Oggi
l’ennesimo rinvio al 24 febbraio dell’udienza della Suprema Corte per decidere quale legge
applicare nei confronti di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e sulla base d quali capi d’accusa ancora a loro non ufficializzati dopo 24 mesi dagli eventi.
Una solerte
Ministro degli Esteri comincia ad agitarsi dopo il più assoluto immobilismo,
alza la voce improvvisamente, dichiara di essere indignata e prende una serie
di iniziative forse per dimostrare
l’adeguatezza della persona al ruolo ricoperto e rimuovere i dubbi che in tal
senso ancora molti hanno.
Richiama, fra
l’altro, a Roma l’Ambasciatore Mancini per consultazioni . Lo annuncia dopo
l’ennesimo rinvio della Corte Suprema, "Il governo italiano ha disposto
l'immediato richiamo a Roma per consultazioni dell'Ambasciatore a New Delhi,
Daniele Mancini".
In occasione
dell’udienza di oggi il Procuratore Generale G.E. Vahanvati, che occorre
ricordare agisce per il Governo e non appartiene all’ordinamento giudiziario, ha
dichiarato che sta riesaminando l'applicabilità del Sua Act e sta attendendo
un’opinione definitiva a tale riguardo da parte del Ministero della Giustizia.
L'avvocato dei
maro' Mukul Rohatgi in risposta al Procuratore Generale ha ricordato e
sottolineato al Giudice in che
nell'ultimo anno il governo ha cambiato posizione per sei volte e che la
vicenda va avanti da ben due anni senza una formulazione dei capi di accusa. L'inviato
governativo Staffan de Mistura presente in aula, si e' alzato in piedi a
sottolineare la presenza dell’Italia e dare forza al passaggio con cui Rohatgi
ha ribadito che "l'Italia non può accettare ad essere assimilata a uno
Stato terrorista".
A tale
riguardo, si ha qualche dubbio sull’opportunità che un rappresentante del
Governo italiano sia stato presente in un Aula di Tribunale indiano dove è in
corso un processo a carico di due soggetti giudici, i due Fucilieri di Marina Massimiliano
Latorre e Salvatore
Girone e non lo “Stato Italia”.
L’inviato Staffan
de Mistura seduto a fianco dell’avvocato della Difesa, almeno simbolicamente,
potrebbe dare, infatti, un segnale
negativo all’India, quello che l’imputata è l’Italia, ed ormai tutti abbiamo imparato quanto Delhi sia
accorta ad accogliere anche “messaggi simbolici” .
De Mistura inizia ad agitarsi anche lui
improvvisamente trasformatosi in un
Commissario di Governo deciso ed abbandonando l’iniziale, ripetitivo ed ossequioso
linguaggio gestuale nel rispetto della
cultura locale. Forse, finalmente, sì è
convinto che nell’applicare il pragmatismo di Machiavelli sono più bravi gli
indiani e nei loro confronti, invece, è più efficace la determinata azione
britannica, che la storia ci tramanda. Ora senza esitazione ribadisce "Basta
rinvii, tornino in Italia". "L'ennesimo rinvio, il ventiseiesimo, il
sesto in Corte Suprema. Ora francamente e' troppo". “in attesa delle
decisioni dovete rimandarli in Italia”.
L’inviato
speciale del Governo al termine dell’udienza ha anche sottolineato che ciò che
sta accadendo "E' chiaramente un segno della difficoltà del governo
indiano". Si è anche rivolto all’opinione pubblica locale mandando un
messaggio. Rispondendo ad un giornalista indiano, infatti, gli ha chiesto
se per caso avesse un parente nell'esercito: "Suo padre? Bene, lei
e' la persona giusta per capire". "Che cosa direbbe se suo padre, al
servizio in un qualsivoglia corpo dell'esercito, su mandato militare fosse
trattenuto e bloccato da due anni in un Paese straniero a causa di un
incidente, senza neanche un capo di imputazione ?”.
Domanda
interessante dott. de Mistura che forse però la doveva porre a se stesso ed a
tutti coloro che hanno deciso di rimandare in India i due Fucilieri al termine
del permesso elettorale del 2013. Un domanda che dal quel fatidico 15 febbraio
si stanno ponendo ogni giorno le migliaia di militari italiani in giro per il
mondo per garantire pace e
sicurezza e soprattutto le loro famiglie a cui lo Stato, come
i fatti dimostrano, non garantisce la minima tutela.
Anche 9 mesi
fa sapevamo che non c’erano elementi di accusa, da quel momento ad oggi non è
cambiata la legge indiana Sua Act né lo
Statuto della NIA, per cui era
giuridicamente palese che nel momento che le indagini fossero state affidate
all’Agenzia Investigativa anti terrorismo, difficilmente si poteva prescindere
dall’applicazione della SUA. In quel momento occorreva “battere i pugni sul
tavolo”, pretendere un immediato avvio
dell’Arbitrato internazionale mettendo da parte qualsiasi forma di interesse
economico e di “rapporti di buon vicinato”, con decisione e non svendendo i due ragazzi
per “trenta denari”.
Lei, invece, prima come Sottosegretario agli Esteri e poi come
Vice Ministro degli Esteri insieme al Premier Senatore Monti poi anche Ministro
degli Esteri ad interim dopo le dimissioni dell’Ambasciatore Terzi, decisione
di elevato contenuto etico e grandissimo senso dello Stato, potevate il qualche
modo essere coerenti con le norme del Diritto internazionale, come peraltro annunciato da lei stesso l’11 marzo come decisione
condivisa anche dal Premier Monti.
Norme che vi
consentivano di non rimandare i due Marò in India non per mancato rispetto
della parola data ma perché - come è possibile riscontare in documenti a Lei
ben noti - che attraverso una nota verbale era stato proposto all’India la
disponibilità di giungere ad un assoluzione amichevole e chiesto di avviare le
consultazioni previste da UNCLOS. In sintesi una ritorsione nei confronti di
uno Stato Terzo che non rispettava le regole non rispondendo ad una precisa e
protocollare richiesta italiana.
Non sembra però di ricordare che allora e
subito dopo il rientro dei due Fucilieri a Delhi si sia sentito il vocio
istituzionale dal quale ora siamo sommersi. Non si ricordano prese di posizione
decise e perentorie nei confronti dell’India. Piuttosto, timide e preoccupanti parole di fiducia nella Giustizia
indiana e dichiarazioni di condivisione di regole di ingaggio formalizzate agli
indiani, come ricordato dal Vice
Ministro Pistilli poco dopo il suo insediamento alla Farnesina.
Esitazioni italiane
che siamo certi che gli indiani abbiano colto e che “machiavellicamente” stanno
utilizzando per alzare la posta delle loro richieste come contropartita per la
soluzione della vicenda. Primo fra tutti stralciare e cancellare i nomi di
Singh e di altre personalità indiane dal processo che coinvolge Finmeccanica.
Chiedere ora
agli indiani che nelle more delle decisioni della Corte Suprema Massimiliano e Salvatore siano rimandati in
Italia sembra ora pleonastico. Potevamo
farlo a pieno diritto quel 22 marzo ma è stata scelta la strada della
restituzione per non turbare equilibri economici in corso con l’India forse ben
noti all’Ambasciatore Mancini esperto di dinamiche internazionali sul piano
dello sviluppo e dell’Economia, avendo una pregressa esperienza triennale come Consigliere Diplomatico, Responsabile Relazioni
Internazionali del Ministro per lo Sviluppo Economico, Commercio
Internazionale, Energia e Comunicazioni.
Una richiesta,
peraltro, che in questo momento ed a ridosso delle elezioni indiane potrebbe
essere anche pericolosa per la sicurezza fisica dei due.
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