martedì 23 luglio 2013

La prudenza non è mai superflua !


ADNKRONOS 22 luglio 2013, “Caso Marò: Mauro processo a fine agosto prenderà un paio di mesi. “Li vogliamo a casa con onore”


Ringraziamo il Ministro della Difesa per aver voluto rompere il silenzio che assurdamente era calato sulla vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e per aver espresso una previsione abbastanza certa sul loro rientro accompagnata da un auspicio sicuramente condiviso da centinaia di migliaia di italiani:  “li vogliamo a casa con onore” .

Un ottimismo che si evince essere indotto nel Ministro da come viene gestita sul piano diplomatico la vicenda nel momento che la sua intervista rilasciata a “24  mattina” su Radio 24 , continua con l’affermazione “Bisogna essere prudenti  - avverte il Ministro – ma Staffan De Mistura è uno dei diplomatici più esperti ed uno dei migliori uomini che abbiamo ….”.

Parole che, però,  lasciano  perplessi. Sono, infatti, trascorsi 520 giorni da quando l’ex Sottosegretario agli Esteri De Mistura ha iniziato ad occuparsi della sorte dei due Marò e costoro sono ancora in ostaggio dell’India.

E’ fuori di dubbio la valenza professionale del dott. De Mistura, ma forse il Ministro della Difesa ha un po’ esagerato, considerati i risultati fino ad ora raggiunti e il noto e consolidato valore della diplomazia italiana in ambito internazionale, i cui rappresentati non meritano di essere “short listati” secondi a nessuno.

Tanti i diplomatici nei diversi ranghi impegnati in varie parti del mondo ed in aree di estrema crisi, per risolvere piccoli grandi problemi, con risultati degni di rispetto e considerazione come la storia del nostro Paese ci tramanda.

Altrettanto nutrita la  schiera di professionisti esperti di problemi internazionali, anche titolari di Master di specializzazione conseguiti in prestigiose Università italiane ed altrettanto prestigiosi Istituti di formazione internazione come, ad esempio,  la Scuola  Sant’Anna di Pisa o presso autorevoli Centri europei ed internazionali. Specialisti nella gestione dei conflitti ed in attività di mediazione, a cui fanno spessissimo riferimento le stesse Nazioni Unite e l’OSCE , impegnandoli in aree di crisi ed ad alto rischio.

Auguriamoci, quindi che i nostri Fucilieri di Marina rientrino al più presto e con onore in Italia, ma nello stesso tempo siamo prudenti nel dare per acquisiti da chicchessia successi che fino ad ora tali non sono stati tali.

E’ vero Signor Ministro è opportuno essere prudenti, ma su tutto !

23 luglio 2013-  15,00

domenica 21 luglio 2013

La “Farnesina” è ancora necessaria ?


Il 19 luglio Ezio Mauro pubblica sul quotidiano ”La Repubblica” un articolo sulla vicenda dei due Marò  titolato  “L’Italia cede alla condanna pur di farli tornare presto a casa”

Con assoluta modestia  mi permetto di non concordare sul titolo che forse sarebbe stato più appropriato se espresso, ad esempio, con parole, “L’Italia non è in grado di pretendere che i due Marò siano giudicati in Patria e preferisce cedere al ricatto indiano”.

Uno scritto che ci informa fra l’altro “La Bonino spera per Natale. L’India : stiamo superando  gli ostacoli”. Immediata la domanda su quale certezza il Ministro Bonino fonda la sua speranza che Massimiliano e Salvatore ritorneranno a Natale. Se il Suo convincimento deriva da promesse indiane sarei molto cauto nell’accettarne i contenuti.

Sarei, invece, molto confuso se il pensiero del Ministro fosse  indotto dalla sicurezza derivata dalle famose “regole di ingaggio” concordate con l’India come ci ha informato alcune settimane orsono i Vice Ministro Pistilli e si dia per scontato che rientrino con i “ceppi ai polsi” dopo una condanna.

Uno smarrimento che mi spinge a proporre, seppure come soluzione limite, che forse è arrivato il momento che nel quadro del processo italiano di  ”Spending Review”, sia ridotto al minimo il Ministero degli Affari Esteri in considerazione dell’efficacia diplomatica delle sue azioni a fronte di consistenti spese gestionali e funzionali.. Magari, limitarne le funzioni  alla sola gestione amministrativa dei visti turistici o d’affari.

Un’amara considerazione che deriva dalla constatazione  che coloro a cui è affidata l’affermazione della sovranità nazionale all’estero, molla essenziale per amplificare le potenzialità e l’affidabilità nazionale in termini politici ed economici, da tempo dimostrano di prediligere soluzioni di compromesso piuttosto che di fermezza.

Nel caso dei due Marò abbiamo accettato l’altalena decisionale e dilazionatoria imposta dall’India, rinunciato ai nostri diritti previsti in ambito Internazionale, non in ultimo astenendoci di affidare il giudizio a parti terze attraverso un arbitrato internazionale. Si è preferito, invece, accettare che a due militari italiani non fosse riconosciuta l’immunità funzionale lasciandoli in ostaggio da più di 500 giorno ad uno Stato terzo.  Scegliere la strada “del minore dei mali” non è vincente nella maggior parte delle controversie internazionali prediligendo un  approccio pragmatico e semplicistico  che può essere accettabile nella gestione politica di piccoli fatti interni, ma sicuramente non  condivisibile quando la controversia coinvolge in bilaterale due Stati sovrani.  

Nei rapporti del Karzakistan, come emerge giorno dopo giorno ed anche confermato dalle parole del Presidente della Repubblica,  abbiamo quasi obbedito alle richieste  di un diplomatico straniero accreditato a Roma senza essere nemmeno preparati a farlo,  se  è vero che nessuno degli apparati dello Stato a cui è affidata la sicurezza nazionale fosse a conoscenza che un “esule” ricercato dall’Interpol vivesse a Roma. In questo caso, nessuna responsabilità della Farnesina,  ma perplessità che dopo quasi un mese il MAE non abbia espresso il “non gradimento” per l’Ambasciatore kazako ed avviato le pratiche di rimpatrio, dandone notizia alla Nazione..

Infine, un agente della CIA catturato a  Panama  in seguito ad un mandato internazionale emesso dall’Italia, dopo appena 24 ore viene rilasciato e riconsegnato al proprio Stato che rivendica giustamente per il suo cittadino “l’immunità funzionale all’epoca dei fatti”.

Forse, anche in questo caso è mancata un’auspicabile azione diplomatica a Panama ed a Washington coordinata da Roma, per ottenere almeno una formale sessione giudiziaria in cui Italia ed USA potessero esplicitare le reciproche motivazioni..

Un pensiero, questo mio, non di critica, non provocatorio, solo l’espressione di massima delusione nei confronti  di uno Stato in cui ho sempre creduto,  servendolo  per 40 anni in Patria ed all’Estero, penso con onore e dedizione.    

21 luglio 2013 ore 16,00

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giovedì 18 luglio 2013

Un’istanza al Ministro Emma Bonino

Signor Ministro,
mi permetto di disturbarLa in quanto fiducioso di potere aprire una costruttiva comunicazione con una personalità che ha improntato la Sua lunga storia politica ed istituzionale su un approccio laico e liberale sintetizzato nel titolo “Non Mollare” il primo quotidiano clandestino antifascista stampato a Firenze nel 1925. 

Ho fiducia nella Sua caratura intellettuale che durante la Sua vita politica l’ha sempre spinta a lottare per l’affermazione dei diritti umani, per il rispetto del Diritto Internazionale e perché fosse  istituito un Tribunale Penale Internazionale preposto a giudicare nel mondo intero “i crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio”.

Una stima che mi incoraggia a tornare a scriverLe per chiederLe di concretizzare con un atto palese e coerente ai moderni sistemi comunicativi,  che consenta al cittadino di confrontarsi con un Ministro della Repubblica, soprattutto su temi importanti.

Fra i possibili e più significativi, quello di garantire i “diritti umani e di funzione” a due cittadini italiani, i due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ormai da troppo tempo ostaggio dell’India ed in attesa di un giudizio “equo e rapido” che dovrebbe emettere un tribunale che, peraltro, il Diritto Internazionale, ci dice non avere competenza di giudicare.

Una vicenda che mi coinvolge sul piano etico come cittadino e come ex Ufficiale italiano impegnato a lungo come Peace Keeper per garantire, su mandato delle Nazioni Unite,  la stabilità e la pace. Un professionista anche attento a problemi contingenti a favore delle popolazioni locali come  il pericolo della presenza delle mine anti persona tema a Lei noto e per il quale negli anni si è impegnato a lungo anche compromettendo la propria integrità fisica. Un italiano che “non molla” come titolava il quotidiano dell’allora nascente partito radicale.

Un operatore di Pace, che indossando l’uniforme, si è impegnato in aree di crisi del mondo,  coerente a quanto da Lei un tempo affermato “Può sembrare paradossale, certamente amaro se “da convinta nonviolenta quale sono da sempre” mi ritrovo a condividere, se non addirittura a invocare, l'uso della forza da parte della comunità internazionale per mettere fine ai crimini contro l'umanità che vengono impunemente perpetrati in un angolo d'Europa chiamato Bosnia. Sia chiaro: non sono pacifista, non sono per la pace ad ogni costo, soprattutto quando il costo è qualcun altro a pagarlo e a questo prezzo. Sono, invece, per la supremazia del diritto ad ogni costo, ed è amaro doversi arrendere all'evidenza che esistono circostanze storiche in cui la difesa della legalità non può essere affidata, ancorché temporaneamente, che all'uso delle armi”.

Ebbene Massimiliano Latorre e Salvatore Girone rispettosi del loro impegno verso lo Stato sancito da un giuramento, si trovano in ostaggio dell’India proprio perché coinvolti in eventi connessi con il loro ruolo istituzionale nel rispetto di una Legge nazionale.

Io e tantissimi altri cittadini italiani siamo sempre di più preoccupati per la sorte dei nostri militari in quanto vediamo allontanarsi sempre di più l’indebito processo da Lei e dal dott. De  Mistura reiteratamente definito “giusto, equo e rapido” e della mancanza dell’affermazione della sovranità nazionale, che  un arbitrato internazionale potrebbe invece riconsegnarci.

Gradiremmo poter avere la possibilità di poter esprimere a Lei ogni tanto un nostro pensiero, utilizzando un sistema comunicativo moderno, potente ed efficace quale il Social Network rappresentato da Facebook, che mi sembra che anche Lei utilizzi e prediliga attraverso varie pagine fra cui la più importante per numero di inscritti, quella al link https://www.facebook.com/pages/Emma-Bonino/9005388225?ref=ts&fref=ts.

Una pagina molto attiva in passato, alla quale era possibile accedere ed ora invece interdetta forse per motivi tecnici o per una precisa scelta. In moltissimi auspicheremmo poterla invece  utilizzare per mantenere aperto un link con il nostro Ministro degli Affari Esteri, per attivare un civile, democratico e costruttivo confronto.

Si può fare qualcosa Ministro ? Possiamo sperare che una figura come Lei, massima espressione del radicalismo liberale dell’età repubblicana, garante dei diritti umani e delle regole internazionali come varie volte dimostrato con atti concreti, come quando nel febbraio 1995, accusò il Canada di "un atto di pirateria internazionale", in quanto la marina militare canadese  aveva intercettato a cannonate e sequestrato l'intero equipaggio di un peschereccio spagnolo ?

Io sono certo della Sua disponibilità ed apertura nei confronti di tanti italiani che vorrebbero confrontarsi con Lei e spero di non essere smentito.

 Aspettiamo tutti con fiducia un Suo cenno di apertura la conferma delle Sue convinzioni in tema di libertà, democrazia ed espressione del libero pensiero.

Un cordiale saluto

Fernando Termentini

18 luglio  2013 -  ore 10,15

martedì 16 luglio 2013

Il ratto delle “Kazake” ed i due Marò. Due facce della stessa medaglia


L’Italia, dopo l’esperienza maturata con la vicenda dei due Marò, continua a distinguersi per figuracce internazionali. Prima i militari italiani tenuti in ostaggio dall’India, ora  il delicato caso del ratto delle kazake.
Tavoli di lavoro operativi 24 ore impegnati ad individuare le responsabilità oggettive di chi ha consegnato al dittatore del Kazakistan la moglie e la  figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, trattandole come clandestine.
 Un comunicato ufficiale ci informa che “è emerso che l'esistenza e l'andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate né al Presidente del Consiglio, né al Ministro dell'Interno e neanche al Ministro degli Esteri o della Giustizia”.
Una nota che ignora il responsabile dell’Intelligence nazionale che dovrebbe essere informato di ciò che avviene sui nostri aeroporti  (le due espulse hanno viaggiato in aereo, un volo privato kazako) in particolare se percorsi da voli privati non pianificati e diretti a Ciampino, né, notizia di oggi, i magistrati che hanno esaminato per ben “due volte” la pratica ed il funzionario dell'ufficio immigrazione che ha visionato i passaporti.
Probabilmente, altri stanno rischiando, non in ultimo l'addetto ai bagagli («non poteva non sapere») e la hostess addetta alle salviette che non poteva “non riconoscere” la fuggitiva. in volo verso l’Italia.. Sicuramente, quindi, fra i tanti possibili sarà essere individuato al più presto chi sarà colui o coloro da consegnare alla gogna mediatica,.
Il tavolo di ping pong si è quindi riaperto un’altra volta. Quasi una fotocopia,  seppure di matrici differenti, degli eventi che hanno caratterizzato la vicenda dei due Marò. Burrascosi vertici a Palazzo Chigi con Il Presidente del Consiglio e gli stessi Ministri coinvolti nella gestione della sorte di due Marò, gli stessi rappresentanti istituzionali che a marzo u.s. prima condivisero la decisione di  non far rientrare i due Fucilieri di Marina in India, per poi rispedirli improvvisamente ed inopinatamente indietro in palese contrasto con le valutazioni dell’ex Ministro Terzi, unico a dimettersi.  
Convulsi confronti seguiti da comunicati con cui oggi per la vicenda specifica si scaricano responsabilità sulla Polizia. Richieste di dimissioni del Ministro degli Interni da parte di una parte del Parlamento, massimo coinvolgimento dei vertici della Polizia ed infine un sospiro di sollievo. Il Governo fa retromarcia su Ablyazov. dichiarando: "Espulsione revocata, la signora può tornare", dimenticando però che per farlo deve uscire dalle frontiere del Kazakhistan su cui Palazzo Chigi non ha alcuna influenza.
Una revoca decisa dopo che i “profili” delle due donne sono stati chiariti, una valutazione tardiva e che doveva avvenire prima del blitz di polizia dopo la firma del decreto di espulsione da parte del Prefetto di Roma, sembra senza che fosse informato l’Esecutivo.
A questo punto è spontaneo chiedersi se vi siano state sollecitazioni di altri servizi di intelligence perché l'Italia agisse contro la moglie e la figlia più piccola di Ablyzov  e  quali sono gli interessi che legano così strettamente l'Italia e il Kazakhistan perché si arrivasse con  eccezionale tempistica e determinazione alla “neutralizzazione” di una donna e di una bambina di 6 anni che sicuramente  non rappresentavano una minaccia per il nostro Paese né per la sicurezza internazionale.
Domande analoghe a quelle che ci siamo posti tante volte durante i 517 giorni che vedono due militari italiani tenuti in ostaggio dell’India, alle quali, però, nessuno ha mai risposto, così come probabilmente non riceveremo risposte esaustive per la vicenda dell’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua.
 Dopo la storia dei marò, un altro pasticciaccio italiano  che lascia senza parole. Un’unica differenza fra i due eventi. Nel primo caso silenzio assoluto delle Istituzioni e delle forze politiche mentre per Alma  assistiamo ad una mobilitazione generale, politica, Istituzionale e mediatica.  
Una furbata, comunque,  è simmetrica a quella fatta con il rinvio dei Marò, per sperare – creduloni - in beneficienze indiane. In questa circostanza si è voluto compiacere Nazarbayev, tenendo tutto...nella massima segretezza., ma si è fatto uno sgarbo a Londra  sicuramente adirata  per essere tenuta fuori da una vicenda che riguarda moglie e figlia di un rifugiato politico in Gran Bretagna.
Un’altra pessima figura che in termini di rapporti internazionali ha un caro prezzo e che ha incrinato anche i rapporti con Londra, ingenuamente convinti che non ci avrebbe “sputtanato” e che ha  vanificato l’impegno diplomatico ed istituzionale che a fatica si era riusciti a riannodare: la collaborazione di intelligence fra Italia ed Inghilterra dopo il trauma Lamolinara..
la questione Ablyazov è eminentemente un problema di politica estera e di sicurezza,per nostri rapporti con i Membri dell’Unione Europea, con gli USA e lo stesso Kazakistan. ed in questo caso abbiamo aggiunto un altro tassello negativo nella nostra immagine internazionale, peraltro sottovalutando anche quelle che potrebbero essere le reazioni di nostri alleati..
Una soluzione comunque potrebbe esserci per risolvere con “giustizia, equità e tempi brevi” la vicenda. Attingere alle ormai note risorse italiane in tema di mediazione. Mandare in Kazakhistan il dott. De Mistura, e possibilmente lasciarcelo, essendo ormai libero dai suoi impegni di conciliatore per la vicenda dei due Marò, in quanto, come ci dicono,  a Delhi e' tutto risolto.
16 luglio 2013 – ore 15,30

lunedì 15 luglio 2013

I Pusillanimi non moriranno mai


E’ dal 18 febbraio 2012 che mi occupo insieme a moltissimi cari amici della vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e, senza falsa modestia, mi permetto di affermare con una certa assiduità.

 Pochi i risultati oggettivi ottenuti in quanto gli interlocutori principali, Istituzioni Internazionali, rappresentanti istituzionali e politici italiani, sono tessere di un “muro di gomma” difficilmente penetrabile, di ottima fattura e tale da rimbalzare qualsiasi cosa vi impatti !

Da qualche giorno, invece, improvvisamente si è scatenata una “guerra mediatica” che forse dimostra che qualche successo lo abbiamo ottenuto.

Qualcuno è, infatti, sicuramente preoccupato della nostra azione e per agirarla  ha avviato una controinformazione per via Web e non solo, cercando di innescare dubbi ed incertezze sulle responsabilità di Massimiliano e Salvatore.  Qualcosa di accettabile sul piano concettuale se fosse improntato a moderazione espressiva, ad educazione ed, in particolare, al rispetto della persona.

Ma non è così. I detrattori dei nostri marò o chi è impegnato perché la vicenda rimanga sempre più confusa forse per difendere persone od interessi che potrebbero rappresentare serio imbarazzo qualora il “vaso di pandora” fosse improvvisamente scoperchiato, offendono la dignità dell’uomo.  Ricorrono a parole, aggettivazioni, esplicitazioni di concetti, assolutamente offensivi della persona e tali da colpire anche e soprattutto le famiglie dei nostri militari.

Non è un giudizio esagerato il mio. Per dimostrarlo propongo il link di questi gruppi improvvisamente apparsi si FB, https://www.facebook.com/groups/241715115959453/ e https://www.facebook.com/pages/I-2-Marò-Fuggitivi-e-Vigliacchi/426774004071743. Questo ultimo, dopo le nostre segnalazioni, sembra essere stato per ora depennato.

Oggi è accaduto qualcosa di nuovo che mi rende felice.  Sono stato infatti avvertito da molti amici di FB ed altri che qualcuno ha aperto un account “flash” a nome “Fernando Termentini” senza immagine, che compare e  scompare sulle  bacheche con parole ingiuriose nei confronti dei due Marò e, peggio, invitando a mio nome a cliccare “mi piace” sulle pagine di cui sopra o su altre simili.   

La mia soddisfazione non deriva né da autolesionismo né  tantomeno da  masochismo. Piuttosto dalla convinzione che i mie sforzi, I NOSTRI SFORZI, stanno raggiungendo risultati. Quello che sta avvenendo dimostra, infatti, che abbiamo colto al segno, stiamo suscitando preoccupazione in chi vuol mantenere la vicenda coperta da una nube di incertezza per scopi ancora non chiari, forse solo per proteggere se stesso.  

Costui o coloro sono comunque pusillanimi che dimostrano la propria pochezza nell’anonimato e sfruttano la buona fede degli altri. Un comportamento che se consigliato da convinzioni politiche evidenzia la pochezza dei contenuti delle stesse e la malafede in chi tenta di portarle avanti.

Se invece suggerito da procedure di contromisure di qualsiasi natura, evidenzia pressapochismo, immaturità e mancanza di professionalità nello gestire un problema importantissimo e che più di altro aiuta a comprendere  perché i due Fucilieri di Marina sono ancora in ostaggio dell’India.

Chi vuole continui pure su questa strada, almeno a me non intimorisce, anzi mi invita ad essere ancora più incisivo, lo invito solo di lasciare in pace Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e le loro famiglie.

15 luglio 2013  - ore 

sabato 13 luglio 2013

I problemi di Matteo Miavaldi


Confesso che non avevo letto l’articolo “I problemi dell'Italia nel caso dei due marò” di Matteo Miavaldi pubblicato da “China Files” il 9 luglio. La lettura induce per taluni aspetti a sviluppare un’analisi sui quello che definirei  “i problemi di Matteo Miavaldi”. Poche righe, sicuramente lontane dalla maestria lessicale dell’autore dello scritto di cui trattasi, piuttosto semplici opinioni di un cittadino qualunque.

 

Infatti, credo che nel 2013 chiunque presenti una propria analisi su qualsiasi argomento ed inizi affermando “L'ingarbugliata vicenda dei due marò in India è la cartina al tornasole di un'Italia afflitta da due enormi fardelli che, nel 2013, rappresentano un handicap insostenibile: un rapporto irrisolto col nostro passato fascista….” sicuramente è condizionato da preoccupazioni che non possono che derivare da preconcetti.  

Cosa c’entri, infatti, “il passato fascista dell’Italia” con la vicenda dei due Marò l’autore dovrebbe spiegarlo e non limitarsi a disseminare parole su un foglio di carta come sementa al vento. E’ come dire che oggi tutti i problemi della Russia derivano dal passato comunista e stalinista dell’ex Unione Sovietica o la Germania è condizionata da un  retaggio nazista. Un qualunquismo che sicuramente non contribuisce a fare chiarezza.

Piuttosto, porsi il problema che forse qualche carenza nella gestione istituzionale del problema dei due militari in indebito ostaggio dell’India,   potrebbe derivare da interpretazioni post comuniste ed antimilitaristiche, queste certamente anacronistiche con la storia moderna .

Mi chiedo come possa l’autore generalizzare al punto tale da affermare che tutti (naturalmente meno che lui) hanno affrontato “ la vicenda di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due fucilieri del battaglione San Marco, partendo dall'intima e coriacea convinzione che non può essere possibile, i nostri militari sono innocenti…..”. Forse qualcuno ha anche avuto questo approccio ma a Miavaldi probabilmente sfugge il particolare che la maggior parte di coloro che si sono occupati del problema lo hanno fatto e continuano a farlo prescindendo dalle loro convinzioni ideologiche,  ma solo per un senso di Stato che ad altri manca.

Costoro hanno sempre e solo difeso una tesi incontrovertibile: quanto accaduto e se accaduto è avvenuto in acque internazionali (le acque contigue non danno alcuna facoltà allo Stato rivierasco se non quelle di intervento per contrastare il contrabbando o l’immigrazione clandestina) e l’India, seppure democratica, moderna ed evoluta, non sta  rispettando nemmeno l’immunità funzionale dei due militari.  

Matteo ci informa di aver scritto un saggio in cui ho provato a ricostruire la sequenza di panzane e manipolazioni che la stampa di destra ha sciorinato per mesi, convincendo i propri lettori di una verità inesistente …..”. Anche qualcuno che vuol bene ai due Marò come Alfredo d’Ecclesia ed il sottoscritto hanno molto immodestamente scritto un libro I Marò: Due Italiani Dimenticati, editore Silvia Michela Carrassi, un lavoro pubblicato in formato ebook non avendo referenti editoriali. Noi ci siamo limitati a raccogliere e proporre documenti ufficiali senza cercare di convincere il lettore, come invece sembra ammettere il Miavaldi come scopo della sua Opera.

Un aspetto invece è assolutamente vero. “Qualsiasi sarà la conclusione di questa Odissea giudiziaria, l'Italia rimarrà con due nodi irrisolti che, nel 2013, rappresentano un handicap che, come nazione e popolo, dovremmo pretendere di non scontare più” .

Ma il Miavaldi ha dimenticato di specificare che mentre l’Italia, la Germania, la Russia tentano di costruire il loro futuro sulle ceneri di trascorsi storici assolutamente criticabili, altri Paesi come la Cina non danno al popolo l’opportunità di un futuro di democrazia ma ripropongono ogni giorno verità che la storia ha sconfessato e si impegnano ad esportarle anche in altre aree geografiche dove le condizioni storiche, sociali e politiche possono favorirne l’attecchimento. Il  Kerala potrebbe essere uno di questi.

Non discuto sulla innocenza o colpevolezza dei due Marò, ma la mia onestà intellettuale mi impone di sottolineare che a loro devono essere assicurate le garanzie del diritto internazionale e delle Convenzioni ONU. L’India, nonostante abbia sottoscritto ed accettato questo regole, mi sembra che non si stia impegnando a garantire tutto ciò.

Questo è uno dei tanti concetti rimasti nella penna del Miavaldi.  

12 luglio 2013 

venerdì 12 luglio 2013

I due Marò, ciò che non si deve dimenticare


Cercherò di sviluppare una analisi dei fatti proponendola come un racconto avulso da qualsiasi interpretazione personale e con il solo scopo di suscitare le conclusioni che più si riterranno opportune.  
Inizio con una piccola valutazione di natura geopolitica sull’India,  suffragata anche da una certa conoscenza di quelle aree e della mentalità ivi dominante.
L’India non è un paese spirituale, tollerante e pacifico come piace proporre a tanti ammiratori occidentali.  É, invece,  fortemente nazionalista, poco incline al negoziato, come dimostrano i cattivi rapporti con i suoi vicini, in particolare con il Pakistan.
Si regge su un delicato equilibrio fra coesistenza pacifica ed esplosioni di intolleranza violenta, all’interno di una Società civile stratificata e disuguale caratterizzata dal livello della casta di appartenenza, quasi sempre penetrabile.
In India, se si nasce appartenendo ad una casta è assolutamente difficile se non improponibile che  nel corso della vita si possa entrare a far parte di una casta di rango sociale superiore.
Nella gestione degli eventi che hanno coinvolto i nostri due militari, in particolare nella fase iniziale, le nostre Autorità non hanno tenuto in debito conto di questi aspetti tuttaltro che marginali. Si è infatti deciso di impostare un negoziato secondo criteri validi nelle realtà occidentali, preoccupati a non scuotere gli equilibri fra i due Paesi. Un low profile che nel tempo si è dimostrato scarsamente efficace nei confronti di una realtà come l’India.
Lo dimostrano gli eventi a cui abbiamo assistito in questi 14 mesi.  Di fronte ad una “timida Italia” New Delhi si è proposta giocando una partita di forza a fronte di un’Italia esitante che appariva debole ed incerta, peraltro abbandonata a se stessa dalla comunità internazionale e dalla stessa Unione Europea.
Anche il gesto altamente umanitario con la donazione di un aiuto economico del nostro Paese a favore delle famiglie dei due morti e del proprietario del peschereccio che a detta degli indiani era stato coinvolto negli eventi che vedevano protagonisti i due Marò, è stato interpretato da Delhi come una ulteriore ammissione di colpevolezza.
In questo contesto è stata protagonista anche un’Unione Europea molto disattenta tanto da portare la baronessa Asthon,  “alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione Europea”,  ha confondere i due nostri militari con contrasctors di Agenzie private di sicurezza.
Una UE non considerata peraltro dall’India come un vero Stato Federale, tanto che  Delhi ancora  non ha un Dipartimento presso la UE ma continua a gestire i rapporti direttamente in bilaterale con i paesi membri.
La successione degli eventi
In estrema sintesi    i punti salienti di quanto è avvenuto senza ritornare su particolari ormai credo noti a tutti.
Il 15 febbraio 2012 la Marina Militare emana un comunicato ufficiale, il numero 04, con il quale annuncia :
“I Fucilieri del Battaglione S. Marco, imbarcati come nucleo di protezione militare (NPM) su mercantili italiani sono intervenuti oggi alle 12,30 indiane, sventando un ennesimo tentativo di abbordaggio. La presenza dei militari della Marina Militare ha dissuaso cinque predoni del mare che a bordo di un peschereccio hanno tentato l’arrembaggio della Enrica Lexie a circa 30 miglia ad Ovest della costa meridionale indiana …..”.
Un comunicato che ha dato inizio ad una delle più complesse controversie internazionali e che ha segnato il principio di un calvario per due nostri militari coinvolti in eventi tutti da dimostrare e comunque avvenuti mentre esercitavano le loro funzioni istituzionali nel rispetto di un mandato ricevuto dallo Stato con una legge , la 130 dell’agosto 2011.  
Una Legge che ha previsto la presenza di Nuclei di Protezione Militare (NPM) con funzioni antipirateria marittima a bordo delle Navi commerciali italiane, ma che a mio modesto avviso manca di chiarezza in particolare per quanto attiene l’unicità di Comando in caso di attacco di pirati. La legge, infatti, fissa all’articolo 1 che il militare più alto   in grado all’emergenza assume il comando del NPM e nello stesso tempo lascia al Comandante della nave, ad esempio, in che direzione procedere, come e con quale velocità.
La disavventura di due militari ormai in ostaggio dell’India da 14 mesi ed imputati di aver ucciso per errore due poveri pescatori indiani a cui va tutto il nostro rispetto, ha inizio nel momento che la Lexie viene indotta con l’inganno dalla Guardia Costiera di Mumbai a rientrare in acque territoriali indiane ed attraccare nel porto di Koci e la nave viene autorizzata dall’Italia a rientrare nelle acque territoriali indiane.
I militari vengono interrogati dalla Polizia locale ricorrendo ad un interprete locale, un Vescovo cattolico indiano, e no ad un traduttore giurato accreditato presso l’Ambasciata di Delhi come sarebbe stato auspicabile e come prassi in questi casi e nonostante le loro dichiarazioni che parlano di “fuoco di dissuasione” nei confronti del naviglio sospetto non vengono creduti.
La sentenza indiana è già scritta ed il 19 febbraio 2012  i due marinai vengono catturati dalla Polizia indiana, le armi ed il munizionamento in dotazione alle Forze Armate italiane a bordo della Lexie sequestrate, la nave trattenuta in porto per più di un mese.
Iniziano almeno apparentemente le prove balistiche da parte di esperti indiani alle quali nonostante gli accordi con l’Italia è esclusa la presenza di esperti italiani dell’Arma dei Carabinieri che possono presenziare solo alle prove di sparo e non a quelle di comparazione.
Un atto arbitrario del Kerala ed una prima sberla   legale all’Italia.
Tralascio le incongruenze delle prove balistiche ed autoptiche fornite dagli indiani e la loro interpretazione dei fatti, proponendo una sintesi in Power Point (http://www.fernandotermentini.it/vicendamaro.htm.) dell’attenta analisi tecnica sviluppata dell’amico esperto balistico Luigi Di Stefano e pubblicata sul siti www.seeninside.net/piracy.
Ritornando ai fatti, è da sottolineare l’impegno dell’allora Sottosegretario agli Esteri De Mistura che ottenne che i nostri due marò potessero lasciare la prigione ed usufruire di una sorta di libertà provvisoria, pur rilasciando un’intervista a mio avviso azzardata alla televisione indiana del tipo “…..i Marò sono incappati in un errore…..”, lasciando praticamente intendere che erano stati loro ad uccidere i due pescatori seppure con un atto colposo.
Trascorrono le settimane senza che sia pronunciata una sentenza od almeno una decisione giudiziaria esaustiva sulla competenza del giudizio da attribuire all’India od all’Italia secondo il Diritto Internazionale e la Convenzione sul Diritto del mare (Montego Bay del 1985 sottoscritta e ratificata anche dall’India) visto che la Lexie al momento dell’azione dissuasiva dei due  Marò era in acque internazionali.  
Si inserisce l’Alta Corte di Delhi che si riserva di decidere se la competenza del giudizio fosse o meno del Kerala e nel frattempo ai due militari viene concessa una licenza di due settimane per recarsi a trascorrere in Italia  il Natale. Nel frattempo la Procura Ordinaria di Roma apre un fascicolo nei confronti dei due militari per omicidio volontario e nonostante la gravità del capo di imputazione non adotta nei loro confronti provvedimenti restrittivi che evitassero il pericolo di fuga.
In gennaio l’Alta Corte di Delhi riconosce che i fatti in cui è stata coinvolta la Lexie erano avvenuti in acque internazionali (20,4 miglia dalla costa) e riconosce che la Corte del Kerala non ha giurisdizione. Non riconosce invece il diritto italiano di giudicare i due militari negando loro anche il diritto dell’Immunità funzionale e  stabilisce di nominare un Tribunale speciale destinato ad esprimersi nei confronti dei sospetti colpevoli.
Un’incisiva azione diplomatica della Farnesina riesce ad ottenere che ai due militari sia concesso un permesso di 4 settimane per votare in Italia.
L’11 marzo del 2013 alle ore 17,53 l’AGI pubblica una dichiarazione del Vice Ministro De Mistura che  dichiara testualmente “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiunge che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”. 
De Mistura chiarisce poi che  “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto internazionale o una sentenza di una corte internazionale” e che non c’e’ stata ancora una reazione indiana alla nota verbale consegnata dall’ambasciatore italiano a New Delhi Daniele Mancini.  
“Le nostre priorità - ha spiegato il Sottosegretario - sono da un lato l’incolumità’ e il ritorno in patria dei nostri maro’ e dall’altro mantenere un ottimo rapporto di lavoro e di collaborazione con le autorità indiane. L’India - ha aggiunto - e’ un grande Paese con il quale abbiamo tutta intenzione di avere un ottimo rapporto. E questo - ha concluso - e’ un motivo in più per lasciare le divergenze nelle mani del diritto internazionale, magari con una sentenza di una corte internazionale”. Una dichiarazione che però dieci giorni dopo è stata sconfessata dai fatti i quanto i due Marò sono stati fatti rientrare invece improvvisamente in India. I motivi sono stati spiegati in Parlamento e non entro nel merito, esprimo solo tutto il mio sdegno per una vicenda iniziata male e finita ancora peggio e che coinvolge direttamente da quasi 15 mesi  due militari italiani e le loro famiglie.
Solo un pensiero : i due nostri concittadini  non possono essere considerati come merce di scambio in una controversia internazionale fondata principalmente  su interessi economici.
Il 21 marzo il Governo decide di rimandare in India I due Fucilieri di Marina, il 26 marzo l’Ambasciatore Giulio Terzi si dimette dalla carica di Ministro degli Esteri. Il giorno successivo il Presidente del Consiglio nel Suo intervento alla Camera dei Deputati in parte non sembra confermare la dichiarazione all’AGI del Sottosegretario De Mistura.
Alcuni quesiti in sospeso
Questa la sintesi dei fatti. Tralasciando ogni possibile considerazione sul Diritto Internazionale e sulla Convenzione del Diritto del Mare che credo siano stati abbondantemente affrontati e anche chiariti in questi 14 mesi, è d’obbligo, però, proporre  alcuni aspetti forse passati inosservati o quanto meno di cui si è parlato poco. Procediamo per punti a guadagno di chiarezza.
1.      Iniziamo con il quesito più ricorrente su chi abbia autorizzato la Enrica Lexie a rientrare in acque territoriali indiane. Una domanda a cui in parte risponde il Ministro della Difesa De Paola in occasione di un’interrogazione al Senato del 15 ottobre 2012 (interrogazione scritta n° 4-07057) , alla quale risponde fra l’altro “……Nella fattispecie, l’autorizzazione a procedere verso le acque territoriali indiane è stata data dalla compagnia armatrice, una volta contattata dal comandante della nave. Ciò, tuttavia, per la presenza del NMP a bordo, è avvenuto a seguito di preventiva informazione della catena di comando militare nazionale….”.
In quella stessa occasione il Ministro non informa, invece, sull’esistenza fin dall’11 maggio del 2012 di un rapporto tecnico della Marina Militare reso noto la scorsa settimana dal quotidiano La Repubblica e che non concorre a chiarire le vicende. Un dossier “segreto” della Marina che basandosi sulle fatiscenti prove balistiche indiane   arriva a concludere che i proiettili che hanno ucciso i due pescatori indiani al largo di Kerala non sarebbero stati sparati dai fucili assegnati ai due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e che riporta tra l’altro, “…che il proiettile tracciante estratto dal corpo di Valentine Jelestine è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo ……………... Il proiettile estratto dal corpo di Ajiesh Pink è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo . ………”.
Altra notizia che emerge dal rapporto è che sul barchino dei pescatori che si era avvicinato fino a 80 metri dalla Lexie, ci sarebbero stati degli uomini armati.

2.      Il documento a cui si riferisce il quotidiano con dovizia di particolari anche virgolettati, esiste. Ci si chiede se esso, secondo una prassi procedurale corrente,   sia stato consegnato alla Procura Militare di Roma immediatamente a ridosso della compilazione accompagnato magari da una semplice informativa iniziale o se invece sia stato formalizzato solo durante la permanenza in Italia dei due Marò per il permesso elettorale. Un dubbio che emerge considerando che per quanto reso noto da organi di stampa solo in questo periodo la Procura Militare di Roma ha aperto un altro fascicolo nei loro confronti dei militari addebitando loro la “violata consegna e la dispersione di oggetti militari”.
3.      Perché i due militari siano stati fatti rientrare in India contrariamente alle decisioni precedenti riferite dal Vice Ministro De Mistura come riportato dall’Agenzia AGI delle 17,53 dell’11 marzo 2013. Una decisione collegiale secondo quanto riferito alla Camera dei Deputati dal Premier Monti il 27 marzo in palese contrasto con la precedente dell’11 marzo altrettanto collegiale come si evince dall’agenzia di stampa AGI.
4.      Una decisione importante quella di trattenere i militari in Italia in conseguenza della quale  esperti nel settore dei rapporti internazionali, esperti militari e di Diritto Internazionale avrebbero dovuto prevedere reazioni indiane. Anche per non addetti ai lavori era chiaro, infatti,  che non rimandare i Marò in India avrebbe innescato polemiche e reazioni di Delhi, come è puntualmente avvenuto e che hanno indotto ad un ripensamento dell’Esecutivo.
Una provocazione da cui forse pragmaticamente si poteva trarre qualche vantaggio a favore dei nostri Marò. Infatti, immediatamente l’India ha intrapreso iniziative non condivise in ambito internazionale, come quella di togliere l’immunità diplomatica all’Ambasciatore italiano. Immediatamente un levarsi di voci in vari contesti, compresa la silente Asthon che in quei giorni  ha riacquistato la voce criticando l’India di disattendere gli accordi della Convenzione di Vienna sullo status diplomatico.
5.      Infine, ci si chiede perché la Procura della Repubblica di Roma non abbia dato seguito all’esposto presentato dal sottoscritto e dall’Avvocato Tomasicchio che, in considerazione dell’ipotesi di reato di omicidio volontario a carico dei due Marò, chiedevamo che fosse applicato nei loro confronti  la restrizione del diritto di espatrio per evitare il rischio di fuga. Forse l’iniziativa avrebbe risolto qualsiasi problema.

Conclusioni
L’Italia è stato un partner importante dell’India fin dai primi anni della sua indipendenza ed gli italiani sono simpatici agli indiani come lo sono costoro per gli italiani.

Un’Italia che in questi ultimi tempi, come viene da più parti affermato, dovrebbe aver guadagnato molta affidabilità in ambito internazionale a seguito della gestione dell’attuale Esecutivo, diretto e partecipato da personalità di spicco alle quali la comunità internazionale sembra guardare con rispetto.

Ciò nonostante nessuno si è mosso a favore dell’Italia nella vicenda specifica. Sicuramente qualche telefonata di circostanza fra Premier o Ministri, ma null’altro di incisivo nei confronti di Delhi. Anche due giorni orsono il Segretario Generale delle Nazioni Unite si è limitato ad auspicare che la controversia fosse risolta in bilaterale dai due Stati nel rispetto del Diritto Internazionale.

Diverso sarebbe stato se a muoversi in favore dell’Italia fossero stati gli Stati Uniti,  ma Washington ha palesemente dimostrato di non voler rischiare la sua speciale “relationship” con l’India  per risolvere una vicenda  non molto diversa da quella che, solo a distanza di qualche settimana dalle vicende della Enrica Lexie, ha coinvolto la marina Usa al largo di Oman ed è stata archiviata senza che il governo indiano fiatasse.

L’Italia non è gli Stati Uniti, e quindi non ha un forte potere negoziale, ma almeno un’opportunità l’abbiamo in ambito Nazioni Unite. L’India tiene moltissimo ad affermare un ruolo di paese rispettoso degli obblighi internazionali e “responsabile”, nel quadro della campagna per divenire membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Una denuncia tempestiva italiana in Assemblea Generale dell’Onu e la richiesta di un Arbitrato internazionale – atto possibile anche unilateralmente -  avrebbe potuto creare più di un imbarazzo a Delhi, inducendola ad indurla a una maggiore apertura.

12 luglio 2013, ore 12,30 

sabato 6 luglio 2013

L’Europa non può ignorare gli avvenimenti egiziani

I venti della rivoluzione si riaccendono in Africa settentrionale. Forse si riapre una nuova fase di quella che è stata la prima Primavera Araba, partita  dalla Tunisia è dilagata in tutta l’Africa islamica a ridosso del Mediterraneo,  fino a raggiungere come un’onda anomala la Siria.


Oggi la nemesi storica si ripete. Una nuova ventata rivoluzionaria si ripropone dall’Egitto dove i Fratelli Mussulmani, la più antica coalizione islamica dei tempi moderni,  vedono minacciato il successo conquistato ed il loro ruolo nel  nuovo percorso storico appena iniziato in tutta la Regione con un ritorno a forme di radicalizzazione dell’Islam a ridosso dei confini meridionali dell’Europa.

Un risveglio dei moti di piazza che le ultimi notizie presentano come inizio di una vera e propria  guerra civile, che potrebbero contagiare rapidamente la Tunisia dove il partito islamico radicale degli An-Nahda, vincitore delle elezioni e molto vicino alle posizioni dei Fratelli Mussulmani, si potrebbe sentire minacciato.

Non a caso, la Tunisia ha immediatamente condannato la deposizione di Morsi definendola “un colpo alla democrazia” ed anche la Libia potrebbe “risentirsi” per gli avvenimenti egiziani avendo riaffermato nella nuova Costituzione  i  dogmi della sharia coranica.

Per contro, la nomenclatura saudita, kuwaitiana e degli Emirati Arabi, da sempre in lotta contro i Fratelli Musulmani, si è prontamente congratulata con il nuovo Presidente ad interim dell'Egitto, Adly Mansour.

Anche il Presidente siriano Bashar Assad sta festeggiando  la estromissione di Morsi che appena qualche giorno prima era stato accusato di favorire la ribellione armata  contro il suo regime ed aveva interrotto ogni rapporto tra il Cairo e Damasco, un tempo due capitali  islamiche "sorelle". Festeggiamenti assolutamente prevedibili considerando che da oltre 30 anni l'ala siriana dei Fratelli Mussulmani (FM)  è illegale in Siria e i suoi membri sono puniti con la pena di morte. Il padre di Assad, Hafez, agli inizi degli anni ‘80 fece massacrare ad Hama migliaia di attivisti della Fratellanza che erano in  rivolta.

La cacciata del Presidente Morsi è, comunque,  una sconfitta significativa per l'Islam politico rappresentato nella sua espressione più moderna dai Fratelli Musulmani ed il golpe egiziano sarà destinato ad avere ripercussioni in tutto il mondo arabo.

Un’altra dimostrazione che i processi politici e sociali in Medio Oriente e Nordafrica sono più rapidi del previsto e sicuramente deve essere riconsiderato l’ottimismo di coloro che vedevano nella Primavera Araba la svolta per l’affermazione della democrazia laddove da sempre avevano imperato le dinastie di parte. L’equilibrio non è sicuramente consolidato e tale da escludere qualsiasi trasformazione futura, piuttosto, i cambiamenti sono appena iniziati e dall’Egitto potranno estendersi in Turchia fino ad arrivare a coinvolgere i Paesi del  Golfo.

Avvenimenti destinati a svilupparsi a ridosso dell’Europa che il Vecchio Continente non può continuare ad osservare distrattamente. Un’Europa che ormai è minacciata da vicino anche dalla accertata presenza in Siria  di formazioni di Al-Qaeda,  in  crescente aumento e consolidamento. Ipotesi non tranquillizzanti e che trovano riscontro in quanto recentemente reso pubblico da Charles Farr, direttore generale dell’ufficio britannico per la Sicurezza e la lotta al terrorismo.

Un contesto in cui l’Europa non può trovarsi impreparata come avvenne in occasione della prima Primavera Araba. Deve, bensì,  assumere un ruolo preciso nella gestione della crisi che non può essere ancora una volta delegata unicamente  agli Stati Uniti il cui Presidente Obama non ha mai guardato con simpatia l’elezione in Egitto di Morsi proprio per la sua assoluta vicinanza ai Fratelli Mussulmani.

Sarebbe un errore gravissimo estromettere di nuovo i FM dal ruolo che hanno conquistato dimenticando che la compagine politica è fortemente permeata da estremisti islamici non lontani dalle posizioni di Al Qaeda e dei Salafiti. Il futuro dell’area non può essere, quindi, lasciato nelle mani di  Obama e Mohamed El Baradei, due figure di spicco, Premi Nobel per la Pace, ma  forse troppo compromessi nello specifico. 

L’Europa, da parte sua,  non può rischiare che il controllo del Canale di Suez cada in mano a gruppi estremisti che potrebbero condizionare, insieme ai pirati del Golfo di Aden, il flusso delle risorse energetiche verso il Vecchio Continente .


6 luglio 2013, ore 12,00

venerdì 5 luglio 2013

Egitto, cosa ne sarà dei Fratelli Mussulmani ?

Non è chiaro cosa ne sarà dei Fratelli Mussulmani dopo il colpo di Stato militare del 3 luglio in Egitto e l’arresto del Presidente Morsi.

Sicuramente ancora per qualche tempo il più grande ed antico movimento islamista continuerà a gridare al “colpo di Stato”, ma nel frattempo il giro di vite dei militari egiziani nei confronti della Fratellanza potrebbe portare quasi sicuramente a reazioni di violenza incontrollata.

Insieme a Morsi sono stati messi  “sotto custodia cautelare” dei militari esponenti di primo piano del movimento,  come la suprema guida Mohamed al Badie, il finanziere e  Khairat El - Shater ed il capo del partito Libertà e Giustizia Saad El - Katatny.

Una mossa forse affrettata quella del Ministro della Difesa e Capo di Stato Maggiore egiziano. Il generale Abdel Fattah Al Sisi, che d’accordo con l’opposizione e i leader religiosi, ha annunciato la road map che prevede un breve periodo di transizione seguito da elezioni presidenziali e legislative.

Un Ufficiale già responsabile dei servizi di sicurezza interni, si dice vicino agli USA. Nato al Cairo nel 1954, diplomato in scienze militari all’accademia, ha frequentato scuole militari britanniche e americane. E’ considerato uomo devoto all’Islam (la moglie partecipa alle cerimonie ufficiali indossando il classico abbigliamento islamico) è stato in passato anche giudicato troppo vicino al movimento dei Fratelli Mussulmani e nello stesso tempo dimostrava una chiara ammirazione per l’ex presidente nazionalista Nasser.

Una ambiguità politica che, nella forte contrapposizione fra i militanti pro e contro Morsi, gli ha regalato un ruolo di primo piano nella fase di transizione del Paese guardata  con apprensione dagli Stati Uniti, principale finanziatore delle forze armate egiziane.

Nell’intera vicenda ha giocato un ruolo rilevante il movimento Tamarrud improvvisamente uscito alla ribalta il 1° maggio. In breve tempo è riuscito a crearsi lo spazio per giocare un ruolo fondamentale nella rimozione del Presidente Morsi, nello scioglimento del Consiglio della Shura islamista, nella sospensione della Costituzione ed, infine, nel designare Presidente ad interim dell’Egitto Adly Mansour , il capo della Corte Suprema  e vicino al deposto Presidente Mubarak .

L’insuccesso di Morsi e quindi dei Fratelli Mussulmani è riconducibile principalmente al fatto che Morsi non è mai stato in grado di garantirsi la lealtà delle Forze di Polizia e della Sicurezza interna, che fin dai primi giorni del mese di marzo hanno iniziato a manifestare il proprio malcontento con scioperi e chiedendo le dimissioni del Ministro dell’Interno Mansour el-Essawy. Turbolenze che hanno favorito un ritorno dell’Esercito nelle vicende politiche del Paese,  che gradualmente si è sostituito alle forse di polizia e di Sicurezza interna.

Nello stesso tempo è ritornato alla ribalta della scena egiziana Mohamed El Baradei, il coordinatore del Fronte di Salvezza nazionale, ombrello di 35 piccoli partiti e movimenti politici e che in questo momento opera come link con i militari ed approfitta per conquistare consenso nell’azione di opposizione a Morsi.

La situazione attuale è quindi di stallo ma proprio per questo pericolosa e fonte di improvvise iniziative anche a scopo eversivo. Si stanno, infatti, confrontando importanti settori della storia moderna egiziana. Da una parte la casta militare, da sempre riferimento importantissimo per le sorti del Paese, dall’altra i Fratelli Mussulmani, la più antica confraternita islamica nata e consolidata proprio in Egitto fin dal 1928, che   non cederà facilmente le posizioni raggiunte e che potrebbe ritornare a vecchie scelte come quelle degli atti terroristici del passato.

Un’organizzazione che ha come motto "Dio è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il jihad è la nostra via. Morire nella via di Dio è la nostra suprema speranza"

La situazione che si è venuta a creare potrebbe contagiare l’intera area e potrebbe accendere di nuovo la miccia di quella che affrettatamente fu chiamata la primavera araba intesa come segnale di riscossa delle popolazioni e portatrice di democrazia ed indurre possibili iniziative eversive da parte delle colonie di beduini insediate nel Sinai e vicine ad Al Qaeda.

Le vicende egiziane sono destinate a generare un’altra onda anomala che andrà ad indebolire anche i Fratelli Mussulmani presenti in Marocco, Algeria, Libia, Siria e Tunisia dove il partito islamico fondamentalista degli  An-Nahda già manifesta il proprio timore di essere coinvolti nelle vicende egiziane,  con conseguenze negative per la loro egemonia.  

Fatti importanti che dimostrano ancora una volta l’incompatibilità fra l’islam radicale e  democrazia e confermano che le regole democratiche non possono essere né inventate né tantomeno imposte.  Nessun partito egiziano dell'opposizione, nemmeno i giovani Tamarrud, sanno di democrazia più degli Ikhwan o dei  Fratelli Mussulmani.

Una conferma che  l'Egitto  ed in generale il mondo islamico moderato dell’Africa mediterranea,  hanno ancora  bisogno di tempo per imparare anche a difendersi da chi propone illusoriamente  libertà, garanzie sociali e soddisfacimento dei bisogni primari del popolo.

5 luglio 2013 - ore 11,30


giovedì 4 luglio 2013

Le incongruenze nella vicenda dei due Marò

La vicenda dei due Marò è stata  e continua ad essere occasione di ribalta personale per molte cariche istituzionali che dall’inizio si stanno occupando del problema, con risultati che allo stato dei fatti non possono sicuramente essere considerati esaustivi.

Primo fra tutti, l’inviato speciale italiano che fin dal primo momento è stato incaricato prima dal Ministero degli Affari Esteri e poi dall’Esecutivo presieduto dal Senatore Monti e confermato da quello attuale,  a rappresentare l’Italia sviluppando ogni possibile mediazione con l’India per ottenere il rilascio dei due marò.

Un impegno, quello del dott. De Mistura, che continua ancora oggi che, però, sicuramente per scarsa informazione ed una serie di dichiarazioni ufficiali non sempre congrue fra loro, induce molte incertezze. 

Una prima dichiarazione quella del 18 maggio 2012 che non sto a giudicare per i contenuti politico/diplomatici ma sconvolgente nella sostanza. In quella occasione, infatti, il dott. De Mistura dichiarava alla Televisione indiana “la morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I nostri due Marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo”.

Un’ammissione dei fatti assolutamente coerente a quella dello Stato del Kerala, ufficializzata dal Sottosegretario agli Esteri,  nel momento caldo della gestione degli eventi e che accompagnava la “donazione” italiana alle famiglie dei pescatori morti ed al proprietario del peschereccio,. Dichiarazioni ed atti interpretati dagli indiani ed anche da molti commentatori internazionali come un’ammissione di responsabilità da parte italiana, assolutamente inopportuna in quel momento.

Quell’esperienza negativa non ha però fermato l’ incongruenza delle dichiarazioni che si sono succedute. Per raccontarle tutte si dovrebbe scrivere un libro, ma si preferisce sintetizzarne alcune per proporre una comunicazione rapida e concreta, da cui ciascuno potrà trarre le proprie conclusioni.

 

Dopo l’ammissione della “possibilità” di un evento colposo, il dott. De Mistura dichiarava che Il Governo Italiano continua ad allargare le relazioni con altri paesi sulla vicenda dei due marò italiani in carcere in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Infatti si trattava di una questione di diritto internazionale in quanto è accaduta in acque internazionali.“Nessun militare, di nessun paese può essere giudicato fuori dal proprio stato di provenienza”, queste sono state le parole del sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura, su Rainews.

Questa, ha aggiunto, è una regola internazionale che vale per tutti, anche per il militare americano che ieri in Afghanistan ha ucciso 16 persone. “Sono sicuro che non verrà giudicato in Afghanistan” –ha considerato De Mistura- “Vale per tutti, indiani, americani, italiani devono essere giudicati nel paese di origine”.

Un’affermazione assolutamente condivisibile,  ma che come tante altre  è rimasta una dichiarazione di intenti mai concretizzata.

Perentoria anche la frase del’ex Sottosegretario “se non li liberano alzeremo i toni” (http://video.sky.it/news/mondo/maro_de_mistura_se_non_li_liberano_alzeremo_i_toni/v114415.vid), quando ce lo dovrebbe spiegare.  

Importante, poi, quella dell’11 marzo 2013 quando fu deciso di non far rientrare i due Marò in India al termine del “permesso elettorale”. Ore 17,53 dell’11 marzo, l’AGI informa che De Mistura  dichiara “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiunge che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”. 
De Mistura chiarisce poi che  “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto internazionale o una sentenza di una corte internazionale” e che non c’e’ stata ancora una reazione indiana alla nota verbale consegnata dall’ambasciatore italiano a New Delhi Daniele Mancini. 

Una notizia i cui contenuti da lì a breve , se non si è compreso male, sarebbero stati smentiti dal Presidente del Consiglio Senatore Monti quando il 26 marzo in Parlamento dichiara “: "Trattenere i marò in italia era oggetto di decisioni in itinere che non avrebbero dovuto essere oggetto di precipitose dichiarazioni alla stampa, che Terzi ha fatto, anticipando il risultato finale che non si poteva dare per scontato". 

Una smentita all’agenzia del dott. De Mistura dalla quale si evinceva, invece  una precisa condivisione del Presidente del Consiglio (“siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”). Il Sottosegretario il giorno dopo veniva promosso dal Senatore Monti al rango di Vice Ministro.

Infine,  due altre modeste contraddizioni . La prima DE MISTURA: "ABBIAMO GARANZIE SCRITTE SULLA NON APPLICABILITA’ DELLA PENA DI MORTE".  Questo perché Nuova Delhi ha fornito all'Italia una "assicurazione scritta ufficiale del ministero degli Esteri a nome del governo indiano". De Mistura ha poi aggiunto che "la stessa assicurazione è stata data nuovamente dallo stesso ministro degli Esteri Salman Khurshid durante il lungo e costruttivo colloquio avuto ieri (venerdì, ndr)".

Affermazioni in parte sconfessate  da
New Delhi, 23 mar. (Adnkronos) - Il governo indiano non ha fornito "nessuna garanzia" al governo italiano in merito alla sentenza che verrà pronunciata dal tribunale speciale ordinato dalla Corte suprema di Delhi sulla vicenda dei due marò italiani Salvatore Latorre e Massimiliano Girone. Lo ha detto il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, in un'intervista all'emittente Tv Ibn.

Al giornalista che gli domandava come mai il ministro degli Esteri Salman Khurshid avesse rassicurato l'Italia sul fatto che i due marò non rischiassero la pena di morte, Kumar ha risposto: "Come può il potere esecutivo dare garanzie sulla sentenza di un tribunale?". Khurshid, ha aggiunto il ministro della Giustizia, "è anche un avvocato e sul perché abbia detto quelle cose, sta a lui rispondere".

L’ultima infine di questi giorni quando sia il Ministro degli Esteri sia l’inviato speciale in India parlano di una soluzione “equa e rapida” del problema ed il Vice Ministro agli Esteri Pistelli parla di “regole di ingaggio” concordate con l’India. La “luce in fondo al tunnel” è, però, ancora spenta.

Una sintesi di fatti che induce a chi non ha esperienza degli approcci diplomatici a parlare di incongruenze. Forse una cattiva deduzione derivata da carenza di informazioni ufficiali. Accogliamo, quindi,  l’invito di  “urliamo di meno” raccomandato dal  Ministro degli Esteri il 1 giugno 2013, ma nello stesso tempo vorremmo capire se e dove sbagliamo nel definire incongruenti certe dichiarazioni.

Il cittadino, come chiunque altro,  non deve urlare per affermare le proprie posizioni, ma ha il sacrosanto diritto di sapere, perché attraverso la conoscenza può arrivare ad una partecipazione costruttiva della vita del proprio Paese, un diritto innegabile  in democrazia.

3 luglio 2013 - ore 14,00