venerdì 13 maggio 2011

Il dopo Bin Laden

Il Presidente degli Stati Uniti ha comunicato al mondo che Osama Bin Laden è stato ucciso in Pakistan ma si rifiuta di pubblicare le foto del cadavere. Evidentemente il Presidente USA non vuole seguire il “Che Guevara stile” quando il corpo del rivoluzionario fu esposto a lungo alla venerazione della gente, ma non può nemmeno negare il diritto al mondo di essere informato sulla base di riscontri oggettivi piuttosto che di parole. Un diritto che non può essere negato a coloro che, civili e militari, hanno sacrificato la propria vita per contrastare l’eversione di Al Qaeda. Sicuramente il falso pudore di Osama di voler rispettare la sensibilità della gente non pubblicando immagini cruente, può alimentare ben altre reazioni del mondo islamico fondamentalista rispetto a quanto potrebbero provocare le immagini del corpo dello Sceicco che, invece, seguita a vivere attraverso i suoi messaggi postumi. Proclami in cui, secondo fonti ben informate, Osama inneggia contro Israele, rivendica l’incondizionato riconoscimento della Palestina e rende omaggio a chi come il nigeriano Umar Faruk Andulmutallab ha tentato di attuare attentati contro gli USA e ricorda gli “eroi dell’11 settembre”. Le immagini dell’ucciso non vengono mostrate ma iniziavano a trapelare informazioni sui contenuti dei documenti sequestrati ad Abbottabad che confermerebbero una consistente presenza di Al Qaeda in Palestina che, peraltro, potrebbe aver realizzato l’azione suicida ad Alessandria di Egitto nel Natale del 2010 con la morte di 24 cristiani accelerando il processo di rivolta contro Mubarak e giocando con Al Qaeda del Magreb un ruolo attivo nelle rivolte del mondo arabo. Al Qaeda significa “Data Base”, nome scelto dagli USA quando l’organizzazione nacque per contrastare l’invasione sovietica in Afghanistan. Una lista composta da un numero non quantificato di guerriglieri pronti ad immolare la propria vita per la liberazione di Kabul. Dopo l’11 settembre alcuni componenti dell’organizzazione hanno iniziato a lasciare la “casa madre” ed a ramificarsi nel mondo, creando un network del terrore in cui ciascun nucleo nel tempo si è organizzato e strutturato. Ora, dopo la morte di Bin Laden, ciascuna cellula potrebbe originare azioni autonome anche rilevanti. Fuori dell’Afghanistan esistono ormai importanti strutture come Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), storicamente sempre la più autonoma rispetto a Bin Laden. L’AQMI comprende anche il Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento molto attivo in Somalia e vicino ai pirati somali che operano nel Golfo di Aden ed è formata da jihadisti algerini, marocchini, tunisini, mauritani e libici. L’AQMI è da tempo economicamente indipendente da Bin Laden e si auto finanzia con i rapimenti ed il commercio della droga. Oggi è, anche, rinvigorita militarmente dalla crisi libica che favorisce il flusso continuo di materiale militare proveniente dai deserti di Tripoli. La cellula magrebina potrebbe approfittare della morte di Osama per aprire un nuovo scenario di terrore internazionale diverso dai vecchi schemi asiatici stringendo alleanze con i salafiti residenti in Somalia e con le cellule yemenite capeggiate da Nasser al-Wahishi che proprio in questi giorni si è proposto su Internet annunciando agli americani che “il peggio deve ancora venire”. Un messaggio che indirettamente confermerebbe la morte dello Sceicco saudita, ma che potrebbe essere anche una comunicazione convenzionale per risvegliare atti di terrorismo pianificati ed al momento “dormienti”. Lo stato di incertezza che sta emergendo dopo l’annunciata e non dimostrata morte di Osama aumenta il livello della minaccia e la scomparsa del figlio minore di Bin Laden avvenuta durante il blitz del 2 maggio scorso concorre ad incrementare lo stato di insicurezza. Hazma bin Laden dato inizialmente per morto a seguito dell’azione delle forse speciali USA, notizia poi smentita, è, infatti, da tempo destinato dal padre a continuare la jihad e già si era affermato nel mondo del terrorismo internazionale avendo partecipato con elevata probabilità all’uccisione di Benazir Bhutto. Lo spettro di Bin Laden, quindi, è destinato ad incombere ancora sulla scena internazionale mentre la Cina e l’India stanno osservando attentamente l’evolvere della situazione post Osama ed attendono una sicura dimostrazione della morte del terrorista prima di uscire allo scoperto. La Cina, impegnata ad assicurarsi le risorse energetiche afgane ed il controllo di importanti rotte energetiche verso l’estremo Oriente, come la postazione strategica di Gwadar nel Baluchistan pakistano ubicata a ridosso delle principali rotte petrolifere dell’Oceano Indiano. L’India, unica potenza nucleare dell’Asia Centrale insieme al Pakistan, che approfittando della situazione potrebbe assumere un ruolo attivo in Afghanistan sostituendosi ad Islamabad e risolvendo anche l’eterno contenzioso con il Pakistan per il controllo del Kashimir. Un aspetto non è comunque chiaro. Il silenzio dell’Iran che continua ad essere distante dagli eventi, mentre il fronte libico è ancora caldo e quello siriano si infiamma sempre di più nell’assoluta indifferenza dell’Occidente.

12 maggio 2011, ore 13.00

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