martedì 31 marzo 2015

Fucilieri di Marina, altra sconfitta all’orizzonte

Fra 12 giorni Massimiliano Latorre dovrebbe rientrare in India mentre Salvatore Girone continua la sua lunga solitudine preparandosi a trascorrere anche la Pasqua a Delhi.
 
Fino ad oggi solo silenzio assordante iniziato dopo le ultime parole del Premier Renzi che invitava a non parlare, seguite da quelle del Ministro Gentiloni che informava che si stava discutendo con l’India una proposta italiana, impegnando anche i nostri Servizi di Intelligence, nemmeno si stessero barattando ostaggi rapiti da terroristi.  

Parole quelle del Ministro degli Esteri confermate improvvisamente dal suo equivalente indiano  e che ricordavano a chi ha seguito fin dall’inizio la vicenda,  un’ipotesi vergognosa per la visibilità internazionale dell’Italia: quella di accettare che l’India “punisse” i due Fucilieri di Marina con una modesta condanna, rimandandoli poi in Italia in base all’accordo bilaterale sullo scambio di prigionieri dell’11 agosto 2012.

Ieri, improvvisamente,  un’ANSA rompe il tacere istituzionale ed  informa che una delegazione della commissione Difesa della Camera dei Deputati si era recata a Taranto in visita al convalescente Latorre, proponendoci dichiarazioni del Presidente della Commissione Difesa delal Camera dei Deputati che inducono, almeno in chi scrive, un dubbio. Forse da Delhi stanno arrivando notizie non rassicuranti per la soluzione della vicenda ed avvicinandosi la scadenza del 12 aprile dopo tanto silenzio era opportuno un segnale “politico”.

Scarne parole di circostanza quelle dell’Onorevole  Elio Vito "Massimiliano è un uomo forte, ma allo stesso tempo è provato e segnato da questa esperienza''. Un umano segnale di vicinanza alla persona sofferente, ma che non ci dicono nulla su quello che lo Stato sta facendo per risolvere il problema.

Il dubbio aumenta continuando a leggere la dichiarazione del Presidente.   ''Siamo venuti qui per esprimere alla vigilia della scadenza del rientro in India una diversa consapevolezza ……. Noi pensiamo che non dobbiamo discutere in questi giorni se Massimiliano Latorre deve o meno tornare in India, ma dobbiamo discutere di come Salvatore Girone deve tornare in Italia''.  

Affermazioni che inducono un unico pensiero : il tempo del confronto dovrebbe essere finito ed invece si continua a brancolare nel buio. Siamo ancora lontanissimi da una soluzione della vicenda che non sia fondata su compromessi, anche se l’Onorevole Vito conclude riaffermando “la necessità di ricorrere alle autorità internazionali per la risoluzione del caso'' e sollecita  che le Istituzioni ringrazino i nostri militari impegnati in operazioni rischiose, delicate, nell'interesse del  Paese.

Parole che abbiamo già sentito varie volte in questi tre anni, ripetute in ogni circostanza ufficiale ed anche “ritagli” di discorsi ufficiali ai massimi livelli Istituzionali. Sempre eguali nei contenuti e nella terminologia, riproposte senza nemmeno tentare di rinnovarne la forma ricorrendo alle diverse opzioni lessicali che la lingua italiana mette a disposizione.

Anche questa volta viene rispettata una tradizione tutta italiana mai mutata nel tempo. Parole molte, fatti pochi . Espressioni di intenti istituzionali che mi tornano alla mente a distanza di qualche decennio. Parole che in un certo senso offendono l'intelligenza e l'etica dei militari che operano nel mondo per garantire sicurezza, in particolare per coloro (morti, feriti ed invalidi)  che hanno donato la loro vita allo Stato per affermare i valori dell’Onore e della lealtà.

Testimonio, per averlo vissuto in prima persona molti anni orsono,  che le abitudini non sono mutuate nel tempo, le parole di oggi sono  pressoché analoghe a quelle  che udivo ogni volta che partivo o rientravo da una missione all'estero a partire dagli anni ’80.

Fernando Termentini, 31 marzo 2015 - ore 12,00

 

 

lunedì 30 marzo 2015

Strage di Tunisi, minaccia sottovalutata ?

L
a strage di Tunisi del 18 marzo  è attribuibile all’ISIS oltre ogni ragionevole dubbio. Peraltro, ieri, sono stati intercettati in Tunisia 9 terroristi islamisti collegati ai fatti di sangue del Bardo ed uccisi da unità speciali tunisine a Kafsa, nella parte meridionale della capitale.

Fra costoro Khaled Chaib, alias Lokman Abou Sakher, leader della cellula Okba Ibn Nafaa legata all'attentato contro il museo del Bardo, ucciso nella regione di Sidi Yaiche. Ne ha dato comunicazione lo stesso Premier tunisino Habib Essid in una  conferenza stampa,  precisando che il successo è stato raggiunto attraverso un’azione congiunta esercito-forze speciali, prima grande reazione all'attacco terroristico del 18 marzo.

Quanto avvenuto a Tunisi conferma la nuova strategia del terrore dell’ISIS, diversa da quella applicata nel passato da Al Qaeda con l’attacco alle Torri Gemelle. Non un episodio unico con eclatanti risultati,  bensì una serie di azioni attuate contemporaneamente nella stessa città o in differenti aree geografiche, con effetti modesti rispetto a quelli dell’11 settembre, ma proprio per questo più difficili da prevedere e fronteggiare.

Ciò che è avvenuto a Tunisi ne è un esempio. Non sono state colpite la Costa Fascinosa e la MSC Splendida,  due grandi navi da crociera ormeggiate in porto, ma è stato compiuto un attacco “mirato” ai turisti scesi da quelle navi, affidato ad un modesto nucleo di uomini usati come braccio operativo “a perdere”,  come era già avvenuto a Parigi ed  in Olanda.

L’attacco al Museo Bardo di Tunisi è costato la vita a 20 turisti occidentali, di varie nazionalità, passeggeri di due navi da crociera italiane. Un messaggio all’Italia ? E’ difficile dirlo allo stato dei fatti, ma potrebbe essere molto probabile.

Ormai è certo che l’azione terroristica era fin dall’inizio studiata per colpire il Museo e non il Parlamento come  ipotizzato “a caldo”.  Lo dimostrano le immagini delle telecamere interne dove i due terroristi pronti al sacrificio incrociano prima dell’azione un terzo soggetto da loro sicuramente conosciuto che ripiegava dai locali dove poi è avventa la mattanza. Qualcuno a cui era stato affidato il compito di “scouting” per accertare che l’azione poteva essere compiuta, aggirando una pressoché inesistente vigilanza tunisina. (
http://www.interris.it/2015/03/30/52243/posizione-in-primo-piano/schiaffog/strage-di-tunisi-quel-fonogramma-profetico.html).

Nello specifico, però, un allarme c’era stato, sottovalutato dalla Tunisia ed anche da chi avrebbe dovuto prendere in seria considerazione un documento ufficiale che avvertiva di possibili attacchi terroristici nell’area,  come reso noto il 26 marzo u.s. dal quotidiano “La Valle dei Templi” (http://www.lavalledeitempli.net/2015/03/26/strage-tunisi-lallarme-era-ignorato/)

Un’informativa con la quale la Capitaneria di Porto di Salerno nell'agosto 2014 avvertiva di una minaccia specifica “…nella acque territoriali tunisine vi è la possibilità di atti terroristici jihadisti nei confronti di natanti, imbarcazioni  ed obiettivi marittimi tunisini”.

Alle due navi da crociera Costa Fascinosa ed alla  MSC Splendida non è stato, invece,   interdetto quel tratto di mare che la Capitaneria di Salerno aveva segnalato a rischio, ma  sono attraccate alle banchine del porto di Tunisi e le vittime dell’attentato al Museo Bardo erano passeggeri di quelle navi.

Le Autorità tunisine hanno immediatamente rimosso dai loro incarichi i responsabili della sicurezza del Museo e del Parlamento nonché i vertici della polizia  tunisina responsabili di garantire la sicurezza dei visitatori.

Per contro il documento italiano che avvertiva di un possibile pericolo terroristico,  sembra essere passato inosservato in Italia, in quanto due nostre navi da crociera hanno liberamente solcato il tratto di mare giudicato in quei giorni a rischio, come puntualmente segnalato dalla  Capitaneria di Porto nazionale, quella di Salerno.

Errori di valutazione, sottovalutazione del rischio o interessi economici che ancora una volta, come nel caso dei due Fucilieri di Marina ancora in ostaggio dell’India, hanno prevalso su tutto ?

Fernando Termentini, 30 marzo 2015 - ore 11,30

venerdì 20 marzo 2015

La strana vicenda dei due marò


Fra due giorni ricorre il secondo anniversario del più terribile tradimento che una Nazione abbia mai fatto nei confronti di propri cittadini con lo status di militari.  Mi riferisco a quel 22 marzo 2013 quando improvvisamente l’ex Premier MONTI decise di rimandare Massimiliano Latorre e Salvatore in India, consigliato forse da chi intendeva difendere lobby economiche impegnate “a trafficare” con Delhi e da chi sperava di guadagnarsi un futuro di tutto rispetto al termine del mandato istituzionale.

Un vero e proprio voltafaccia dopo che l’11 ed il 18 marzo dello stesso anno era stato annunciato che Latorre e Girone sarebbero rimasti in Italia. Un inganno intorno al quale ruotano interessi non chiari come lecito pensare dopo aver seguito fin dal primo giorno i fatti. Aspetto rilevante dell’intera vicenda che ci ripropone con sagacia giuridica e di scrittore l’avvocato Mauro Mellini con l’articolo “ I MARO’ IN OSTAGGIO. PER CHI ?” (www.giustiziagiusta.info).

Non è azzardato affermare che siamo di fronte ad  una sceneggiata concordata fra Italia ed India che ruota sulla sorte di due nostri militari lasciati dallo Stato allo sbaraglio ed in balia di una giustizia indiana che senza motivazioni e senza aver ancora prodotto prove di colpevolezza, continua a rinviare il processo nei confronti di Massimiliano e Salvatore, “rimandato da Erode a Pilato” come stigmatizza efficacemente nel suo articolo il Mellini.

Una situazione che trova origine, come ben ci ricorda Mellini, “ proprio perché il Governo Monti non dette seguito a quella “operazione di trattenimento”, messa a punto dall’allora Ministro degli Esteri Terzi di Sant’Agata e disfatta, dopo che era stata annunziata “urbi et orbi” con un comunicato ampiamente motivato rimesso a tutte le rappresentanze diplomatiche italiane nel mondo”.

Da quel momento le parole hanno preso il posto dei fatti. Dichiarazioni seppure sporadiche  di un Presidente della Repubblica, di tre Presidenti del Consiglio e di ben quattro Ministri degli Esteri e di vari Sottosegretari del MAE,  impegnati solo a raccomandare silenzio e riservatezza.

Sollecitazione assolutamente accettata da quasi tutti i media italiani, pronti a suonare le trombe quando si doveva annunciare che si era deciso a ricorrere ad un arbitrato internazionale di fatto mai formalizzato, per ritornare poi nell’assoluto silenzio.

E nel frattempo sono passati tre anni dagli eventi e  due da quando 18 marzo 2013 il Governo annunciò che si sarebbe ricorsi all’arbitrato internazionale  (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2013/03/20130318_maro_comunicato_governo.html),  per poi invece tradire le aspettative dei due Fucilieri di Marina e dei loro famigliari.

Da quel momento solo ciance intese come promesse annunciate e non mantenute, concluse giorni orsono con l’annuncio del “ricorso all’O.N.U. dell’Italia”. Un’informazione di fatto non attendibile divulgata attraverso il risveglio improvviso di giornalisti delle più autorevoli Agenzie.

Il Ministro Gentiloni, in realtà, come ben precisa l’Avv. Mellini nel suo lavoro,  “aveva dichiarato di aver parlato dei Marò al Segretario dell’O.N.U. pregandolo di prendere in considerazione la possibilità di un’azione dell’Italia “grandemente interessata alla questione, per ottenere un intervento (un altro..!!) dell’O.N.U.” di “esaminare l possibilità di tale intervento”, confermando il suo stile diplomatico già espressa in altre occasioni :  affidarsi all’aiuto ed alla benevolenza di qualcuno.

A questo punto, proprio in occasione della ricorrenza del voltafaccia dello Stato nei confronti dei due militari, è evidente che si sta consumando qualcosa di indecente ed insieme a Mauro tutti noi ci domandiamo “Ma che cosa c’è dietro?”.

Oramai Latorre e Girone sono degli ostaggi in mano ad un governo straniero, in una condizione voluta dall’Italia due anni orsono, un’Italia che nel frattempo ha pagato centinaia di migliaia di dollari per  risarcire danni la cui paternità è ancora da dimostrare e che  continua ad evidenzia  soggezione e sudditanza nei confronti dell’India.

Perché tutto ciò accade ? Accordi economici concordati e non rispettati, piuttosto che tangenti promesse e non effettivamente pagate?

Il dubbio sorge e si alimenta leggendo quello che ci dice Mellini nel Suo articolo:  “Tribunale di Busto Arsizio che ha assolto i vertici di Finmeccanica dal reato di corruzione internazionale per le tangenti a governanti e militari Indiani per “lubrificare” un contratto di fornitura di elicotteri Agusta. Condannandoli, però, per aver “messo da parte”, falsificando i bilanci, il gruzzolo necessario per pagarle”.

Sicuramente non tutto è chiaro almeno per me che sono sempre più convinto che sia un collegamento con quanto avvenne due anni orsono suggerendo di rimandare i Marò in India.

A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca ed io preferisco essere considerato come colui che da corpo alle ombre,  piuttosto che tacere per rispettare il silenzio di regime.

Fernando Termentini, 20 marzo 2015, 12,00  

martedì 17 marzo 2015

De Mistura abile regista o pragmatico burocrate ?


Fra meno di una settimana ricorre il secondo anniversario da quando il 22 marzo 2013 i  nostri due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone furono rimandati in India dopo le rassicuranti dichiarazioni dell’allora Sottosegretario agli Esteri de Mistura sulla non applicazione della pena di morte nei loro confronti, garantita da un documento dell’Ambasciata indiana. .

Un’assicurazione, quella indiana,  formalizzata dall’Addetto d’Affari indiano a Roma, ma non confermata dall’allora  Premier indiano Singh e dal Ministro della Giustizia indiano anche in risposta all’allora Premier Monti. l’Hindustan Times infatti il 9 aprile 2013 riferiva che “Concerned Italian PM calls up Singh”, al quale il Premier indiano precisava "……sarebbe prematuro esprimere un parere su aspetti specifici” (http://www.dnaindia.com/india/1820653/report-italian-pm-calls-up-manmohan-singh-discusses-marines-issue).

Mancata conferma, quindi, dei contenuti proposti con assoluta certezza dall’allora Sottosegretario de Mistura, come confermava un successivo articolo pubblicato dal settimanale Panorama il 15 aprile 2013. Nell’articolo, infatti, veniva spiegato che il rappresentante dell’Ambasciata indiana a Roma aveva scritto a de Mistura “Secondo una giurisprudenza indiana ampiamente consolidata, questo caso non ricadrebbe nella categoria di fattispecie che comportano la pena di morte, cioè i più rari tra i casi rari. Di conseguenza, non si deve avere alcuna preoccupazione a questo riguardo”, una traduzione del del testo originale. (ndr : testo originale :  “2) According to well settled Indian jurisprudence this case wouldn’t fall in the category of matters which attract the death penalty, that is to say the rarest of rare cases. Therefore there need not be any apprehension in this regard”).

Quanto era stato dato per certo dal burocrate de Mistura, meritava di essere meditato prima di rispedire a Delhi i due Fucilieri di Marina,  come dovevano essere interpretati tutti i  contenuti delle Agenzie Stampa che il Sottosegretario diramava in occasione degli frequenti viaggi in India. Solo parole, nessun fatto concreto considerati i risultati ottenuti.

Esiti inconcludenti stigmatizzati dal noto politologo Edward Luttwak che in un’intervista del 25 aprile 2013 rilasciata al quotidiano Il Giornale definiva fra l’altro il dott. de Mistura “Un personaggio che non è un esperto ma che ha fatto la sua intera carriera all'Onu, dove essere totalmente incapace non è certo un ostacolo alla carriera. È solo un bellimbusto e in India, ma non solo lì, è considerato un ……”.

Ho avuto il piacere di conoscere il burocrate de Mistura  nel 1989 durante l’Operation Salam voluta dalle NU per insegnare ai rifugiati afgani ad affrontare il problema delle mine anti persona una volta rientrati nel loro Paese. Figura defilata pronta però ad emergere se la contingenza del momento era favorevole.

De Mistura  dopo   essere stato esonerato dall’incarico dal Premier Renzi,  non ha smentito, la sua abilità di tutelare i propri interessi personali, scaltrezza non confermata però per la soluzione del problema dei due Fucilieri di Marina. Scarsa perizia diplomatica sottolineata anche dal dott. Giancarlo Perna che, forse dopo il trentesimo rinvio di udienza al processo in India, scriveva : "De Mistura e' cosi' associato al fallimento sui Marò da farci venire il magone ogni volta che lo vediamo. Quando ho chiesto giudizi su di lui tra diplomatici, militari ecc., la prima reazione di tutti  e' stata una risata."

Ma forse essere oggetto di scherno è producente se dopo un disastro come quello dei Marò si viene premiati con l’assegnazione,  su iniziativa del Governo Renzi,  ad  un fantomatico Istituto  per la Pace, finanziato anche dal contribuente italiano, assegnando all’italo - svedese l'incarico di Inviato dell'Onu per la Siria.

Ed ora, proprio sulla scene siriana rivediamo Staffan de Mistura tornare ad inchinarsi a mani giunte “per salutare” così come aveva fatto in India a partire dalla sua riverenza davanti alle guardie del carcere di Kollam dove erano detenuti Latorre e Girone: "debole con i forti e forte con i deboli".

Appena arrivato a Damasco, fresco del Cavalierato di Gran Croce concessogli da Napolitano, alla stessa stregua di come aveva fatto in India nel maggio del 2012 quando aveva dichiarato ad una TV indiana che sfortunatamente i due Marò erano incappati in un tragico errore,  si e' subito esibito nel dichiarare "Assad rappresenta la vera soluzione alla guerra civile siriana", per poi cimentarsi in acrobazie verbali in cui ha sempre dimostrato una certa abilità, quando gli è stato fatto notare che l’azione di Assad aveva provocato 250.000 morti, 1 milione di feriti,13 milioni di rifugiati e sfollati (65% della intera popolazione siriana).

 Ma l'impresa siriana pro Assad di De Mistura e' lungi dal trovare respiro. Il mandato assolutamente prioritario conferito all'Inviato Onu in Siria riguarda gli aiuti umanitari. Le Risoluzioni 2139 e 2165 del Consiglio di Sicurezza *impongono* al regime di Assad di acconsentire senza alcuna possibile riserva al passaggio dei convogli umanitari, senza che questi debbano essere in alcun modo discussi o autorizzati da Damasco.

Ebbene, cosa avviene sotto l'abile regia dell'Inviato Onu ? Accade, come riferisce Le Monde ieri, che negli ultimi mesi (coincidenti con la missione De Mistura), il numero di siriani bisognosi di aiuto e' salito da 2,5 milioni a 4,5 milioni, mentre i siriani “raggiunti dagli aiuti” e crollato da 2,9 a 1,2 milioni. Questo perché Assad pretende ora,in violazione delle Risoluzioni Onu e senza apparente obiezione dell'Inviato de Mistura, di lasciar passare esclusivamente i convogli che fanno comodo alle sue milizie. Su 115 "notifiche" di transiti umanitari, il regime ne ha bloccate 65, con effetti disastrosi, tutto sotto gli occhi del dott. de Mistura inviato dall’ONU proprio per pretendere che Assad  rispetti le risoluzioni delle NU.

 La sua "tecnica" in Siria, somiglia molto, secondo diversi osservatori, a quella da lui stesso  praticata in Iraq,sempre come Inviato Onu, tra gennaio 2005 e inizio 2006 gestendo a “mani giunte” una situazione esplosiva  destinata a diventare sempre più difficile a partire dalle rivolte del 2006/2007, per arrivare ora allo Stato Islamico.

 Diamo ascolto a Lutwak ed a Perna e facciamo un passo avanti mandando definitivamente il dott. Staffan de Mistura agli “ozi di Capri”. Sicuramente ne trarrà beneficio la popolazione siriana, ne guadagnerà l’immagine dell’ONU ed accontenteremo anche lui che come noto è molto affezionato alla nostra isola.

Fernando Termentini, 17 marzo 2015 - ore 14,00

sabato 14 marzo 2015

Marocchino clandestino uccide un 27enne

Amine Aassoul,  29enne marocchino ha ucciso un giovane ternano, Davide Raggi solo perché il ragazzo aveva osato guardarlo.

Un omicidio senza motivo cha potrebbe rientrare negli eventi casuali che possono accadere in una città se non fosse collegabile ad una serie di circostanze del passato che non permettono conclusioni semplicistiche che offenderebbero il morto, la sua famiglia e tutta la società italiana.

Amine Aassoul, l’assassino,  già dal 2007 viveva a Terni per ricongiungersi alla madre che vi risiedeva con un italiano. Aveva ottenuto un permesso di soggiorno destinato a durare però molto poco in quanto revocato perché il soggetto si era reso responsabile di azioni non lecite a Porto Recanati, Fermo e Civitanova Marche. Era stato quindi  espulso dall’Italia e riaccompagnato in Marocco.
Assoul, però, era tornato in Italia nel maggio dell’anno scorso, sbarcando a Lampedusa clandestino fra i clandestini. Immediatamente aveva inoltrato richiesta di asilo politico inoltrata come prasi normali anche se poi respinta con atto notificato nell’ottobre u.s.

A questo punto la vicenda si connota di giallo ed induce alcune domande a cui qualcuno dovrebbe dare una risposta. Quesiti il cui oggetto non riguarda solo e solamente le vicende giudiziarie di Aassoul, ma l’intera sicurezza del Paese.

Ne proponiamo quattro al Ministro Alfano e chissà che non sia in grado di chiarire la vicenda.

1. Amine,  quando è stato espulso dal nostro Paese per i fatti non leciti a lui ascritti, è stato identificato secondo le normali procedure riservate a chiunque prevarichi la legge italiana? Foto segnaletiche, registrazione dei documenti in suo possesso, rilevamento delle impronte digitali, individuazione e registrazione di possibili segni caratteristici (tatuaggi, cicatrici, ecc.).

2. Quando è rientrato in Italia con un flusso di migranti ed ha chiesto l’asilo politico sono state compiute analoghe procedure di identificazione o ci si è limitati a riportare i dati dei documenti in suo possesso, magari falsi ? In caso affermativo gli elementi identificativi sono stati confrontati con quelli archiviati nei Data Base del Viminale per un riscontro che, guarda caso, sarebbe risultato positivo ?

3. Se all’arrivo, prima di dare corso alla domanda di asilo,  la prassi identificativa fosse stata condotta e sviluppata con i dovuti risconti, il marocchino sarebbe stato immediatamente identificato come colui che nel 2007 era stato espulso. Persona, quindi che non poteva presentare alcuna domanda di asilo ma che aveva un unico diritto, quello di essere immediatamente arrestato e rimandato in Marocco. Questa prassi è stata seguita ? I fatti direbbero il contrario in quanto Aassoul ha presentato la sua domanda e nel frattempo è ritornato a far parte del contesto sociale da dove era stato espulso per fatti contrari alla legge. Un’opportunità che è inutile negarlo ha aperto la porta a quello che è accaduto. Forse qualcosa dovrebbe essere chiarito o si chiede troppo ?

4. Durante la fase istruttoria della domanda di richiesta di asilo poi respinta, probabilmente sarebbe stato possibile verificare chi in realtà fosse l’individuo confrontando, almeno in quel momento, impronte o quanto altro con i dati identificativi che la Questura di Terni avrebbe dovuto possedere stante i fatti del 2007. Non sembra che sia stato fatto in quanto gli è stata concessa la proroga di trenta giorni perché potesse fare ricorso. Perché invece non è stato rimandato immediatamente in Marocco ?

Sul fatto il Ministro  Angelino Alfano commenta: "Che il killer non esca più di galera". Giusto caro Ministro ma forse se ci aiutasse a capire rispondendo alle mie modeste domande potremmo arrivare alla conclusione che ora in Italia ci sarebbero un morto ammazzato ed un clandestino  in meno.

Non rientra, forse,  tutto ciò nel primario dei compiti del Ministero da Lei gestito,  che è quello di prevenire e poi perseguire ?

Fernando Termentini, 14 marzo 2015, 15,30

venerdì 13 marzo 2015

Ancora sull'Italia piccola piccola dei marò

Un'attenta ed accorta meditazione del dott. Stefano Montanari che da studioso e ricercatore ha analizzato la vicenda in maniera accorta e puntuale. Grazie Stefano anche a nome dei nostri ragazzi


Venerdì 13 Marzo 2015 11:58

Scritto da Stefano Montanari

Ovviamente tre anni fa abbondanti sul luogo del delitto io non c’ero e non posso raccontare come siano andati i fatti. Posso dire, però, che le cose potrebbero essere decisamente diverse da come vengono più o meno vagamente rappresentate.

Io ebbi modo di parlarne di persona con il generale Fernando Termentini e in quella occasione mi furono fatte notare troppe incongruenze per non sentire puzza di bruciato. E, sia chiaro, non si tratta solo delle ingenuità di chi comandava la nave o delle incredibili sciocchezze compiute da chi ci dovrebbe rappresentare in India e da chi in campo internazionale, ma d’incongruenze di natura balistica e di registrazioni satellitari di presenze mai spiegate nelle estreme vicinanze del teatro degli avvenimenti.

Come purtroppo accade da sempre in quell’immensa osteria che è l’Italia, da noi si è pro o contro a prescindere. Da noi la ragione non esiste e il dubbio nemmeno. Da noi si è tifosi e basta e i tifosi hanno solo certezze. Ora, poi, da un po’ di anni abbiamo la pesantissima aggravante di Internet dove, spesso grazie all’anonimato o al privilegio non proprio onorevole di non mostrare la faccia e di non dover rispondere delle affermazioni, l’idiozia soverchia ogni cosa, regna sovrana e le teorie più strampalate fanno proseliti. E questi frequentatori d’osteria pretendono che i due marò siano condannati, magari a morte perché così ci si diverte di più, a prescindere da qualunque verità e da qualunque legge.

L’ho detto: io non ho dati personali da presentare né ho simpatie o antipatie per i due marò detenuti in India. Per me si tratta semplicemente di due persone che lavorano per un datore di lavoro che è lo stato italiano, e questo indipendentemente da ogni altra considerazione. Ciò che posso dire è che esistono leggi accettate a livello planetario e quelle leggi non sono state rispettate. Se il fatto di cui, in attesa di un pronunciamento, pare Latorre e Girone sono accusati è accaduto fuori delle acque territoriali di un paese, quei fatti non possono essere giudicati come si pretende di fare in India dove ci si prende gioco non solo delle leggi ma della nostra dignità, ammesso che qualcosa di simile esista.

Impossibile, poi, non sottolineare come il comportamento indiano sia a dir poco bizzarro e incomprensibile se si ragiona a filo di logica onesta e si rifiuta qualunque dietrologia. Ed è impossibile non sottolineare come l’immagine dell’Italia esca massacrata da questa vicenda. Non so quale altro paese avrebbe camminato a pantaloni calati come stiamo facendo noi né so quale altro paese si permetta di mantenere persone così palesemente incompetenti in posizioni che possono essere sì dei sine cura ma possono anche, magari in circostanze rare, diventare delicatissime.

A tutto questo si aggiunge la mortificante posizione di chi, in questa nostra povera penisola, vorrebbe che i due militari fossero condannati solo perché militari. E io vivo personalmente questa tragedia psichiatrica da nuovo Termidoro leggendo i messaggi che di tanto in tanto mi arrivano a proposito dei soldati cui noi, a dispetto di tutto, diamo una mano quando tornano, ahimè non proprio di rado, malati dalle cosiddette missioni di pace.

Ora, con l’arroganza che forse meritiamo, l’India ha deciso di giocare ancora un po’ rimandando a luglio il prossimo passo della loro farsa giudiziaria. Da parte nostra, noi non abbiamo altro che una vocetta ridicola da opporre. Anzi, ormai più nient’altro che il silenzio umiliato della vittima consenziente.

Che cosa chiedo io, per quello che può valere la mia richiesta? Molto semplicemente che vengano applicate le leggi a dei fatti provati. Se i due militari sono colpevoli, se hanno ucciso per qualunque ragione due pescatori, magari per il ben poco condivisibile gusto di farlo, vengano giudicati come si conviene da una corte competente. Nei giudizi non possono entrare altre considerazioni che non siano i fatti e le leggi, e qui pare proprio che fatti e leggi siano del tutto irrilevanti. E cado pure nella tentazione di chiedere che lo stato non affitti più i militari nelle azioni contro la pirateria ormai diventata industria fiorente per diversi paesi. Se qualche nave sarà assalita e depredata, pazienza. E, se ci scapperà qualche morto, ancora pazienza. In fondo, è quello che vogliamo o che lasciamo che accada. O no?
 
Dott. Stefano Montanari : www.stefanomontanari.net.

giovedì 12 marzo 2015

I due Fucilieri di Marina, inorridisco !

Leggiamo che il tribunale speciale di New Delhi che dovrebbe giudicare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha oggi preso atto che la Corte Suprema ha rinviato tutto al prossimo luglio,  convocando le parti in data da determinare.

L’arroganza indiana sta superando ogni limite e la sudditanza italiana verso Delhi è ormai vergognosa. Il nostro Stato non esiste più al punto tale che in segno di lutto le Bandiera nazionale dovrebbe essere ammainata a “mezza  asta” fino a quando i nostri Leoni del S.Marco non facciano rientro in Italia.

E’ nauseante, invece,  che nessuno a livello politico ed Istituzionale assuma  una posizione ferma ed è altrettanto vomitevole che ancora non si decida di attivare l’Arbitrato  e portare la vicenda al giudizio di una Corte Internazionale che una volta per tutte si esprima sulla vicenda.

Personalmente ho il voltastomaco constatando che si preferisce, invece, continuare a percorrere una strada che dopo tre anni è diventata un pantano, mentre Salvatore Girone seguita ad essere ostaggio dell’India e Massimiliano Latorre in aprile dovrebbe rientrare a Delhi.

Non credo di peccare di arroganza affermando che nessuno Stato del mondo avrebbe accettato una situazione talmente assurda da sembrare un racconto fantasioso e di cui, invece, lo Stato è responsabile avendola di fatto avviata con la vergognosa decisione presa il 22 marzo 2013, quando i due Fucilieri di Marina furono rimandati in India.

Con quale coraggio, mi chiedo,  il nostro Parlamento continua a votare missioni all’estero e forse si prepara ad autorizzare un intervento in Libia, pur essendo consapevole di non essere in grado di garantire ai propri soldati ciò che il Diritto internazionale e pattizio assicurano loro. Forse rispettando una tradizione tutta italiana, quella “dell’armiamoci e partite” come già avvenuto purtroppo molte volte, anche  in un recente passato quando a suo tempo si affermò di non conoscere il pericolo dell’impiego dell’Uranio Impoverito nei Teatri Balcanici, affermando di non aver ricevuto in tal senso informazioni né dagli USA né dalla NATO.

I possibili motivi ce li spiega in un recente articolo l’Avvocato Mauro Mellini, intitolato “MARO’: STA PASSANDO LA LINEA PISTELLI?”. In vari passi dello scritto l’autore fa precisi riferimenti che dovrebbero aiutare a capire. Richiama alla memoria “La promessa del neopresidente Mattarella che tutto sarebbe stato fatto per “portare a casa i nostri Marò”, sottolineando “pare sia destinata a fare da copertura, come la fece la sciagurata cerimonia del ricevimento al Quirinale da parte di Napolitano risposta al tradimento del “ripiegamento” dalla linea del già adottato rifiuto di riconsegnarli agli Indiani” e ricordando “un secondo, vergognoso, definitivo epilogo della vicenda, corrispondente, in pratica, all’adozione della “linea” del viceministro degli Esteri del Governo Letta nonché “responsabile Esteri del P.D.” Lapo Pistelli: lasciarli condannare dagli Indiani “ad una pena inferiore ai setti anni” che, poi, cortesemente, gli Indiani ci incaricherebbero di far scontare a quei poveracci nelle nostre accoglienti galere.”

Un silenzio gelido è caduto sulla vicenda, scrive l’autore ed io aggiungerei solo l’India alza la voce, e dispone come meglio gli aggrada, additando al mondo l’inconsistenza dell’Italia.

E’ oramai evidente, continua l’autore, “ che da parte del nostro Governo si fa di tutto e di più perché il processo Indiano sia consumato alla chetichella. Quattro strilli quando si saprà della condanna (con frasi consolatori perché è stato riconosciuto che si è trattato di omicidio colposo e non è stata applicata la pena di morte) e poi, magari, il trionfalistico starnazzare di Renzi e di Gentiloni perché si otterrà che i Marò vengano in Italia. In galera.”

“Ogni giorno che passa”, sottolinea l’Avvocato Mellini, “appare la volontà di abbandonare i Marò alla mercé di una bislacca giustizia Indiana, si fa avanti sempre più concreto e prepotente il sospetto che in realtà qualcuno in Italia abbia volentieri “prestato” la “E. Lexie”, l’aggressione da essa subita, e, quel che è peggio, la sorte e le persone dei nostri Militari, come alibi ai partner di lucrosi affari e di maneggi di tangenti miliardarie per coprire un atto di brutalità della guardia costiera Indiana. Un inverecondo “prestito”, magari sfuggito di mano fin dall’inizio a chi lo aveva concepito, richiesto e consentito, per l’esplodere della xenofobia nello Stato del Kerala della confederazione Indiana (comunista).”

“Un sospetto atroce del quale vorremmo poterci vergognare, ma che i nostri ineffabili governanti, quelli del Governo Monti, di quello Letta e di quello Renzi sembra facciano di tutto per impedircelo e convincerci che non si tratta di un nostro cedimento alle solite “dietrologie”.

Parole taglienti quelle di Mauro, ma vere e concrete alle quali mi unisco per ricordare al nuovo Presidente della Repubblica Mattarella le Sue parole sui Fucilieri di Marina pronunciate all’atto del Suo insediamento al Quirinale, pregandolo di far sentire la Sua voce di Capo delle Forze Armate pretendendo che sia difesa l’onorabilità di chi difende in uniforme l’Italia ed esigendo che sia sollevata la coltre di copertura che da tre anni nasconde di fatto un vero e proprio delitto, quello di aver riconsegnato al giudizio indebito di un Paese Terzo  concittadini in uniforme,  a cui lo Stato aveva assegnato il compito di difendere i propri interessi.

Nello stesso modo aggiungo, unendomi al pensiero dell’amico Mauro, che sarebbe ora che i nostri mezzi di comunicazione dimostrino di essere tali, rompendo il silenzio imposto e la smettano di coprire quella “Secret Diplomacy” invocata dal Governo,  magari per spacciarla poi come un successo dell’Esecutivo.

Fernando Termentini, 12 marzo 2015, 12,30