domenica 28 ottobre 2012

Il Diritto Internazionale non può essere interpretato

Ormai tutti conosciamo la triste vicenda che coinvolge da otto mesi i nostri Fucilieri di Marina del reggimento S.Marco. Varie le opinioni che vengono di volta espresse sulla vicenda, alcune estreme e non sempre condivisibili, comunque opinioni assolutamente da rispettare. Fra i tanti pensieri, uno particolarmente incisivo della dottoressa Giuliana Sgrena ha trovato risonanza nel web ed é stato oggetto di molte reazioni sul social network Facebook (FB).

Oggi Giuliana Sgrena ha creduto opportuno fare alcune precisazioni pubblicate su "global list" (http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=35217&typeb=0&Non-contro-i-maro-ma-per-la-giustizia-Per-tutti) intitolato " Non contro i marò, ma per la giustizia". In risposta alle reazioni violente alla mia presa di posizione sulla Ferrari. Sbaglia chi ritiene che io voglia la condanna di Latorre e Girone. [Giuliana Sgrena]

Non possiamo che ringraziare l'autrice alla quale, peró, devo anche io una doverosa precisazione avendo postato su FB personali valutazioni, non sempre positive,  sulle Sue precedenti affermazioni.

  Scrivo quindi : Gentilissima dottoressa ho letto la Sua cortese precisazione e ne prendo atto come cittadino italiano e come ex Ufficiale dell'Esercito. Non entro nel merito perché in una democrazia consolidata come la nostra ognuno di noi ha la libertà di poter esprimere il proprio pensiero.

Una fortuna per noi e per le generazioni future,  forse anche garantita da chi in giro nel mondo rischia la vita indossando un'uniforme per garantire e/o ripristinare la Pace. Soldati che partecipano ad operazioni internazionali svolte solo l'egida o a seguito di risoluzioni delle Nazioni Unite, Organizzazione Internazionale sicuramente garante dei diritti umani e dell'applicazione del diritto umanitario e delle Convenzioni sottoscritte dalle varie Nazioni del Pianeta.

In un mondo globale le regole vanno rispettate, però, quando Lei scrive "Quello che mi sembra legittimo da parte degli indiani è insistere per l'accertamento della verità, che dovrebbe anche essere nell'interesse dell'Italia e della Marina militare ",  non è del tutto esatto.

É sicuramente lecito e soprattutto eticamente condivisibile che gli indiani pretendano di accertare la verità, aspirazione che, però, deve essere soddisfatta nel rispetto del Diritto Internazionale  che prevede, nella fattispecie, l'attribuzione di competenza ai Tribunali italiani,  anche nel rispetto di accordi internazionali sottoscritti anche dall'India. 

Se non altro perché sono coinvolti due militari di uno Stato sovrano chiamati ad assolvere un compito assegnato dall'Autoritá del proprio Paese. Spero che non me ne voglia, se ho voluto precisare.  Rimango a Sua disposizione per qualsiasi altro approfondimento. Grazie
 
28 ottobre 2012 , ore 20,00

 

 

venerdì 12 ottobre 2012

Fucilieri di Marina del reggimento S.Marco. Dopo otto mesi ancora in ostaggio dell’India


Sono otto mesi che i nostri militari sono in ostaggio dell’India: Nessuna sentenza, nessuna decisione da parte indiana. Massimo l’impegno delle nostre Istituzioni ma nulla di concreto sembra affacciarsi al’orizzonte.

Chiediamo un pronunciamento del Presidente della Repubblica designato dall’articolo 87 della nostra Costituzione di cui è peraltro garante : “Comandante Supremo delle Forze Armate”.

Attendiamo con ansia una risposta del capo dello Stato

 

Roma 12 ottobre 2012

LETTERA APERTA

 

ALL’ESIMIO SIGNOR PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

          GIORGIO NAPOLITANO (fax. 0646993125)
________________

Signor Presidente,

 
sono il Gen. Brig. (ris) Fernando Termentini,  ormai in quiescenza dopo quaranta anni  di servizio. Nel corso della mia vita professionale ho sempre cercato di impegnarmi con responsabilità e senso etico perché il prestigio dell’Italia non fosse mai messo in dubbio, spesso in condizioni molto difficili ed in aree del mondo minacciate da conflitti armati e/o etnici. Quasi sempre con compiti impegnativi per raggiungere lo scopo di riconsegnare alle popolazioni locali il diritto di vivere in ambienti sicuri per la crescita ed eliminando qualsiasi minaccia alla loro sicurezza personale. Tutto anche e soprattutto nell’ottica di riconsegnare a loro il diritto dell’uomo prevalente su tutto.


Un impegno che ho continuato a portare avanti dopo che ho lasciato il servizio occupandomi di attività di volontariato connesse alla mia pregressa esperienza professionale e proprie del “Terzo  settore”, fino al momento in cui non sono stato fermato da importanti e gravi problemi fisici, tutti riconducibili alle mie attività professionali in uniforme.

Da febbraio, come anche mi ero permesso di rappresentarLe con un fax del 24 marzo 2012, il mio senso dello Stato e la mia etica morale di ex Comandante mi hanno indotto a dedicarmi alla sorte dei due nostri Fucilieri di Marina del reggimento S.Marco, ormai in ostaggio dell’India da otto mesi. Continuo a farlo congiuntamente ad un nutrito gruppo di cittadini italiani (quasi 100.000) inscritti in gruppi del social network Facebook, che con me condividono le ansie per due nostri militari.

Cittadini in uniforme che come tanti altri hanno deciso di impegnarsi per lo Stato anche a rischio della propria vita, incappati in eventi eccezionali durante un’azione di anti pirateria marittima perché impegnati a difendere una nave civile battente Bandiera nazionale ed in navigazione in acque internazionali.

Ormai da otto mesi, come Ella è sicuramente informato, i nostri militari e tutti noi aspettiamo le decisioni di vari Tribunali indiani, a livello Centrale e Federale, ma settimana dopo settimana gli annunciati verdetti sono rimandati senza che peraltro sia reso noto il motivo. Uno stillicidio che mi permetto di sottoscrivere offende la nostra Nazione e le nostre Forze Armate e che va avanti nonostante l’impegno della nostra Diplomazia e dei Ministri responsabili istituzionalmente della gestione del problema.

Si era certi che il verdetto fosse ufficializzato il 10 o 11 ottobre anche per notizie di fonti ufficiali avvalorate dai media che hanno dato spazio alla vicenda. Invece, nel primo pomeriggio dell’11 ottobre, la  notizia,  confermata dal Sig. Ministro Terzi,  che probabilmente non si avrá una sentenza prima dell'8 novembre. Un ennesimo rinvio assolutamente imprevisto ed il cui esito è stato accolto con assoluto scetticismo.   

Si è configurata di fatto una situazione abnorme che potrebbe rappresentare un precedente pericoloso per la tutela dei nostri militari impiegati in missioni all’Estero, qualora coinvolti, loro malgrado,  in possibili e difficili eventi connessi al loro compito istituzionale. Timori sicuramente esagerati ma giustificati e destinati a radicarsi in chi è impegnato a servire lo Stato anche a rischio della propria vita,  se venissero a mancare segnali precisi delle Istituzioni.

 Ho, quindi, deciso di formulare a Lei,  signor Presidente, una richiesta. La petizione di un cittadino italiano e di un ex militare che non ha dimenticato i valori etici che connotano la nostra Nazione che ha deciso di rivolgersi al Suo Presidente, Garante della nostra Costituzione e Comandante delle Forze Armate. Un’esigenza condivisa con moltissimi ex commilitoni e con tantissimi cittadini italiani.

Le chiedo un semplice segnale da dare  alla Nazione ed ai nostri militari indebitamente trattenuti da uno Stato estero, che aiuti a tutti ad avere ancora fiducia nello Stato, peraltro in un momento particolare della nostra storia nazionale caratterizzata da un decadimento dei valori etici e sociali. Non in ultimo un Suo messaggio personale al Presidente dell’India anche – se del caso - coinvolgendo un’italiana vicina ai vertici politici indiani, la Signora Sonia Maino Gandhi, perché si arrivi ad una rapida conclusione della vicenda nel pieno respetto del Diritto Internazionale. Un impulso che potrebbe anche catalizzare favorevolmente lo sforzo posto in essere dalle altre Istituzioni dello Stato impegnate nello specifico.

Fin dall'inizio di questa vicenda Lei non  ha mai abbandonato la sorte dei nostri due Fucilieri di Marina ma, forse ora, alla luce delle notizie poco rassicuranti che si stanno accavallano, sarebbe auspicabile un Suo inequivocabile segnale.

Sicuro della Sua comprensione, confido in Lei Signor Presidente come ogni militare farebbe al bisogno con il proprio Comandante, certo di interpretare il pensiero di moltissimi italiani ed in particolare di coloro che in uniforme difendono gli interessi nazionali lontani dalle loro famiglie ed a rischio della propria vita.

Signor Presidente, Le chiedo scusa se Le ho sottratto del tempo prezioso ma l’ho fatto con l’intento di rendere Lei partecipe delle emozioni che in questo momento coinvolgono moltissimi italiani per la vicenda dei nostri militari ormai da otto mesi  lontani dall'Italia e dall'affetto delle loro famiglie.

Distinti e rispettosi ossequi

Gen.Brig. (ris) Dott. Fernando TERMENTINI
 

 

 

 

 

venerdì 5 ottobre 2012

L’infinta prigionia dei nostri militari in India


Da otto mesi continua un inspiegabile atto coercitivo dell’India nei confronti di personale militare di  uno Stato sovrano, l’Italia. I motivi non sono chiaramente individuabili  anche per la quasi totale assenza di informazioni ufficiali, per cui si è deciso di ripercorrere la vicenda facendo riferimento alle sole notizie disponibili, purtroppo non sempre chiare ed esaustive.

Un’esigenza per cercare di capire meglio un problema che riguarda esponenti delle nostre Forze Armate, simbolo e garanzia di democrazia.

Un esame che ha rinnovato una serie di dubbi su come è stato regolato e poi gestito l’impiego di militari con funzioni di antipirateria marittima a favore di naviglio commerciale nazionale compreso il management tecnico del contrasto della minaccia specifica (regole di ingaggio), la consegna dei nostri militari alle Autorità indiane ed l’intero governo degli eventi immediatamente successivi all’atto di imperio indiano nei confronti dell’Italia, esercitato disconoscendo qualsiasi regola del diritto internazionale e delle specifiche convenzioni sottoscritte in ambito Nazioni Unite.

Valutazioni che naturalmente derivano da analisi deduttive dei fatti non essendo disponibili riscontri oggettivi che possano configurare meglio gli eventi e che aiutino a conclusioni  supportate da comparazioni tecniche specifiche su quanto addebitato dagli indiani ai nostri Fucilieri di Marina.

Una serie di domande che purtroppo ancora non trovano risposta ufficiale, spesso negata per motivi di riservatezza, ragioni ormai forse esasperate dopo otto mesi dagli eventi ed in prossimità di una sentenza della Corte Suprema indiana.

Prima fra tutti in termini temporali e soprattutto per la valenza che ha avuto sulla successione degli eventi,  il motivo per cui la Enrica Lexie ha abbandonato le acque internazionali per fare rientro sul porto di Koci a seguito della richiesta indiana fatta al Comandante della nave. Fin dal primo momento è stato reso pubblico che la decisione del Comandante era stata presa dopo una consultazione con l'armatore che sembra avesse importanti rapporti commerciali con l’India, senza coinvolgere lo Stato Maggiore della Marina e l’Unità di Crisi della Farnesina, se non altro per un auspicabile e comprensibile coordinamento trasversale e condivisione delle decisioni.

La prima mossa errata e di fondamentale valenza per l’intera vicenda,  ancora tutta da chiarire e che  è avvenuta con ogni probabilità per una scarsa chiarezza e completezza di quelli che sarebbero dovuti essere gli auspicabili accordi attuativi  fra i Dicasteri interessati e gli armatori per dare corso ai contenuti del D.L. del 12 luglio 2011 sulla lotta anti pirateria. Il Decreto prevede, infatti all’articolo 5 che “…..al Capo Nucleo fa capo la responsabilità esclusiva dell’attività di contrasto militare alla pirateria ed al personale da esso dipendente sono attribuite le funzioni rispettivamente di ufficiale e di agente di polizia giudiziaria……”.

Il Decreto, non definisce, però e per quanto dato da capire,  a chi faccia capo la gestione ed il coordinamento dell’emergenza nel suo complesso.

Un disposto di Legge che peraltro cerca di affrontare e chiarire nel dettaglio solo gli aspetti economici del concorso militare  a favore degli armatori, ma poco o nulla dettaglia sulle eventuali deroghe al diritto internazionale di navigazione che potessero garantire ai nostri militari una gestione completa e professionale dell’evento altrimenti affidata a personale della Marina Mercantile, sicuramente non abituato al management anche della sola difesa passiva che occorre modulare con le azioni di contrasto attivo al  momento dell’emergenza.  

Come accennato, otto mesi di silenzio , di basso profilo e di appelli continui alla riservatezza, rotti talvolta però da estemporanee dichiarazioni come quella datata 18 maggio 2012 del Sottosegretario agli Esteri De Mistura quando ha detto ad una televisione indiana “"Essi (i marò italiani) avevano cercato di mandare dei segnali. Hanno sparato nell'acqua e hanno sparato dei colpi di avvertimento, alcuni dei quali sono andati nella direzione sbagliata". Egli ha descritto la morte dei due pescatori causata dagli spari come una "uccisione accidentale" e uno "sfortunato incidente di cui tutti si rammaricano. I nostri marines non avrebbero mai voluto che accadesse, ma purtroppo è avvenuto" (ndr traduzione dall’inglese).

Pensieri o convinzioni personali che hanno rotto all’improvviso un silenzio assordante, sicuramente travalicando i limiti di un low profile continuamente ripetuto e raccomandato proprio dal Ministero degli Affari Esteri e che, forse,  sarebbe stato meglio evitare di esternare in un momento in cui la fase istruttoria era in corso e si stava delineando un futuro difficile per i nostri  militari.  

Inoltre, voci dell’ultima ora sono abbastanza preoccupanti. Sembrano, infatti,  riemergere riflessioni anche a livello istituzionale sull’ipotesi che quanto contestato dalle Autorità del Kerala ai nostri militari possa trovare una qualche rispondenza nei fatti avvenuti.

Un’interpretazione  degli eventi comunque tutta da provare e riscontrare sulla base di elementi oggettivi che sembra siano in possesso solo delle Autorità indiane,  peraltro acquisiti, come dato da capire,  senza nessun contraddittorio tecnico / giuridico nell’assoluta garanzia dei vincoli imposti dal diritto nazionale italiano.

Se invece siamo solo a livello ipotesi forse in questo momento sarebbe opportuno nemmeno delinearla in quanto potrebbe influire negativamente sulla situazione dei due nostri militari e comunque sarebbe giustificabile solo se indotta da conoscenza particolari ad altri non note o da deduzioni conseguenti a decisioni o iniziative di Tribunali italiani.  

Peraltro, qualsiasi congettura di questo genere, tutta da verificare, contribuirebbe ad intaccare la fiducia e la certezza della tutela nazionale, in tutti coloro che vestendo un’uniforme sono impegnati sul territorio nazionale e Fuori Area per mantenere alto il prestigio dell’Italia e per garantire la sicurezza diretta ed indiretta ai proprio concittadini.

Posizioni che se emergessero dovrebbero essere inequivocabilmente chiarite per non intaccare l’Onore ed il prestigio delle nostre Forze Armate che meritano il rispetto e la considerazione che tutte le altre Nazioni del mondo custodi di tradizioni democratiche ripongono nei propri soldati.

Una prima serie di dubbi che si propongono certi di non travalicare nessun obbligo di riservatezza,  in quanto parte di pochi fatti resi noti a tutti dai media nazionali ed internazionali.

5 ottobre 2012, 1200