venerdì 16 settembre 2011

Al Qaeda non ha abbassato la guardia

Dopo dieci anni dall’attentato alle Torri Gemelle, il terrorismo internazionale è ancora vivo ed in grado di colpire. Il decennale dell’evento terroristico che ha cambiato il mondo è stato appena celebrato, ma i segnali che lo hanno preceduto e seguito non sono incoraggianti. Il messaggio video pubblicato su Internet da Ayman al – Zawahiri, per “commemorare” l’attacco nel cuore degli USA è stato chiaro. Il titolo stesso “l’alba di una vittoria imminente”, celebra il successo della primavera araba in Nord Africa e rivendica il ruolo storico di Al Qaeda per aver favorito l’escalation delle rivolta delle piazze. Nel filmato della durata di un’ora, è ricordato l’attacco alle Torri Gemelle, con parole che preannunciano una ripresa delle attività eversiva. “Sono passati dieci anni dagli attentati di New York, Washington e Pennsylvania ……..ed il popolo arabo è stato liberato dalle catene della paura e del terrore…..la Primavera araba ha dimostrato che gli arabi non temono più gli Stati Uniti e sono pronti alla riscossa….”. Frasi che molti analisti hanno interpretato come un segnale diretto alle cellule di Al Qaeda sparse nel mondo perché favoriscano qualsiasi movimento reazionario; in Asia Centrale, sulle rive del Mediterraneo e nell’Africa subsahariana. Il messaggio è stato immediatamente riscontrato da eventi che non lasciano spazio all’interpretazione. L’attacco a Kabul contro le sedi diplomatiche occidentali, il Comando della NATO e la sede della struttura di Intelligence afgana, è stato compiuto con tecniche terroristiche accompagnate da un vero e proprio coordinamento tattico di guerriglia urbana. Un atto preparato e non improvvisato da schegge impazzite. Piuttosto una dimostrazione di forza sviluppata secondo una pianificazione dettagliata e rivendicata dal network di Haqqani, una fazione afgana che coagula forze eversive locali a vecchi quaedisti. Il giorno precedente alla ricorrenza dell’11 settembre, l’assalto all’ambasciata israeliana del Cairo che ha costretto alla fuga l’ambasciatore di Yitzhak Levanon. Un’offensiva che fonti israeliane addebitano ad elementi legati a Jama’a al Islamica, movimento di fondamentalisti islamici vicino ad Al Qaeda, uscito per la prima volta allo scoperto nel 1981 quando fu ucciso il Presidente egiziano Anwar al-Sadat e protagonista nel 1997 del massacro di turisti occidentali avvenuto nella Valle delle Regine in prossimità di Luxor. Lo stesso Petraeus, da poco responsabile dell’Intelligence USA, ha recentemente manifestato la propria preoccupazione per la frammentazione di Al Qaeda con una disseminazione di cellule nel mondo fra cui un’importante presenza terroristica nella Penisola Arabica, collegata alle strutture eversive da tempo presenti in Yemen e pronta ad interfacciarsi con le componenti africane. L’ex Comandante NATO in Iraq ed in Afghanistan, invita a non sottovalutare la situazione che, secondo le sue valutazioni, è in continuo peggioramento anche per la crescente presenza di terroristici in Somalia dove, giorno dopo giorno, sorgono campi di addestramento per la formazione di potenziali terroristi, molti anche occidentali vicini all’estremismo islamico. Ad Amman i diplomatici israeliani sono stati costretti a fuggire sotto la spinta di imponenti manifestazioni di piazza. Una prova che anche la Giordania, da sempre alleata degli USA e dell’Occidente e distante dal fondamentalismo islamico, ospita ora gruppi di estremisti antioccidentali ed anti israeliani. Quello che in queste pagine è stato definito da tempo “il possibile autunno arabo”, probabilmente è prossimo ad esplodere ed a coinvolgere anche altri Paesi mussulmani moderati, proponendo nuove realtà che potrebbero influire sugli equilibri ancora instabili da poco raggiunti nelle aree mussulmane dell’Africa. Uno scenario in cui attualmente è anche protagonista il Presidente turco, Recep Tyyip Erdogan, impegnato a proporsi come guida della svolta democratica in Egitto, Tunisia, Libia a garanzia della sicurezza in tutto il Mediterraneo Occidentale. Erdogan che gestisce uno degli eserciti più potenti del mondo al quale il defunto Presidente Atatuk aveva affidato la difesa della laicità contro l’estremismo islamico, contrasta ora Israele e nello stesso tempo è pronto ad ospitare in Anatolia un potente radar con evidenti finalità anti iraniane. Un approccio ancora poco chiaro quello della Turchia che seppure proiettata verso l’Europa e membro della NATO, è improvvisamente impegnata in un approccio politico anti israeliano e vicino agli storici avversari di Tel Aviv. Una situazione molto sfumata, difficile da connotare e di cui la nuova nomenclatura di Al Qaeda potrebbe approfittare rinvigorendo la sua azione eversiva questa volta non diretta solo contro l’Occidente, ma anche pronta a colpire la stabilità di quella parte del mondo islamico moderno e moderato che tenta di affermare la laicità della politica, avulsa da qualsiasi forma di estremismo fondato che si richiami al fanatismo religioso.
16 settembre – ore 10,30

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