mercoledì 8 maggio 2013

Al Qaeda ritorna in Libia


Al Qaeda non ha mai abbandonato la Libia. Gruppi estremistici erano presenti in Cirenaica fin dal 1990. Inizialmente raggruppati nel Gruppo Combattente Islamico Libico, militanti libici salafiti  poi confluiti in Al Qaeda, molti dei quali attivi protagonisti delle azioni terroristiche in Iraq contro gli USA.

Aggregazioni rimpinguate da un flusso continuo di nuovi elementi fatti confluire in area dal successore di Bin Laden, Ayman al Zawahiri, approfittando dei momenti caotici della guerra civile libica e nel momento in cui i lealisti fedeli a Gheddafi iniziavano a perdere il controllo di vaste aree del territorio. 

Gruppi consistenti di estremisti che approfittando della disfatta di Gheddafi nel tempo si sono appropriati di numeroso materiale bellico del disciolto esercito lealista. Armi, munizioni ed esplosivi di ultima generazione, parte consistente dello strumento militare di Gheddafi, risorse smistate a favore di gruppi eversivi presenti in Mali, in Algeria ed ora anche arrivate in Siria.  Scorte inesauribili a disposizione di quello che era stato uno degli Eserciti meglio equipaggiati, con ogni probabilità anche arricchite da armamento chimico già a disposizione del Rais e concentrato in depositi ai confini con il TChiad.

Oggi è confermato che numerosissimi elementi di jihadisti attivi durante la guerra civile libica sono passati a far parte della struttura eversiva dell’AQIM (L'Al-Qaeda nel islamica del Maghreb), che sarebbe in procinto di consolidare il suo Quartier Generale proprio in Libia.

Combattenti islamici a cui si stanno aggiungendo  moltissimi miliziani di Al Qaeda costretti a lasciare il Mali  dopo l’intervento francese e che si vanno attestando in campi di addestramento in territorio libico sotto lo sguardo assente di Tripoli.

Una logica conseguenza delle vicende che hanno sconvolto la Libia e tutta l’area dell’Africa settentrionale mediterranea, in conseguenza della “Primavera Araba”. Realtà ipotizzata in queste pagine fin dal febbraio 2012(http://fernandotermentini.blogspot.it/2012/02/libia-un-dopoguerra-incerto-come-quello.html) e forse sottovalutata dell’Occidente, in particolare dall’Europa sempre di più minacciata da compagini eversive  ormai attestate a ridosso dei suoi confini meridionali e prossime a consolidarsi sulle sponde sud orientali del Mediterraneo.
Avvenimenti che si ripetono nel tempo come quanto avvenuto in Afghanistan alla fine dell’invasione dell’ex Unione Sovietica a partire dal marzo 1989, quando, subito dopo l’uscita dei sovietici dal Paese asiatico, una consistente compagine di mujaheddin,in precedenza aiutata ed addestrata dall’Occidente e dal Pakistan nel contrasto “all’Armata Rossa”,  sarebbe diventata il cuore del network del terrorismo internazionale gestito da Bin Laden. 

In Libia quasi certamente sta avvenendo qualcosa di analogo. Le cellule salafite della Cirenaica hanno contribuito alla fine di Gheddafi per poi strutturarsi per permeare la realtà libica. Un rischio confermato anche dalle dichiarazioni del Presidente del TCiad Idriss Deby che recentemente ha espresso la propria preoccupazione per l’inerzia del Governo di Tripoli nei confronti di questi gruppi radicali che si stanno riorganizzando usando la Libia come futuro terreno di addestramento di nuove milizie terroristiche.

Il momento è, peraltro, favorevole considerando l’estrema instabilità che sta vivendo la Libia. Cirenaica e Fezzan sono da tempo fuori controllo  ed in tutto il Paese e particolarmente in  Tripolitania, le storiche tribù libiche si stanno imponendo per ottenere il controllo dei principali settori della vita pubblica.

Segnali non incoraggianti, suffragati anche da quanto sta avvenendo in ambito del Governo locale. Membri importanti dell’Esecutivo libico sono, infatti,  oggetto di pressioni da parte delle cellule radicali fino al punto che due giorni orsono il Ministro della Difesa Mohamed al-Barghati ha dato le dimissioni, poi rientrate su richiesta del Premier libico. Anche il Ministro della Giustizia, Salah al-Marghani denuncia forme di intimidazione, come la presenza che pick-up di miliziani armati di mitragliere antiaeree che minacciano il palazzo di Giustizia.

Tutti episodi che, in qualche modo, inducono a pensare che forse in Libia lo Stato è in procinto di arrendersi al ricatto di queste milizie. 

Una serie di vicende che dovrebbero preoccupare ed impegnare immediatamente la comunità internazionale in quanto potrebbero riportare il Paese nel caos e favorire l’affermazione ed il consolidamento di una nuova struttura eversiva in grado di esercitare un ricatto terroristico globale, ben superiore a quello posto in essere da Bin Laden.

Le strutture terroristiche presenti in Libia armate ed equipaggiate con moderno materiale bellico anche ”non convenzionale” reperito negli arsenali di Gheddafi, potrebbero, infatti, attivare un network criminale coinvolgendo tutte le forze radicali islamiste presenti nell’area, a partire dagli Al Shabaab attivi in Somalia, per rivitalizzare in maniera esponenziale nel Golfo di Aden le azioni di pirateria marittima.

Una minaccia per l’economia occidentale ed in particolare per quella europea. Ben più distruttiva degli attacchi terroristici alle Torri Gemelle in quanto una volta consolidata potrebbe sconvolgere il flusso commerciale di materie prime e di risorse energetiche che  dall’Asia e dall’Africa sono destinate a raggiungere l’Europa attraverso il canale di Suez, peraltro sempre più controllato da formazioni politiche radicali vicine ai Fratelli Mussulmani.
  
Roma 08 marzo 2013, ore 12,30







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