venerdì 11 febbraio 2011

Il futuro dell’Egitto

Hosni Mubarak il Presidente egiziano è protagonista di un’altanelante situazione che, ora dopo ora, lo vede passare dal timone del suo Paese alla ipotesi di un esilio dorato per poi, invece, riconfermare la sua reggenza. L’alba del dopo Mubarak, però, è prossima, ma forse il Paese non è ancora pronto ad affrontarla senza che si corra il rischio di una guerra civile in cui le Forze Armate ed in particolare l’Esercito potrebbero avere un ruolo fondamentale. Un rischio che comincia ad essere elevato in quanto molti Ufficiali anche di rango elevato stanno dichiarando pubblicamente la loro volontà di appoggiare la folla che manifesta e che potrebbero contribuire a spaccare una struttura fino ad oggi solida e coesa. Un Esercito che in questi giorni ha dimostrato molta “prudenza” nel gestire i manifestanti, quasi volesse ingraziarsi la folla per preparare un futuro in cui i militari potrebbero essere coinvolti nel nuovo governo egiziano. Molte le ipotesi che si leggono in questi giorni, alcune fondate, altre forse prodotte dalla immaginazione di improvvisati conoscitori della situazione reale che contraddistingue l’Egitto e l’intera regione dell’Africa mediterranea e del Medio Oriente. Quasi nessuno, però, si è soffermato sul ruolo che potrebbe giocare nell’immediato l’attuale Vice Presidente Suleiman, originario del sud dell’Egitto, ex militare di prestigio che ha partecipato con onore alla guerra dei Sei Giorni ed a quella del Kippur che da anni lavora nei servizi segreti egiziani, di cui è diventato Direttore dal 1991. Il responsabile di una struttura potente, l’EGIS (General Intelligence Service), considerato a livello mondiale come il gestore di una delle strutture di Intelligence più potenti nel mondo. Nel 2009 la rivista Foreign Policy lo ha definito il “Capo dei Servizi Segreti più potenti del Medio Oriente” conferendogli un ruolo fondamentale nei rapporti internazionali dell’Egitto. La permanenza di Suleiman ai vertici dell’Intelligence egiziana per decenni è stata determinata dalla stima incondizionata di Mubarak nei confronti di un uomo che in tutti questi anni ha condiviso ogni posizione del suo Presidente, in particolare per quanto attiene alle relazioni con l’Iran, all’ordine interno ed ai rapporti con Egitto, Israele e Stati Uniti. Il personaggio, probabilmente sapeva dell’imminente rivolta popolare, da chi è stata organizzata e del perché sia stata attuata, per cui in questo momento potrebbe essere l’unico in grado di gestire gli equilibri interni amministrando i rapporti con le forze di opposizione, con i Fratelli Mussulmani e, nello stesso tempo, curando le relazioni internazionali in particolare con gli Stati Uniti ed Israele. Forse è anche l’unico in grado di evitare che la rivolta dilaghi oltre i confini egiziani come paventato dallo stesso Gheddafi che sta guardando con ansia al 17 febbraio p.v., “giorno della collera” in cui l’opposizione libica intende realizzare una manifestazione di massa contro il regime. Per l’Egitto quindi si potrebbe configurare nell’immediato un futuro in cui il Paese sotto il controllo dei militari, segua l’esempio della Turchia raggiungendo un assetto democratico che garantisca il controllo e la gestione dell’Islam politico ed evitando il rischio che possano affermarsi le forze più radicali, come avvenuto nel 2006 con Hamas in Palestina. In questo contesto, la figura di Suleiman potrebbe forse giocare un ruolo determinante.
11 febbraio 2011 - ore 12,30

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