martedì 18 gennaio 2011

Unione Europea, entità politica o semplice holding economica ?

In Tunisia la “lotta per il pane” non accenna a diminuire. Tunisi, Hammamet ed altre località del paese sono teatro di scontri, alcuni veri e propri atti di guerra civile. Il processo di ribellione iniziato nel Magreb algerino si è immediatamente propagato nei paesi vicini ed in Tunisia ha raggiunto l’apice con la destituzione e la fuga del Presidente Ben Alì. L’insoddisfazione è diffusa in particolare fra le generazioni più giovani che, più degli altri, entrano in quotidiano contatto con realtà esterne attraverso l’uso di Internet. Gli avvenimenti tunisini sembrano essere destinati a costituire un modello da imitare per molte delle popolazioni islamiche dell’area, da decenni costrette a subire egemonie ereditarie proposte nel nome di un falsa democrazia. Il suicidio del tunisino Mohamed Bouaziz, venditore ambulante di 26 anni laureato, che si è dato fuoco vicino al suo banchetto di ambulante e che ha dato il via alla rivolta di piazza, è stato ben presto imitato nel vicino Egitto. Abdo Abdel Hameed un uomo di 50 anni proprietario di un piccolo ristorante si è dato fuoco davanti alla sede del Parlamento egiziano perché costretto dalla contingenza economica a chiudere il ristorante di cui era proprietario. Se gli avvenimenti tunisini che hanno portato nell’arco di pochi giorni alla destituzione del Presidente Ben Alì dopo 23 anni di governo, continueranno a contagiare gli altri Paesi islamici mediterranei si potrebbe provocare uno tsunami fatale per tutto il Medio Oriente. Qualcosa sta già avvenendo. In Giordania la folla ha manifestato ad Amman nonostante che il re giordano Abdallh abbia disposto la riduzione del 10% dei generi di prima necessità. In Libano la piazza rumoreggia e dalla Libia giunge notizia che il malcontento serpeggia fra la popolazione che sarebbe pronta a manifestare il proprio dissenso nonostante il severo controllo del Governo di Tripoli. L’Egitto che da anni ospita i Fratelli Mussulmani gruppo storico del fondamentalismo sunnita e che è patria del numero due di Al Qaeda, potrebbe rappresentare il punto di partenza di questa onda anomala. Una Nazione, peraltro, territorialmente esposta ad infiltrazioni di gruppi estremistici vicini ad Hamas ed alla jihad di cellule operative di fondamentalisti insediati in Sinai e vicini all’estremismo iraniano. Teheran, approfittando della situazione, potrebbe fagocitare il Paese che oggi è forse l’unica realtà sunnita aperta all’Occidente ed “ago della bilancia” per i rapporti del mondo arabo con Israele. L’Europa assiste a tutto questo senza nessuna iniziativa politica. Ancora una volta l’Unione Europea sta dimostrando di essere solo una holding in cui gli Stati Membri sono degli azionisti preoccupati a controllarne la gestione economica e non una realtà politica attenta ad esercitare la sua influenza in aree geografiche sensibili ed ubicate a ridosso dei propri confini. Una UE che non sembra essere preoccupata della situazione di instabilità che a breve potrebbe creare problemi ai propri Stati Membri ubicati a ridosso del Mediterraneo, come già avvenuto in passato in occasione delle vicende balcaniche quando il Vecchio Continente preferì aspettare l’iniziativa americana. Una scelta quella europea che però oggi non trova alcuna giustificazione politica di fronte alla minaccia reale di una possibile espansione del terrorismo fondamentalista che riuscirebbe ad infiltrarsi facilmente in Europa approfittando proprio della instabilità che sta coinvolgendo i Paesi islamici dell’area mediterranea ed avvalendosi dell’ipotizzabile flusso di disperati che tenteranno di fuggire dalla guerra civile.
18 gennaio 2011

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