venerdì 3 giugno 2011

Il terrorismo ed equilibrio nel Mediterraneo

Il Mediterraneo è sempre stato un modello di multiculturalità e di pluralismo religioso ed etnico. Un crocevia di culture ed ombelico naturale di collegamento con il resto del mondo. Verso Occidente attraverso Gibilterra, verso Oriente con il canale di Suez e su fino al Mar Caspio, attraverso i Dardanelli ed il Bosforo. Nei secoli le rotte marittime del Mare Nostrum, giorno dopo giorno, hanno veicolato verso l'Europa e l'intero Occidente tutto il necessario per lo sviluppo socio economico delle società industrializzate. Spezie dalle Indie, animali da soma, sementi africani, materie prime preziose e spesso anche mano d'opera a basso costo. Nel corso dei secoli i velieri sono stati sostituiti dalle petroliere e dalle pipe line ancorate sul fondo del mare per assicurare il flusso energetico. Nel tempo, con l'aumento della domanda di petrolio e di materie prime essenziali, il Mediterraneo ha iniziato, sempre di più, a raccogliere e veicolare le materie prime provenienti dal Centro Asia e dai Paesi produttori di petrolio, diretto a nord attraverso il Golfo di Aden, il Mar Rosso ed il canale di Suez. Ormai una linea interrotta di naviglio commerciale percorre quotidianamente queste rotte, costeggiando le coste settentrionali ed orientali africane ed attirando sempre di più la curiosità e l’interesse delle popolazioni rivierasche da sempre dedite solo all’agricoltura ed alla pastorizia. La maggior parte delle risorse provengono da Paesi a prevalenza islamica, come mussulmani sono gli abitanti del Corno d’Africa e della costa mediterranea africana, come gli egiziani, i libici ed i tunisini. L'importanza strategica di queste aree è cresciuta con un trend assolutamente positivo, assumendo spesso un ruolo importante sulla stabilità dell’Africa Settentrionale, Subsariana e del Centro Asia e gli avvenimenti che stanno coinvolgendo queste popolazioni dall’inizio dell’anno non hanno un futuro certo. Una volta che coloro che prenderanno il posto dei tiranni deposti inizieranno ad esercitare il governo delle popolazioni “liberate” potrebbero evidenziarsi strategie pianificate prima di quella che oggi chiamano “la primavera araba”. Qualcosa di simile di quanto accadde in Afghanistan, quando la resistenza appoggiata dall’Occidente per scacciare l’invasore sovietico si trasformò ben presto nel regime talebano, lasciando spazio a Bin Laden ed Al Qaeda. Moderne organizzazioni terroristiche potrebbero evolvere accantonando l'esplosivo e configurando una nuova minaccia verso il mondo industrializzato, attraverso forme di ricatto energetico ed economico. Non è, infatti, per nulla da sottovalutare il link sempre crescente fra ciò che è avvenuto ed avviene in Somalia e l’emergente presenza di Al Qaeda nel Maghreb africano, mentre in Yemen la rivolta aumenta ed il siriano Assad si comporta verso il suo popolo forse peggio di Geddafi. L’eversione violenta potrebbe evolvere in azioni di “violenza bianca”, portate avanti sfruttando le immense risorse economiche dei fondi sovrani islamici per colpire gli equilibri degli interessi economici dell’Europa e dell’Occidente. Una mutazione dell’eversione, che forse è già iniziata ed ormai incombe e che deve suscitare la massima attenzione per individuare immediatamente ogni forma di prevenzione che eviti un altro tsnumani mondiale come quello dell’11 settembre. Peraltro, la crisi economica globale sembra non voler diminuire in modo significativo e potrebbe in qualche modo coinvolgere anche una grande componente di popolazione islamica che in questo momento è protagonista dei movimenti di piazza che gravitano proprio sul bacino del Mediterraneo. Parte di costoro potrebbero già essere pronti ad appropriarsi della gestione globale delle risorse energetiche e delle principali materie prime, proprio esercitando il ricatto terroristico. Alleanze che potrebbero coagularsi in miscele esplosive, coinvolgendo anche nuclei eversivi motivati dalle più diverse spinte ideologiche. Eredi delle brigate Rosse italiane, dell'ETA piuttosto che i due gruppi greci del 17 novembre e della Lotta Rivoluzionaria, uniti insieme agli eredi del Fronte Algerino di Liberazione (FNL) ed alle cellule di Al Qaeda, ormai sparse nel mondo. L’evoluzione dell’attuale momento storico non è chiara. Il processo sta coinvolgendo il mondo sul piano globale ed ha come principali protagonisti molte popolazioni islamiche che si stanno interrogando sull'opportunità di procedere ad una modernizzazione dell'Islam escludendo qualsiasi contaminazione occidentale ed assegnare al mondo mussulmano il ruolo di rappresentare il principale e possibile modello futuro, unico garante della difesa “delle società degli oppressi”. L'Europa non può assistere passiva a questo processo e deve mettere da parte l’unico ruolo finora ricoperto, quello di “Holding economica”, per trasformarsi in una realtà politica significativa, in grado di gestire i propri interessi e nello stesso tempo la propria territorialità attraverso il controllo dei confini meridionali prospicienti sul Mediterraneo. Deve essere abbandonato il vecchio modello europeo basato sulle sole iniziative politiche e gestionali della Francia e della Gran Bretagna, apparentemente gli unici fra gli Stati membri in grado di esportare democrazia e stabilità nel bacino del Mediterraneo. Piuttosto, l’Unione Europea deve immediatamente farsi promotrice per favorire un’urgente integrazione di tutto l’Occidente con il mondo arabo moderato, custode di antiche culture da cui nel tempo tutto l'Occidente ha tratto vantaggio. L'Islam è una cultura antichissima che non può essere confusa semplicisticamente con il termine moderno di "movimento islamico". Invece, l’Islam moderno trova origine e motivo di essere proprio dalla continua e secolare trasformazione evolutiva di questa cultura che, a partire dal diciottesimo secolo con il Wahhabidism, inizia a configurare quello che potremmo chiamare la modernizzazione dell'Islam. Lo stesso mondo mussulmano sta dimostrando nervosismo ed è sicuramente preoccupato per quanto sta accadendo oggi sul Mediterraneo ed in Medio Oriente, in particolare per la strisciante affermazione di organizzazioni come i Fratelli Mussulmani, che sostituendosi ai tiranni del passato, potrebbero rappresentare un nuovo motivo di preoccupazione per gli equilibri mediterranei. I Fratelli Mussulmani sono da sempre sul Mediterraneo e sicuramente la "primavera araba" ha permesso loro di consolidare alleanze e posizioni in Tunisia, in Marocco, in Sudan ed in Egitto. Una realtà che il Vecchio Continente non può sottovalutare a meno di non perdere il ruolo politico fondamentale sullo scenario internazionale che la sua posizione geostrategica gli ha conferito nel corse dei secoli e che potrebbe rappresentare per il prossimo futuro l’unico ostacolo perché “novelli Osama” possano pensare di riaprire una nuova era del terrorismo internazionale.
3 giugno 2011 - 18,45
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