mercoledì 12 gennaio 2011

La miopia dell’Europa

L’Europa da sempre più attenta ad est piuttosto che a sud ancora una volta sembra non essere impensierita da quanto sta avvenendo nel vicino continente africano ed a meno di 200 km dal suo confine più meridionale. Sequestro ed uccisione di europei, manifestazioni di massa, stragi di cristiani. Avvenimenti di questi giorni che a partire dalla fine del 2010 coinvolgono la popolazione di paesi dell’Africa settentrionale e che inducono a pensare ad una prova generale di possibili azioni terroristiche per favorire il consolidamento di cellule di Al Qaeda che vogliono espandersi in aree del mondo destinate ad avere in futuro un ruolo importante. E’ accertato che un certo numero di terroristi sono orami radicati in Niger ai confini con il Mali. Appartengono alla fazione del Magreb islamico (AQMI) e stanno consolidando alleanze con bande di ribelli o malavitose per minacciare gli interessi locali che si interfacciano con le iniziative di investimento europee ed americane. Entità che sicuramente vogliono estendere la loro influenza nella fascia mediterranea dell’Africa settentrionale per avvicinarsi sempre di più all’Europa. Elementi eversivi che da tempo agiscono contro cittadini stranieri in particolare europei, con rapimenti ed omicidi come avvenuto la settimana scorsa con l’uccisione di due cittadini francesi catturati in un ristorante di Niamey, capitale del Niger. Il 31 dicembre è stato effettuato l’attentato contro la chiesa copta in Egitto e subito dopo sono stati attaccati luoghi di culto cattolici in Nigeria, mentre in Iraq sono state deposte bombe sull’uscio delle abitazioni di alcuni cristiani di Bagdad. A seguire, la protesta in Algeria ed in Tunisia contro gli aumenti dei generi di prima necessità, iniziata proprio nelle aree magrebine. Una protesta che sta dilagando anche nelle Capitali, prima ad Algeri ed oggi a Tunisi. Una serie di eventi concomitanti con la tornata elettorale in Sudan dove sono stati aperti i seggi per permettere alla popolazione di decidere sulla nascita o meno di un nuovo stato sudanese, quello cristiano a sud del paese destinato a confrontarsi con l’islamismo fondamentalista di Khartom, da sempre molto vicina a Bin Laden. Un’instabilità destinata ad estendersi coinvolgendo probabilmente in un prossimo futuro anche le “corti islamiche” della Somalia ed il vicino TChiad. La tensione coinvolge, dunque, un’intera area africana abitata da popolazioni altrimenti moderate come i tunisini, gli egiziani e gli stessi algerini. Vicende che si accavallano in paesi eredi di una cultura di stampo stalinista mai cancellata, dove il sistema statale è rimasto identico per decenni ed ora è incapace di affrontare la classe media rappresentata dalle nuove generazioni illuse da una scolarizzazione di massa mai seguita da un’adeguata e costante crescita economica e sociale. Sono coinvolte realtà laiche molto vicine alle tradizioni occidentali, ma soffocate dalla mancanza di libertà di pensiero come avvenuto finora in Tunisia dove nulla è trapelato e la piazza è stata silenziata dal Presidente Ben Alì. In Egitto cresce l’ansia per controllare l’estremismo religioso che ha portato ai fatti di Alessandra del 31 dicembre e si osserva con attenzione la “rivolta del pane” algerina e tunisina e ciò che avviene nel confinante Sudan dove la nascita di uno Stato cristiano, potrebbe indurre le cellule di Al Qaeda a riesumare la jihad con nuove iniziative terroristiche che, come in passato, potrebbe coinvolgere il turismo, la principale risorsa economica del Paese. Movimenti di piazza che mescolano giovani studenti ai disoccupati, complici nell’affermare diritti comuni ed impegnati a portare avanti un processo evolutivo che cancelli le vecchie tradizioni imposte dalle “democrazie ereditarie” che nel corso degli anni hanno contraddistinto questi Paesi. Masse che però potrebbero diventare strumento di chi intende esaltare il ricatto terroristico nei confronti dell’occidente e per intimorire coloro che vorrebbe investire offrendo occasioni di sviluppo socio economico a chi in questi giorni sta rivendicando il “diritto al pane” anche a rischio della vita. Minaccia estesa anche alle popolazioni locali colpendo chi professa fedi religiose come la cattolica, tradizionalmente espressione del mondo occidentale. Crisi interne destinate ad estendersi e di cui Al Qaeda approfitta. Tensioni monitorate dalla nomenclatura jihadista pronta ad approfittare della insoddisfazione della popolazione. Uno stato di tensione e di equilibro instabile che potrebbe dilagare e coinvolgere l’Europa che ancora una volta esita come già fatto in passato di fronte ai tragici eventi balcanici. Un’Europa che distribuisce “a pioggia” aiuti per tentare di far dimenticare il passato colonialista di alcuni Paesi Membri, ma che non accompagna la crescita sociale di queste popolazioni, condizione essenziale per cancellare le egemonie locali. Se ciò non avverrà la polveriera è destinata ad esplodere e questi popoli potrebbero diventare ostaggio del terrorismo internazionale. L’Europa non può, quindi, essere miope di fronte all’esigenza che si sta manifestando impegnandosi concretamente a favore della crescita di queste aree africane per non rischiare che la situazione degeneri e renda instabile tutta l’area mediterranea con gravi ricadute negative sulla sicurezza mondiale.
12 gennaio 2011

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