lunedì 13 gennaio 2014

Latorre e Girone estradati in India sulla base di quali accuse ?

L’enciclopedia Treccani definisce testualmente l’estradizione come “Istituto attraverso il quale uno Stato consegna (estradizione passiva) un individuo presente sul suo territorio a un altro Stato che ne abbia fatto richiesta (estradizione attiva), al fine di dare esecuzione a una pena detentiva (estradizione esecutiva) o a un processo (estradizione processuale)”.

Ed ancora “ ……. Clausole estradizionali sono inoltre contenute in accordi multilaterali destinati a reprimere crimini particolarmente gravi (genocidio, terrorismo e altri: Crimini internazionali) sulla base del principio aut dedere aut iudicare. In via generale, ai fini dell’estradizione passiva il principio della doppia incriminazione stabilisce che il fatto deve costituire reato per la legge penale sia dello Stato richiedente, che di quello concedente, indipendentemente dalla diversità dei regimi sanzionatori. Il principio del ne bis in idem garantisce invece l’unicità della punizione per un medesimo fatto.

Nell’ordinamento italiano l’estradizione è regolata da fonti eterogenee e di diverso rango. Rilevano, in primo luogo, i trattati ratificati dall’Italia, e, in secondo luogo, le disposizioni costituzionali (art. 10, 4° co., e 26 Cost.) che vietano l’estradizione del cittadino e pongono limiti all'operatività di questo istituto sia in relazione al tipo di reato per cui l'estradizione è stata richiesta – sancendo il divieto di estradizione dello straniero e del cittadino per i reati politici –, sia in relazione al trattamento sanzionatorio, escludendo l’estradizione per i reati puniti dallo Stato richiedente con la pena di morte.

Ciò stante, il 22 marzo 2013 qualcuno ha deciso di estradare in India per la terza volta Massimiliano Latorre e Salvatore Girone fiducioso dell’assicurazione scritta avuta dall’Addetto di Affari indiano a Roma sulla non applicabilità della pena capitale. Atto privo di valenza giudica secondo quanto sentenziato dalla Corte Costituzionale che ha ritenuto  la   semplice garanzia formale della non applicazione della pena  di  morte  atto  insufficiente  alla  concessione  dellestradizione (n. 223 del 27 giugno 1996).

Oggi da un’Agenzia stampa del Ministro Bonino veniamo a sapere che ancora non si conoscono precisamente gli atti d’accusa addebitati ai due Marò, aspetto che rende ancora più discutibile la decisione di averli rimandati in India.

(AGI) - Roma, 13 gen. - "La situazione da parte indiana e' sempre piu' confusa: la polizia non ha ancora esplicitato i capi d'accusa": dalle pagine de La Stampa, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, e' tornata a parlare del 'caso maro'.

Secondo il capo della Farnesina, in India "c'e' il condizionamento della campagna elettorale che rende imprevedibile il comportamento delle autorita'", ma l'Italia valuta tutte le opzioni in campo. Il ministro ha aggiunto di aver parlato con il vice-presidente della Commissione europea, Antonio Tajani, che nei giorni scorsi ha minacciato di interrompere i negoziati di libero scambio Ue-India qualora la magistratura indiana decidesse di far ricorso alla pena di morte nel processo ai due militari italiani. "Tajani - ha spiegato la Bonino - mi ha precisato i tempi della sua proposta. Ed e' chiaro che tutto dipende dal capo d'imputazione: quando sara' formulato, vedremo. Tutte le opzioni saranno sul tappeto".

Se, come si evince, il capo di imputazione non è stato ancora formulato il 22 marzo non si è tenuto conto di precisi vincoli costituzionali e di una sentenza della Suprema Corte ma si è anche disatteso quanto sancito dalla stessa in un altro pronunciamento della Sez. VI il 10 ottobre 2008 n. 40283, dep. 28 ottobre 2008 che ha affermato tra laltro che ai fini della pronuncia favorevole allestradizione , è richiesta documentata sussistenza e la valutazione di gravi indizi ……”.  

 
 
 
 
Sicuramente non capi di imputazione e nemmeno gravi indizi che non risultano essere ascrivibili a carico di Latorre e Girone e che, in ogni caso, qualora ci fossero stati avrebbero dovuto indurre la Giustizia italiana a provvedimenti restrittivi nei loro confronti, tipo il divieto di espatrio, soprattutto perché in quel momento erano inscritti nel registro degli indagati per omicidio volontario.

Ci si chiede a tal punto se in Italia esiste ancor al’obbligatorietà dell’azione penale. Un altro punto oscuro di una vicenda che ormai ha dell’assurdo !

Fernando Termentini, 13 gennaio 2014 - ore 12,30

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