giovedì 3 febbraio 2011

Egitto, la situazione sta implodendo

Gli scontri di piazza di ieri al Cairo lasciano presagire un futuro incerto per questa Nazione custode di una storia millenaria. La rivolta contro Mubarak rischia di trasformarsi in guerra civile e la gente ancora una volta potrebbe essere utilizzata da chi aspira ad insediarsi nei palazzi del potere. Un effetto domino destinato a rivitalizzando il fanatismo religioso di tutte le popolazioni islamiche che per anni sono state costrette a vivere all’ombra di false democrazie. La situazione egiziana non lascia presagire nulla di buono. Il comportamento dell’Esercito che ieri ha “assistito” senza intervenire agli scontri fra le fazioni pro e contro Mubarak porta a non escludere che alcuni degli ex militari oggi nel Governo e vicini all’attuale Vice Presidente Omar Suleman fino a ieri responsabile dell’intelligence egiziana, stiano pensando ad un possibile colpo di Stato per ristabilire l’ordine nell'attesa di libere elezioni. Almeno fino a quando gli egiziani non abbiano designato candidati all’altezza di poter continuare a gestire in futuro un ruolo calmierante fra i rapporti del mondo arabo con Israele. L’Egitto fin dal 1973 ha rappresentato il polo fondamentale di tutto il mondo arabo, il centro di gravità intorno al quale negli anni si sono concentrati gli equilibri dell’area mediorientale moderata. Se, invece, nel Paese tornasse il fondamentalismo probabilmente sarebbe rimesso in discussione il diritto di esistenza di Israele riconosciuto con gli accordi di Camp David e con la smilitarizzazione del Sinai. Tutto il Medio Oriente, quindi, potrebbe essere coinvolto nella spirale con una conseguente rottura degli equilibri finora raggiunti in Africa settentrionale dopo la fine del periodo coloniale e la pace fra egiziani e gli israeliani. Un sussulto che sta propagandosi nel cuore dell’Africa islamica, in Sudan dove si è iniziato a manifestare non appena si è concluso il referendum con cui il Sud cristiano ha deciso la sua scissione dal nord islamico (99 % di sì). A Kartoom migliaia di giovani ispirati agli eventi di Tunisi e del Cairo hanno mostrato dissenso contro la politica dittatoriale del Presidente Omar e- Bashir che è al potere dal 1989. In sintesi, chiunque prenderà il posto di Ben Alì e di Mubarak non potrà fare a meno di confrontarsi con fazioni vicine all’estremismo islamico, primi fra tutti i Fratelli Mussulmani, che dovranno essere assolutamente coinvolti nell’affrontare e risolvere le esigenze prioritarie che oggi hanno portato le popolazioni a manifestare. Se ciò non avvenisse si correrebbe il rischio di lasciar spazio ad una nuova involuzione radicale tipo quella iraniana. Un Iran che giornalmente dimostra simpatia ed approvazione per quanto avvenuto in Tunisia e sta avvenendo in Egitto e che per il tramite del proprio Ministro degli Esteri ufficializza “che il Parlamento iraniano e la Nazione sostengono la rivolta contro i regimi dittatoriali e che la protesta nei Paesi del Nord Africa compreso l’Egitto” evidenziano “la fine dell’era di controllo delle potenze arroganti (esplicito riferimento all’Occidente, ndr)” mentre “il popolo vuol decidere da solo del proprio destino” (Agenzia Isna). Un editto cui si è unito anche Sheikh Naeem, numero due degli Hezbollah libanesi, che ha espresso parole di plauso nei confronti dei manifestanti egiziani, in particolare coloro che rappresentano i gruppi politici che da sempre hanno rifiutato ogni possibile rapporto con Israele. Il domani resta quindi incerto anche per quanto in questi giorni ha affermato ufficialmente l’iraniano Ayatollah Ahmed Khatami. Costui già intravede nel futuro dei Paesi in rivolta un modello statale simile a quello iraniano in quanto “il Medio Oriente islamico è stato creato nel rispetto dell’Islam, secondo un modello di democrazia che coinvolge in prima persona i capi religiosi”.

3 febbraio 2011 - ore 12.00

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