mercoledì 18 agosto 2010

Le intenzioni di Obama stridono con la realtà operativa

Obama ha sviluppato la sua campagna elettorale promettendo agli americani di chiudere il carcere di Guantanamo e di ritirare le Truppe americane dall’Afghanistan e dall’Iraq entro il 2011. Programma che accompagnato da promesse di natura sociale a favore della popolazione statunitense gli ha assicurato la vittoria elettorale a Presidente degli Stati Uniti e subito dopo di essere insignito del Premio Nobel per la Pace per le “intenzioni piuttosto che per i fatti”. Guantanamo non è stato ancora chiuso, Il Generale McChrystal Comandante delle Truppe in Afghanistan è stato destituito perché critico nei confronti del “Capo Supremo” e sostituito con il con il generale Petraeus che poco dopo l’insediamento esprime dubbi sulla possibilità di lasciare da soli gli afgani nel 2011. I Talebani, nel frattempo, stanno tentando di riappropriarsi del loro vecchio ruolo politico chiedendo di avviare approfondimenti insieme all’ONU, NATO ed altri organismi internazionali costituendo una commissione “per valutare il problema sulle vittime civili nel paese e sviluppare un’appropriata indagine sui danni collaterali". Una risposta degli studenti islamici agli osservatori internazionali che li avevano definiti i principali responsabili delle numerose stragi di civili innocenti. Un segnale importante che i Talebani lanciano all’Occidente ed al governo Karzai, sicuri del controllo del territorio almeno in alcune Province dell’Afghanistan. Lo fanno riaffermando l’interpretazione estrema della legge coranica nel momento che un loro portavoce ha formalizzato la richiesta contemporaneamente alla notizia che dalla Provincia di Kunduz arrivava la notizia dell’uccisione per lapidazione di una coppia di giovani afgani accusati di adulterio. In Iraq all'indomani della sospensione dei lavori per la formazione del nuovo governo iracheno, un attentatore suicida, probabilmente appartenente ad Al Qaeda (o comunque ad un gruppo salafita), si è fatto esplodere uccidendo almeno cinquanta persone e ferendone altre cento. La scelta dell’obiettivo è significativa, 250 giovani iracheni che si accingevano ad arruolarsi nell’Esercito nazionale in vista della riduzione della presenza americana a sole 50.000 unità prevista entro il 2011. L’attentatore e' riuscito ad eludere le rigide misure di sicurezza entrando nella piazza antistante l'edificio dell'ex Ministero della Difesa, dove ha sede il quartier generale di un’unità del nuovo Esercito iracheno. Episodio che conferma l’avvertimento di Mowaffaq al-Rubaie, un esperto di sicurezza iracheno, pronunciato recentemente ai microfoni della BBC e che ha denunciato una nuova crescita e consolidamento della presenza di AL Qaeda in Iraq. Una serie di avvenimenti che sicuramente incidono negativamente in tutto il Centro Asia e che dovrebbero indurre Obama ad essere più cauto nel portare avanti “show comunicativi” piuttosto che fatti concreti. La sostituzione di McChrystal così come è stata decisa ed attuata nasconde, forse, il problema reale delle profonde divergenze sulle strategie e tattiche da adottare in Afghanistan. L’aumento parziale delle truppe, deciso da Obama lo scorso anno, era stato un compromesso tra due posizioni che oggi sono inconciliabili. I Comandanti militari e altre cariche militari, chiedevano molti più uomini di quelli concessi ed il vice presidente Joe Biden li rifiutava sulla base di valutazioni non completamente condivisibili sul piano militare. Biden, politico sostenitore della strategia degli “aerei senza pilota”, basata su un uso massiccio delle armi automatizzate, probabilmente non è consapevole che per raggiungere un sicuro successo militare gli attacchi “stellari” devono essere seguiti ed accompagnati dalla presenza sul terreno di un adeguato numero di soldati. Il mensile Rolling Stone in un recente articolo mette proprio in evidenza la serie tensioni tra i consiglieri civili e militari di Obama a Kabul, alimentate a loro volta dalle contrapposizioni interne alla Casa Bianca sull’Afghanistan. Non è detto che queste preoccupazioni non si accentuino anche con Petraeus al comando delle truppe, al quale Obama ha concesso molta autonomia perché raggiunga un completo successo militare. Ma lo stesso Petraeus, che ha ottenuto grandi risultati in Iraq, ha denunciato profonde diversità fra la situazione afgana e quella irachena e comincia ad esprimere perplessità sui vincoli temporali preannunciati soprattutto per la fatiscente organizzazione dell’esercito afgano. Dubbi confermati dalla recente sconfitta e quasi totale annientamento di un battaglione afgano che per la prima volta ha attacco autonomamente un presidio talebano. La situazione rischia di vanificare gli sforzi internazionali di questi anni e favorire accordi politici che potrebbero in Afghanistan riproporre i Talebani a partecipare alla gestione del Paese ed in Iraq i salafiti iracheni e forse anche qualcuno della vecchia nomenclatura del partito Bath. Obama si trova, dunque, di fronte ad un bivio per il futuro dell’Afghanistan e dell’Iraq. Rischiare di deludere oltre gli americani anche una parte dei Democratici se rimanda oltre il 2011 il ritiro delle truppe statunitensi. Una scelta difficile ma forse assolutamente necessaria per non vanificare gli sforzi finora affrontati in termini di vite umane ed impegni economici. E’ auspicabile che lo faccia dando più credibilità alle richieste dei Comandanti operativi ed affidandosi a strutture di analisi non vincolate a schemi preconcetti ed arroganti come quelle che convinsero Bush ad attaccare l’Iraq pur senza acquisire a priori un consenso internazionale e, soprattutto, senza predisporre un “dopo Saddam” prima che fosse lanciato il primo raid aereo su Bagdad. Un cambiamento di rotta che potrebbe influire negativamente sulla popolarità di Barack Obama che ha raggiunto un nuovo minimo storico, il 44% dei gradimenti, secondo un ultimo sondaggio Gallup, in rapida discesa dopo 2 settimane dall’annuncio della sua approvazione per la costruzione di una moschea di Ground Zero. Ne guadagnerebbe, però, l’Obama premio Nobel per la Pace ancora “in pectore”, a totale vantaggio della lotta al terrorismo internazionale.
18 agosto 2010

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