martedì 23 aprile 2013

Terrorismo : la minaccia delle cellule dormienti


La minaccia di cellule dormienti vicine al terrorismo internazionale e sparse del mondo, di cui spesso si è parlato in queste pagine, diventa sempre di più una realtà  concreta. L’attentato di Boston sembra confermarlo insieme a quello sventato ieri in Canada dove la polizia di Toronto ha arrestato due sospetti terroristi che pianificavano un’azione eversiva contro  la linea ferroviaria che collega il Canada agli USA.  

Dzhokhar Tsarnaev, uno dei due fratelli che hanno compiuto l’attentato di Boston inizia a fornire informazioni e fonti attendibili statunitensi riferiscono che sempre di più emerge la certezza che i due fratelli non abbiano agito da soli. Una convinzione,  che oltre a derivare dalle prime ammissioni del ferito è confermata dalla natura degli attivatori elettronici temporizzati che hanno provocato l’esplosione. Sistemi probabilmente forniti da qualcuno in quanto  troppo sofisticati per essere stati auto costruiti e troppo costosi,. Varie notizie confermano, infatti,  che gli inquirenti stiano dando la caccia ad una cellula eversiva “dormiente” composta da circa 12 persone a cui dovrebbero aver fatto riferimento i due fratelli e che potrebbe avere programmato anche altri attentati.

L’ipotesi del collegamento dei due fratelli con una struttura organizzata è confermata anche dal numero di armi ed esplosivo rinvenuti a casa degli attentatori, cittadini naturalizzati americani che però non potevano acquistare legalmente armi. Tamerlan il maggiore dei due ucciso durante lo scontro a fuoco con l’FBI, aveva qualche precedente penale che gli impediva di ottenere il permesso di acquisto e detenzione, Dzhokhar, invece, non aveva ancora compiuto i 21 anni, età minima per poter acquistare un fucile od una pistola.

Negli inquirenti statunitensi si consolida, quindi, sempre di più la certezza che i due potessero fare riferimento ad una struttura eversiva che li abbia addestrati e sostenuti logisticamente, programmata per entrare in azione “su ordine” con procedure pianificate. Vari i motivi fra cui uno in particolare.  Il tentativo dei due caucasici, subito l’attentato sul luogo della maratona,  di entrare nel  Massachusetts Institute of Technology (MIT) dopo aver ucciso una guardia giurata. Un atto inspiegabile per due terroristici che fuggivano dal sito di un primo attentato se non motivato dal fatto che probabilmente stavano cercando di colpire un altro obiettivo di una serie loro assegnata.

Mentre negli USA si continua ad indagare ieri,  in Canada,  la polizia ha arrestato Chiheb Esseghair e Raed Jaser accusandoli di pianificare un attentato alla ferroviaria che da Toronto arriva a New York e sospettati di operare “per conto o in associazione con un gruppo terroristico. 

Sembra che non ci siano legami con gli accadimenti di Boston ma il fatto che la Polizia canadese abbia operato in stretto collegamento con l’intelligence USA lascia pensare altro. Peraltro fonti ufficiali dei due Paesi hanno informato che gli arrestati in Ontario e nel Quebec erano da tempo sotto “monitoraggio” e stavano preparando un grande attacco terroristico con obiettivo le linee ferroviarie canadesi ed erano sospettati di essere supportati da cellule di Al Qaeda collegate con una struttura operante in Iran.

Un complotto sventato in stretta successione ai fatti di Boston e che ricorda molto il fallito attentato a Toronto nell’estate del 2006 quando furono arrestate 18 persone imputate di pianificare e progettare attacchi alla Peace Tower sulla collina del Parlamento ed alla borsa di Toronto, nonché alla vita del Primo Ministro ed altri politici canadesi.

Due episodi, l’attentato riuscito a Boston e quello sventato in Canada,  che non sarebbero collegati fra loro ma che confermano la presenza di cellule terroristiche sparse nel mondo, motivate da analoghe ideologie e fanatismo religioso ed unite da un network silente ma pronto ad attivarsi.

 I terroristi fermati in Canada erano in procinto di rendere operativa una delle principali direttive di Osama Bin Laden riportata in uno documento fra i vari rinvenuti ad Abbottabad: “colpire le linee ferroviarie in qualsiasi modo …..” . Una disposizione già applicata a Madrid e nella metropolitana di Londra e che si somma a quelle più generiche impartite nel tempo da Osama: colpire l’America e l’Occidente con atti eclatanti diretti contro la popolazione, come quanto avvenuto a Boston.

Una conferma che il network del terrorismo è ancora attivo e strutturato in modo tale da attivare le cellule dormienti sparse nel mondo anche solo con semplici ed anonimi messaggi di carattere generale diramati sul Web. Piccole unità collegate fra loro e gestite da una struttura gerarchico funzionale con al vertice  “dirigenti” della vecchia nomenclatura jihadista, molti dei quali rifugiati proprio in Iran dove vivono ed operano in strutture protette, collegati ad altri esponenti presenti in Medio Oriente e nell’Africa Subsahariana.

Nuclei continuamente rinforzati anche attraverso i flussi di clandestini apparentemente in fuga da zone di guerra e da combattenti della jihad in corso che vede protagonisti i sunniti contro gli sciiti appoggiati da Teheran. Mujaheddin protagonisti nelle stragi in Iraq, nella lotta contro i ribelli in Siria, nelle faide delle Aree Tribali pakistane, in Malì, in Somalia da parte degli Al Shebab, in Libia per mano delle cellule di Al Qaida da tempo consolidate nelle alture della Cirenaica. “Fratelli” degli eredi  di Al Qaeda come i movimenti salafiti in Nord Africa ed in  Medio Oriente impegnati a diffondere ed imporre l’islamismo radicale.

Estremisti come i Boko Haram che significa testualmente  “l’educazione occidentale è peccato”,  che operano nelle regioni nord-orientali della Nigeria, dominate dall’etnia Hausa a maggioranza musulmana impegnati quotidianamente in stragi contro le comunità cristiane locali.

Una presenza integrata dal radicalismo islamico europeo con protagonisti bosniaci o ceceni cittadini del nuovo Stato fondato il 31 ottobre del 2006 da Dokka Abu Usman.  “L’Emirato del Caucaso”, entità virtuale con  l’obiettivo di raggruppare tutta la regione del Caucaso settentrionale in un unico stato musulmano, ricorrendo all’uso della forza nell’assoluto rispetto dell’Islam più radicale.

Gente preparata alla guerriglia ed all’eversione terroristica basata sull’attentato, pronti ad essere “imprestati” alle cellule dormienti già consolidate in Occidente per essere usati in operazioni contro il comune nemico della jihad islamica, gli Stati Uniti d’America.

Minaccia costante, difficile da individuare e motivo di pressante e costante ricatto all’Occidente ed alla sicurezza internazionale, rappresentata da piccole unità di quaedisti in possesso, però, di elevato valore intrinseco, qualora utilizzati in “baratti” fra Islam radicale ed occidente. 

23 aprile 2013, 13,00

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