giovedì 5 maggio 2011

Osama Bin Laden, da mujaheddin a terrorista internazionale

Nel 1972 Richard Nixon in un’intervista affermò “Dobbiamo ricordare che gli unici periodi della storia del mondo in cui abbiamo avuto lunghe fasi di pace sono stati quelli segnati dall’equilibrio della potenza. Quando una Nazione diventa infinitamente più potente rispetto ad un suo potenziale avversario cresce il pericolo di una guerra”. Una potere che non è solo forza militare, ma soprattutto capacità di intelligence e credibilità internazionale. Un monito diretto verso l’allora Seconda Potenza Militare del mondo, l’Unione sovietica e che alla fine degli anni ’80 si concretizzò. Sulla base di questi presupposti, nel 1979 gli USA tenendo conto di queste valutazioni iniziarono ad occuparsi delle sorti di un paese fino ad allora sconosciuto ai più, governato da gruppi tribali vicini ideologicamente al comunismo post Secondo Conflitto Mondiale e che improvvisamente era stato invaso dall’Unione Sovietica. Proprio in quegli anni Osama Bin Laden fu reclutato dalla CIA, scelto per giocare un ruolo determinante nella resistenza afgana contro l’Esercito sovietico. L’Intelligence USA, alleata con l’ISI pakistano, intendeva in questo modo trasformare la jihad afgana in una guerra combattuta da tutti gli Stati mussulmani contro l’Unione Sovietica e che avrebbe portato alla caduta del regime comunista, come di fatto avvenne a partire dalla fine del 1989. Dal 1982 al 1992, circa 35.000 radicali mussulmani di 40 Paesi islamici entrarono a far parte delle brigate di mujaheddin e molti altri raggiunsero il Pakistan per frequentare la più importante Università islamica dell’Asia, quella di Peshawar. Negli anni della resistenza Osama contribuì alla causa afgana sul piano operativo ed assicurando attraverso l’Arabia Saudita finanziamenti ed aiuti militari ai combattenti della jihad. La figura di Bin Laden rappresentava sempre di più un punto di riferimento per l’Intelligence degli Stati Uniti molto attiva anche nell’assicurare personale per la formazione dei guerriglieri afgani. Iniziative sviluppate con l’aiuto dell’ISI, intermediario operativo presso la base militare di Rawalpindi vicino a Peshawar, in Pakistan. Contemporaneamente si andò ad affermare e consolidare il traffico della droga raffinata nelle terre di confine fra l’Afghanistan ed il Pakistan e che avrebbero ospitato dopo l’11 settembre la prima latitanza di Osama e di tutta la leadership di Al Qaeda. Una risorsa economica per Bin Laden e che a partire dall’inizio degli anni ’90 contribuì a favorire il consolidamento dei Talebani a Kabul. Un commercio che fu favorito, come affermò nel 1985 Charles Cogan l’ex Direttore della CIA nelle operazioni afgane, per creare le alleanze necessarie e vincere la Guerra Fredda. Dopo il ritiro delle Truppe Sovietiche dall’Afghanistan la guerra civile non cessò. Gli emergenti Talebani erano sempre di più sostenuti dal Pakistan con il partito Jamiat - ul - Ulema - e - Islam (JUI) che nel 1993 entrò a far parte della coalizione di governo filo americano di Benazzir Bhutto molto legato all’ISI ed alle Forze Armate pakistane. Nel frattempo, Osama Bin Laden approfittando della contingenza del momento, aumentava la sua credibilità assicurando il reclutamento e l’addestramento di appartenenti al movimento Wahhabita saudita, destinati ad operare di lì a poco come volontari nei Balcani e nell’ex Unione Sovietica. Lo Sceicco in questo modo superava ogni possibile sospetto degli alleati occidentali e poteva creare le premesse all’azione terroristica globale. Un vecchio combattente, ricco e potente in quanto imparentato con la monarchia saudita, che si assicurava alleanze planetarie aiutando il costituendo esercito musulmano bosniaco, l’Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) ed i terroristi dell’UCK - NLA che operavano in Macedonia. Non casualmente, come ormai accertato, arrivò a stringere legami anche in Cecenia addestrando in campi di Al Qaeda in Afghanistan i principali leader della resistenza cecena, come Samil Basayev e Al Khattab. Basayev ed i suoi luogotenenti continuarono i loro cicli di formazione anche a Kost nel campo afgano di Amir Muawia istituito agli inizi degli anni ’80 con la collaborazione di Bin Laden e gestito dal famoso signore della guerra afgana, Gulbuddin Hekmatyar. Non è possibile che tutto ciò avvenisse senza che la CIA e l’alleato ISI non ne fossero a conoscenza e non ne agevolassero in qualche modo l’evoluzione. Sicuramente, quindi, durante la Guerra Fredda e nel decennio a seguire gli USA hanno consapevolmente usato ed appoggiato Osama Bin Laden considerato affidabile tanto da essere sottoposto a dialisi in un ospedale militare americano a Dubai due mesi prima dell’11 settembre. Lo Sceicco è poi sfuggito al controllo ed è riuscito a completare il suo disegno eversivo su un piano globale per colpire e minacciare tutto il mondo non islamico. Dopo l’11 settembre è diventato un nemico da abbattere anche perché proseguendo la sua opera di destabilizzazione le cellule di Al Qaeda nascevano e si radicavano nell’Africa subsahariana e nel Corno d’Africa e potrebbe anche essere stato coinvolte anche nelle attuali rivolte in Africa settentrionale, in Siria e nello Yemen. E’ stato ucciso e non catturato, probabilmente perchè custode di segreti scomodi. Da morto potrebbe diventare un simbolo ed un martire per la causa islamica contribuendo a polarizzare lo scontro fra civiltà. Probabilmente per questi motivi gli USA non vogliono ostentare “il macabro trofeo di guerra”, con una decisione che però potrebbe risultare affrettata ed errata ed innescare reazioni violente di estremisti islamici, anche se il killer Osama ha ucciso nel mondo più musulmani che non musulmani. La dichiarazione del portavoce della Casa Bianca non è comunque accettabile quando riferisce che l’immagine del morto è “una foto atroce”, mentre in altri casi ben altre atrocità sono state divulgate al mondo. Intanto i Talebani iniziano a sollevare il dubbio che Bin Laden non sia morto ed attraverso il loro portavoce Zabiullah Mujahid sollecitano gli americani “a mostrare le prove di quello che dicono”. Un messaggio che attraverso Internet è destinato a raggiungere tutti i mussulmani, dal Medio Oriente all’Indonesia. Se sarà in grado di accendere gli animi lo dirà domani la folla che si recherà nelle Moschee nel giorno della preghiera.
5 maggio 2011 - ore 16.00

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