita molto vicino all’Arabia Saudita, in cui lo Stato all’articolo 9 della costituzione, approvata nel 2008, prevede che “un non musulmano non può diventare cittadino delle Maldive”, posizione recentemente ribadita dal Presidente Mohamed Nasheed, quando ha precisato che nell’arcipelago non possono essere accettate usanze contrarie all'Islam ed è obbligatorio rispettare le regole della sharia, in particolare per quanto regola la libertà di culto degli stranieri che professano una religione diversa dall’Islam. Una posizione politica che evidenzia come nelle Maldive l’esasperazione religiosa è preminente rispetto ad una moderna visione laica dello Stato, riproponendo realtà del passato tipiche del Centro Asia. La scelta dei luoghi di riunione merita, dunque, attenzione in quanto potrebbe indicare l’inizio di un progressivo radicamento di cellule di Al Qaeda nelle Maldive, meta prediletta di migliaia di occidentali che nel tempo potrebbero rappresentare obiettivo di azioni terroristiche come già avvenute a Malè nel 2007. Non è, infatti, casuale che contemporaneamente alla presenza nell’arcipelago di rappresentanti dei Talebani afgani, il network terroristico abbia lanciato su Internet un video girato nel paradiso delle vacanze che inneggia alla guerra santa e che riporta in sovrimpressione il titolo “I vostri fratelli delle Maldive vi stanno chiamando”. A tale riguardo, molti analisti occidentali ipotizzano il pericolo che Al Qaeda è pronta a stabilirsi nell’area reclutando adepti fra i cittadini locali più poveri, che dal turismo non ricavano un beneficio economico diretto. Testimonianze di ritorno dall’arcipelago riferiscono, infatti, che sempre di più sulle spiagge si vedono donne “velate” e che molti sono gli integralisti che pretendono il rispetto più intransigente della sharia. Un processo evolutivo che se sottovalutato potrebbe avere conseguenze simili a quelle che favorì l’insediamento dell’estremismo islamico in Afghanistan e trasformare le Maldive in un “trampolino di lancio” per i trasferimenti via mare di jihadisti dall’Asia all’Africa e viceversa, in particolare verso la Somalia ancora in mano alle corti islamiche. L’arcipelago potrebbe, altresì, diventare un rifugio per possibili fiancheggiatori di Al Qaeda appartenenti al terrorismo internazionale come, ad esempio, i gruppi armati di Lashkar-e-Taiba già presenti in alcune isole. Attivisti islamisti che fanno parte di una struttura terroristica fra le più importanti dell’Asia meridionale, fondata da Hafiz Muhammad Saeed e Zafar Iqbal proprio in Afghanistan, impegnata in atti terroristici finalizzati a rendere liberi i musulmani che risiedono nel Kashmir indiano e favorire la nascita di uno Stato islamico. Un'organizzazione definita eversiva da India, Stati Uniti, Regno Unito, Unione Europea, Russia, Australia e formalmente dallo stesso Pakistan, anche se in passato e forse ancora oggi molto vicina all’Intelligence pakistana (ISI).
25 maggio 2010

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