domenica 13 febbraio 2011

Egitto, le incognite del dopo Mubarak

Il presidente Mubarak si avvia verso un esilio dorato ed il popolo egiziano esulta per la raggiunta democrazia. Un’esaltazione popolare giustificata dopo trenta anni di oscurantismo ma che nell’immediato futuro potrebbe essere disillusa. Cosa sia successo davvero in Egitto al momento non è facile giudicarlo. Permane qualche dubbio sulla certezza che il Paese si sia avviato verso un futuro sicuramente democratico e che sia stata veramente riconosciuta la sovranità popolare. Venerdì scorso Mubarak è uscito di scena ed ha passato all’Esercito la gestione del Paese. Dimissioni all’ombra di un colpo di Stato incruento che ha visto protagonista il Ministro della Difesa Hussein Tantawi ed in cui i militari hanno preso il potere con la “benedizione di Allah” a cui si è riferito espressamente Omar Suleiman quando ha comunicato al popolo con un approccio non propriamente laico: “Nel nome di Dio Misericordioso …………………………….il Presidente Hosni Mubarak ha deciso di dimettersi ………….ed ha incaricato il Consiglio Superiore delle Forze Armate di gestire gli affari del Paese. Che Dio ci sia d’aiuto”. E’ stata anche confermata l’operatività dell’attuale Governo alla guida di Suleiman che dovrebbe rimanere in carica fino alle prossime elezioni, come ufficializzato dal Consiglio delle Forze Armate. E’ fuori di dubbio che almeno per ora la politica di Mubarak sia destinata a non essere cancellata. Ad oggi sono stati confermati proprio gli uomini più vicini a Mubarak, i fedelissimi del vecchio regime che ora hanno preso direttamente in mano le sorti del Paese senza più passare attraverso il vecchio Presidente. I Capi di Stato Maggiore dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, il Ministro della Difesa anche lui militare di elevato rango ed il potente Direttore dei Servizi Segreti egiziani che dal 1991 gestisce una delle migliori strutture d’Intelligence del Medio Oriente. I più anziani formati nelle Accademie Militari dell’ex Unione Sovietica e poi passati ad essere gli alleati più stretti degli USA. I più giovani, come il Capo di Stato Maggiore della Marina, Hafez Anan usciti direttamente dalle Scuole Militari americane e gestori del network quotidiano con il Dipartimento di Stato. Tutti protagonisti a diverso livello nelle guerre del Kippur e dei Sei Giorni contro Israele e sicuramente legati a doppio filo con Suleiman. La situazione egiziana non è quindi esattamente delineata come non può affermarsi che ormai il Paese sia di certo avviato verso una democrazia moderna e liberale. Gli antichi retaggi non sono stati cancellati con evidenza, ma sono solo passati di mano, dal Presidente Mubarak ai suoi fedeli collaboratori di un tempo, concettualmente distanti dalla folla che ha manifestato. Una contingenza che spinge ad auspicare che gli Stati Uniti ed Europa abbandonando gli approcci politici di facciata cerchino di individuare e proporre fatti concreti, progetti ed idee che aiutino l’Egitto ad uscire dal momento di transizione e che agevolino ed accelerino il processo di maturazione verso un futuro di sviluppo e crescita socio economica. Altrimenti si correrà il rischio di una nuova intifada che potrebbe estendersi a tutti i Paesi islamici dell’area mediterranea favorendo anche possibili forme di radicalizzazione religiosa, con il rischio che il periodo di transizione sfoci in una realtà in passato già vissuta in altri Paesi emergenti da regimi non propriamente democratici. La caduta della dittatura potrebbe, infatti, lasciare spazio ad altre forme autoritarie di governo.

13 febbraio 2011 - ore 11.00

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