martedì 18 febbraio 2014

Latorre e Girone : nulla di nuovo sotto al sole

  
Oggi l’ennesimo rinvio al 24 febbraio dell’udienza  della Suprema Corte per decidere quale legge applicare nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e sulla  base d quali capi d’accusa ancora a  loro non ufficializzati  dopo 24 mesi dagli eventi.

Una solerte Ministro degli Esteri comincia ad agitarsi dopo il più assoluto immobilismo, alza la voce improvvisamente, dichiara di essere indignata e prende una serie di iniziative forse per  dimostrare l’adeguatezza della persona al ruolo ricoperto e rimuovere i dubbi che in tal senso ancora molti hanno.

Richiama, fra l’altro, a Roma l’Ambasciatore Mancini per consultazioni . Lo annuncia dopo l’ennesimo rinvio della Corte Suprema, "Il governo italiano ha disposto l'immediato richiamo a Roma per consultazioni dell'Ambasciatore a New Delhi, Daniele Mancini".

In occasione dell’udienza di oggi il Procuratore Generale G.E. Vahanvati, che occorre ricordare agisce per il Governo e non appartiene all’ordinamento giudiziario, ha dichiarato che sta riesaminando l'applicabilità del Sua Act e sta attendendo un’opinione definitiva a tale riguardo da parte del Ministero della Giustizia.

L'avvocato dei maro' Mukul Rohatgi in risposta al Procuratore Generale ha ricordato e sottolineato  al Giudice in che nell'ultimo anno il governo ha cambiato posizione per sei volte e che la vicenda va avanti da ben due anni senza una formulazione dei capi di accusa. L'inviato governativo Staffan de Mistura presente in aula, si e' alzato in piedi a sottolineare la presenza dell’Italia e dare forza al passaggio con cui Rohatgi ha ribadito che "l'Italia non può accettare ad essere assimilata a uno Stato terrorista".

A tale riguardo, si ha qualche dubbio sull’opportunità che un rappresentante del Governo italiano sia stato presente in un Aula di Tribunale indiano dove è in corso un processo a carico di due soggetti giudici, i due Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e non lo “Stato Italia”.

L’inviato Staffan de Mistura seduto a fianco dell’avvocato della Difesa, almeno simbolicamente, potrebbe dare, infatti,  un segnale negativo all’India, quello che l’imputata è l’Italia,  ed ormai tutti abbiamo imparato quanto Delhi sia accorta ad accogliere anche “messaggi simbolici” .

 De Mistura inizia ad agitarsi anche lui improvvisamente trasformatosi  in un Commissario di Governo deciso ed abbandonando l’iniziale, ripetitivo ed ossequioso linguaggio gestuale nel  rispetto della cultura locale. Forse, finalmente,  sì è convinto che nell’applicare il pragmatismo di Machiavelli sono più bravi gli indiani e nei loro confronti, invece, è più efficace la determinata azione britannica, che la storia ci tramanda. Ora senza esitazione ribadisce "Basta rinvii, tornino in Italia". "L'ennesimo rinvio, il ventiseiesimo, il sesto in Corte Suprema. Ora francamente e' troppo". “in attesa delle decisioni dovete rimandarli in Italia”.

L’inviato speciale del Governo al termine dell’udienza ha anche sottolineato che ciò che sta accadendo "E' chiaramente un segno della difficoltà del governo indiano". Si è anche rivolto all’opinione pubblica locale mandando un messaggio. Rispondendo ad un giornalista indiano, infatti,  gli ha chiesto  se per caso avesse un parente nell'esercito: "Suo padre? Bene, lei e' la persona giusta per capire". "Che cosa direbbe se suo padre, al servizio in un qualsivoglia corpo dell'esercito, su mandato militare fosse trattenuto e bloccato da due anni in un Paese straniero a causa di un incidente, senza neanche un capo di imputazione ?”.

Domanda interessante dott. de Mistura che forse però la doveva porre a se stesso ed a tutti coloro che hanno deciso di rimandare in India i due Fucilieri al termine del permesso elettorale del 2013. Un domanda che dal quel fatidico 15 febbraio si stanno ponendo ogni giorno le migliaia di militari italiani in giro per il mondo per garantire pace e sicurezza e soprattutto le loro famiglie a cui lo Stato, come i fatti dimostrano, non garantisce la minima tutela.

Anche 9 mesi fa sapevamo che non c’erano elementi di accusa, da quel momento ad oggi non è cambiata la legge indiana  Sua Act né lo Statuto della NIA, per cui  era giuridicamente palese che nel momento che le indagini fossero state affidate all’Agenzia Investigativa anti terrorismo, difficilmente si poteva prescindere dall’applicazione della SUA. In quel momento occorreva “battere i pugni sul tavolo”,  pretendere un immediato avvio dell’Arbitrato internazionale mettendo da parte qualsiasi forma di interesse economico e di “rapporti di buon vicinato”,  con decisione e non svendendo i due ragazzi per “trenta denari”.

Lei, invece,  prima come Sottosegretario agli Esteri e poi come Vice Ministro degli Esteri insieme al Premier Senatore Monti poi anche Ministro degli Esteri ad interim dopo le dimissioni dell’Ambasciatore Terzi, decisione di elevato contenuto etico e grandissimo senso dello Stato, potevate il qualche modo essere coerenti con le norme del Diritto internazionale, come peraltro  annunciato da lei stesso l’11 marzo come decisione condivisa anche  dal Premier Monti.

Norme che vi consentivano di non rimandare i due Marò in India non per mancato rispetto della parola data ma perché - come è possibile riscontare in documenti a Lei ben noti - che attraverso una nota verbale era stato proposto all’India la disponibilità di giungere ad un assoluzione amichevole e chiesto di avviare le consultazioni previste da UNCLOS. In sintesi una ritorsione nei confronti di uno Stato Terzo che non rispettava le regole non rispondendo ad una precisa e protocollare richiesta italiana.

 Non sembra però di ricordare che allora e subito dopo il rientro dei due Fucilieri a Delhi si sia sentito il vocio istituzionale dal quale ora siamo sommersi. Non si ricordano prese di posizione decise e perentorie nei confronti dell’India. Piuttosto, timide e  preoccupanti parole di fiducia nella Giustizia indiana e dichiarazioni di condivisione di regole di ingaggio formalizzate agli indiani,  come ricordato dal Vice Ministro Pistilli poco dopo il suo insediamento alla Farnesina.

Esitazioni italiane che siamo certi che gli indiani abbiano colto e che “machiavellicamente” stanno utilizzando per alzare la posta delle loro richieste come contropartita per la soluzione della vicenda. Primo fra tutti stralciare e cancellare i nomi di Singh e di altre personalità indiane dal processo che coinvolge Finmeccanica.

Chiedere ora agli indiani che nelle more delle decisioni della Corte Suprema Massimiliano e Salvatore siano rimandati in Italia sembra ora  pleonastico. Potevamo farlo a pieno diritto quel 22 marzo ma è stata scelta la strada della restituzione per non turbare equilibri economici in corso con l’India forse ben noti all’Ambasciatore Mancini esperto di dinamiche internazionali sul piano dello sviluppo e dell’Economia, avendo una pregressa esperienza triennale come  Consigliere Diplomatico, Responsabile Relazioni Internazionali del Ministro per lo Sviluppo Economico, Commercio Internazionale, Energia e Comunicazioni.

Una richiesta, peraltro, che in questo momento ed a ridosso delle elezioni indiane potrebbe essere anche pericolosa per la sicurezza fisica dei due.

Fernando Termentini, 8 feb 2014 - ore 11,00

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