lunedì 20 dicembre 2010

Presunto traffico di organi in Kosovo

Si infittisce il mistero del presunto traffico di organi umani in Kosovo che dovrebbe essere avvenuto durante la guerra con il coinvolgimento dell’UCK (Esercito per la liberazione del Kosovo). La notizia, ripresa anche dal Guardian e dalla Bbc, è rimbalzata in tutto il mondo appena dopo una settimana dalle prime elezioni kosovare. Domenica 12 dicembre è stato eletto premier Hasim Thaci. personaggio sicuramente non erede di un passato inequivocabilmente democratico, che era chiamato “il serpente” per i modi spietati in cui gestiva i partigiani kosovari ed albanesi quando, al Comando dell’UCK, ed organizzava la guerriglia fra i monti dell’Albania. Il neo Primo Ministro in un rapporto del senatore svizzero Dirk Marty consegnato al Consiglio d’Europa è descritto come capo di una potente mafia coinvolta nel traffico di armi e droga e di organi espiantati ai prigionieri serbi. Thaci viene indicato come il boss di un racket che ha iniziato le sue attività criminali nel corso della guerra del Kosovo proseguendole nel decennio successivo. Un documento discusso ed approvato dalla componente dei diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (organismo a latere dell’Unione Europea) che ha sottoscritto una risoluzione con cui si chiede formalmente l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Thaci, come riferito dalle agenzie di stampa, respinge le accuse con sdegno, ma sembra che esistano prove incontrovertibili riportate da documenti della FBI e dell’Intelligence americana, peraltro alleata dell’UCK durante la guerra contro la Serbia. Nel documento sono riferiti abusi di ogni genere avvenuti anche dopo la fine delle ostilità del giugno del 1999. Gli investigatori europei quantificano in circa 500 persone scomparse dal Kosovo dopo l’arrivo delle truppe della NATO. Circa un quinto di costoro albanesi accusati di collaborazionismo, gli altri serbi anche di etnia rom. Nel rapporto si parla anche di un certo Shaip Muja, un medico oggi consigliere del Primo Ministro, al quale era affidato il controllo degli aspetti sanitari riguardanti il commercio degli organi. Thaci, che ha appena celebrato la sua vittoria nelle prime elezioni politiche svolte dopo il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo dichiarata il 17 febbraio 2008, ora guarda con preoccupazione al rapporto redatto anche sulla base di documenti di servizi segreti come il Bnd (Germania), il Sismi italiano, l’ MI6 britannico e il greco Eyp. L'Assemblea parlamentare europea dibatterà sull’argomento il 25 gennaio 2011 durante la sua sessione plenaria invernale per esprimere un parere sull’affidabilità di quanto sottoscritto da Dirk Marty. Nel frattempo le istituzioni kosovare dovranno dimostrare la volontà di cooperare con il Consiglio d’Europa per giungere ad una verità convincente che indichi alla comunità internazionale la volontà del Kosovo di voler raggiungere l’indispensabile emancipazione politica e democratica necessarie per poter aspirare ad un completo riconoscimento internazionale. Un obbligo morale oltre che politico che il nuovo Premier kosovaro non può disattendere, dimostrando la sua estraneità ai terribili fatti imputatigli e fugando qualsiasi dubbio sulla fondatezza dell’indipendenza raggiunta dopo agli accordi di Dayton. Un dovere che l’Europa, gli Stati Uniti e l’ONU devono pretendere che sia rispettato senza esitazione per dimostrare la validità della loro politica svolta nei Balcani negli anni ’90 e del riconoscimento dell’autonomia del Kosovo come Stato sovrano destinato a far parte dell’Unione Europea insieme agli altri Paesi balcanici. Thaci dovrà palesare la sua estraneità a questi fatti orribili, condizione essenziale perché il Kosovo non rappresenti di nuovo motivo di instabilità nella regione, compromettendo la coesistenza pacifica delle diverse etnie e religioni presenti nei Balcani che è stata raggiunta dopo più di un decennio a prezzo di sacrifici enormi in termini economici ed umani.
19 dicembre 2010

mercoledì 15 dicembre 2010

Guerriglia a Roma

Gli episodi di guerriglia urbana avvenuti nel pomeriggio del 14 dicembre a Roma, evidenziano un’organizzazione ed un coordinamento dei manifestanti che non può essere imputata a studenti impegnati a proporre un loro disappunto. Peraltro, in questa circostanza, gli attori principali erano giovani molti dei quali appena maggiorenni per quanto dato da capire dall’aspetto. Folla di ragazzi scesi in strada per manifestare il dissenso con un approccio goliardico, avulso da qualsiasi forma di violenza. Osservando con attenzione le immagini di quanto accaduto immediata, invece, la conclusione che tutto sia stato preordinato nel dettaglio. La logistica, le modalità operative ed il network delle comunicazioni sicuramente non sono stati improvvisati come non è stata inventata sul momento la tattica delle azioni compiute. Gruppetti che hanno colpito in ordine sparso concentrando in punti prestabiliti la reazione delle forze dell’ordine per favorire l’infiltrazione improvvisa di altri nuclei numericamente modesti ma preparati a colpire obiettivi prefissati ed a ritirarsi immediatamente, diradandosi. Gente dotata di ogni tipo possibile di arma impropria, pale, picconi, stracci imbevuti di liquidi infiammabili, petardi, bombe carta e quanto altro adatto a provocare danni seri alle persone ed alle cose. Manifestanti che hanno raggiunto Roma da tutta Italia ed anche dall’estero come dimostrato dalla cittadinanza francese di uno degli arrestati. Folla, quindi, non estemporanea e casualmente aggregata in gruppi, piuttosto precostituita in nuclei organici organizzati, equipaggiata con appropriati mezzi di offesa in sostituzione dei normali striscioni generalmente utilizzati per rendere pubblico il dissenso. Gravi manifestazioni di violenza gratuita che non dovrebbero più far parte della cultura democratica occidentale e che, invece, dopo decine di anni, sono ritornati prepotentemente ed improvvisamente sulla ribalta europea. Azioni di guerriglia urbana molto simili fra loro, che si susseguono nei principali Paesi europei. Francia, Gran Bretagna, Grecia ed Italia stanno ospitando, infatti, azioni violente che inducono a pensare che nel Vecchio Continente afflitto dalla crisi economica e con un Euro poco stabile, qualcuno opera con la volontà di inasprire le tensioni sociali per imporre realtà politiche altrimenti poco appetibili. Un’ipotesi confermata dal tipo delle tattiche applicate sulle strade e contro la polizia, dal tipo di armi improprie utilizzate, comuni a tante le altre manifestazioni europee che hanno avuto protagonisti gruppi eversivi della stessa origine ed estrazione politica e culturale. Gente forse anche legata alla malavita organizzata, a strutture criminali che traggono beneficio dal clima di tensione a favore dei loro traffici illeciti, primo fra tutti il commercio della droga. Gruppi eredi delle Brigate Rosse italiane, degli irredentisti irlandesi, della Rote Armee Fraktion tedesca e delle minoranze basche spagnole, probabilmente anche collusi con il terrorismo internazionale. E’ incontrovertibile che la tensione esiste e che è destinata a crescere se alimentata da posizioni politiche estreme manifestate attraverso pericolosi incitamenti verbali che possono esasperare gli animi ed indurre ad estremismi, in particolare se diretti verso e giovani generazioni. La storia ci insegna che nel momento che gli studenti scendono in piazza perché manipolati da un’informazione strumentale nasce il pericolo dell’insorgenza di forme di contestazione spesso difficilmente gestibili, con il rischio che la situazione possa trascendere verso forme che riporterebbero qualsiasi situazione mille anni indietro rispetto al momento della conquista dei diritti democratici. Una minaccia che non può essere sottovalutata, ma che deve essere analizzata nel dettaglio per essere in condizione di prevenirla eliminando ogni possibile rischio di vedere in futuro compromesse le garanzie dello Stato di diritto.
15 dicembre 2010

sabato 11 dicembre 2010

La Cyberguerra

Wikileaks in questi giorni sta dimostrando di essere una realtà in grado di influire sugli equilibri internazionali andando ad intaccare i rapporti fra li Stati. Un modello in grado di avere effetti sulle strutture di potere globale nonostante che le informazioni finora diffuse abbiano carattere di gossip piuttosto che notizie sensibili. “Chiacchere di party” o sapienti sintesi di articoli di stampa comunque potenzialmente in grado di influire sugli equilibri internazionali. Wikileaks rappresenta, in ogni caso, una delle espressioni della moderna realtà globale a fianco di Internet e di Al Qaeda, dimostrando di essere in grado di incidere sul futuro ordine internazionale in cui potrebbe prevalere la forza piuttosto che i confronti economici o l’eticità dei rapporti. Una realtà che, per quanto noto, allo stato attuale sta comunque evidenziando solo la capacità di gestire la divulgazione di una grossissima mole di informazioni copiate con la complicità di funzionari corrotti e non ottenute attraverso tecniche di pirateria informatica evoluta ed in grado di permeare i Data Base istituzionali. In ogni caso la minaccia esiste e si impongono immediate iniziative di difesa in grado di applicare tecniche di “Cyberguerra” intesa come l'alterazione e/o la distruzione dell'informazione e dei sistemi di comunicazione dell’avversario, gestendo gli equilibri dell'informazione stessa attraverso l’uso di evolute tecnologie elettroniche, informatiche e di adeguati sistemi di telecomunicazione. Una guerra non combattuta sul terreno ma davanti agli schermi dei computer, destinata a condizionare il futuro. Risulta che il Pentagono USA abbia anticipato i tempi e disponga già di una struttura in grado di rendere attuali forme di difesa ed offesa informatica. Quasi mille agenti “cyberguerrieri” coordinati da un Generale a quattro stelle. Anche la Gran Bretagna sta seguendo la stessa strada con consistenti investimenti economici nonostante i tagli di bilancio indotti dalla crisi economica del momento. A Lisbona, in occasione del recente vertice della NATO la “Cyberwar” è stata oggetto di confronto fra i partecipanti arrivando alla decisione comune di posizionare l’esigenza fra le undici prioritarie che l’Alleanza dovrà affrontare nel breve periodo. Peraltro, altre potenze mondiali “non NATO” come la Cina, stanno investendo consistenti risorse economiche e di potenziale umano nello specifico settore ed iniziative simili potrebbero anche suscitare l’interesse delle organizzazioni terroristiche internazionali, prime fra tutti Al Qaeda. Anche l’Italia si sta preprando ad affrontare la potenziale minaccia e proprio in questi giorni, alla fine dello scorso mese di novembre, è stata svolta una esercitazione militare sullo specifico tema. Il Comando C4 della Difesa ha sviluppato una serie di attività specifiche nel quadro della “Cyber shot 2010” per verificare la propria capacità di risposta ad una possibile crisi internazionale dovuta ad attacchi di “Cyberwarfare”. Un vero e proprio confronto fra i vari protagonisti impegnati che hanno sviluppato concrete operazioni simulate con il coinvolgimento di tutti gli apparati istituzionali italiani e rappresentanti dell’industria nazionale che opera nello specifico. L’impegno internazionale, quindi, è già orientato ad affrontare la specifica minaccia che potrebbe rappresentare uno dei parametri condizionanti la futura sicurezza internazionale. Uno sforzo sicuramente oneroso, ma se gli obiettivi saranno raggiunti strutture come Wikileaks e gli hackers fiancheggiatori avrebbero scarsissime possibilità di successo, simili a quelle di una feluca di corsari che attaccasse una fregata a propulsione nucleare.
11 dicembre 2010