mercoledì 2 novembre 2011

Al Qaeda e la nuova Libia

Dall’inizio della primavera araba ed in particolare della guerra in Libia si è spesso ipotizzato e discusso sulla possibile presenza di militanti di Al Qaeda fra i protagonisti delle vicende che si sono succedute sulle coste mediterranee dell’Africa. Forse oggi ne abbiamo una conferma. Il Daily Mail ha pubblicato le foto di una bandiera dell’organizzazione terroristica che sventola sul palazzo di giustizia di Bengasi. Una fortuita circostanza, lo scherzo di un burlone ? E’ difficile esprimere una valutazione certa dell’accaduto, ma se qualcuno è arrivato fin sul tetto di un edificio governativo della Capitale della rivolta libica, ha avuto sicuramente qualche appoggio esterno. Probabilità che dovrebbe impensierire in quanto conferma la presenza di cellule di Al Qaeda sul territorio libico, peraltro guardate con simpatia. Non è il solo episodio. Il 29 ottobre un attacco terroristico è stato effettuato a Derna in Cirenaica davanti agli uffici del CNT locale. E’ esplosa un’autobomba che come riferiscono fonti locali è stata attivata da simpatizzanti di Al Qaeda. In pochi giorni due segnali che sicuramente non contribuiscono ad indurre ottimismo nell’immediato futuro della stabilizzazione nella Libia del post Gheddafi, ma confermano, invece, quanto ribadito nel tempo su un possibile ruolo attivo delle cellule terroristiche di Al Qaeda negli avvenimenti libici. E’ certo che personaggi molto vicini all’Organizzazione terroristica hanno partecipato alla guerra. Costoro sicuramente hanno avuto ed hanno legami con gli ex commilitoni che portano avanti l’eversione risiedendo nel Magreb africano. Primo fra tutti il Comandante della Brigata che ha conquistato Tripoli, Abdel Hakim Belhaj un islamico radicale protagonista della resistenza afgana, militante talebano vicino ad Al Qaeda che con il nome di battaglia di Abu Abdallah Assadaq ha partecipato da protagonista alla rivolta contro Gheddafi. Noto combattente islamista, arrestato in Tailandia nel 2004, interrogato dalla CIA e poi consegnato alle autorità libiche è stato rilasciato poi dalla polizia anche se erano conclamati i suoi stretti legami con Al Qaeda e con lo stesso mullah Omar. Belhadj ha anche operato in Iraq ed è rimasto sempre in collegamento con le cellule eversive presenti a Bengasi e Derna, due città che nel tempo hanno fornito all’eversione irachena un consistente numero di combattenti, superiore a quelli arrivati dall’Arabia Saudita. I reduci libici tornati dall’Iraq e le strutture di Al Qaeda operanti nel Paese e nel vicino Maghreb, hanno sicuramente approfittato della situazione di belligeranza per rifornirsi di materiale bellico e potrebbero essere entrati in possesso di armi non convenzionali. Munizionamento chimico e scorie radioattive nascoste nel deserto libico come confermato dai ritrovamenti dichiarati ufficialmente di volta in volta dal CNT durante l’appoggio NATO ed ora negate da Mustafà Abd al- Jalil, attuale Capo di Stato (ad interim) della Libia. Le dichiarazioni di Abd al- Jalil non convincono in quanto dal 2007 pedina importante dello Staff di Gheddafi quale Ministro della Giustizia, non poteva non sapere o quanto meno sospettare della disponibilità da parte di Gheddafi di aggressivi chimici e di scorie nucleari. Non averne smentita la loro esistenza durante la guerra ed averlo fatto solo ora che l’ONU sembra voler coinvolgere l’Agenzia Atomica Internazionale, non depone sicuramente a suo favore. Un comportamento non limpido quello dell’attuale responsabile della delicata transizione libica che, peraltro, per le sue pregresse esperienze giuridiche, prima come Presidente di Tribunale poi come Guardasigilli, non può non conoscere il curriculum di Abdel Hakim Belhaj, da lui stesso designato Comandante di un’importante Brigata dell’esercito rivoluzionario libico e nominato recentemente Consigliere Militare di Tripoli. Non è azzardato ipotizzare che la Libia stia per vivere un periodo buio, molto vicino all’era irachena dell’immediato post Saddam, che potrebbe essere anche complicato dalle realtà tribali molto influenti nel Paese. La Nazione potrebbe scivolare verso una situazione simile a quella dell’Afghanistan immediatamente l’invasione sovietica ed, al limite, vicina alla realtà della Somalia del post Siad Barre. Se ciò avvenisse la comunità internazionale non ne guadagnerà in termini di sicurezza globale e di stabilità dell’area mediterranea.
02 novembre 2011 – ore 12.00

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